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Verso le regionali: la posta in gioco

Siamo ormai alla vigilia delle elezioni regionali che si terranno in Liguria, Veneto, Toscana, Umbria, Marche, Campania e Puglia. Un test minore, rispetto agli altri anni, sia perché si tratta solo della metà delle regioni a statuto ordinario, sia perché delle regioni “maggiori” in questo caso ce ne sono solo due (Campania e Veneto), pertanto avranno un peso politico inferiore al passato. Ad esempio il totale generale sarà scarsamente significativo, sia per la ristrettezza del campione, sia per la sua disomogeneità (la quota delle regioni rosse, ad esempio è sovrastimata rispetto alla media nazionale e così anche le regioni meridionali), inoltre in questa occasione pesano troppo i fattori locali in diverse regioni (Liguria, Veneto, Campania, Puglia).

Ciò non di meno si tratta di un appuntamento da non sottovalutare, anche perché ultimo del “ciclo” elettorale 2013-2015, prima delle elezioni politiche previste fra tre anni. Peraltro sarà l’occasione per regolare un po’ di partite. Dunque facciamo un quadro delle “scommesse” attore per attore:

-Il Pd (e Renzi in particolare) è, per certi versi, il giocatore che rischia meno: non ha sfidanti numericamente credibili, parte da una base molto alta delle europee, per cui, anche se dovesse avere una flessione media di 3-4 punti potrebbe essere presentata come un assestamento fisiologico, peraltro anticipato dai sondaggi che parlano di un 37,5% nazionale che, appunto, è una flessione contenuta in quei limiti. Vice versa, il segnale si farebbe negativo da un -5% in su. Nelle tre regioni rosse e in Puglia non dovrebbero esserci particolari rischi, mentre una partita difficile è rappresentata dalla Liguria. La Campania è il risultato più incerto: non sappiamo come sarà “digerita” la candidatura De Luca, peraltro in contemporanea agli scandali delle cooperative, che toccano proprio quella regione, in compenso la destra ci arriva divisa e questo potrebbe agevolare il Pd. La partita più favorevole è in Veneto dove, comunque vada, anche un aumento contenuto, senza conquistare la regione, sarebbe un successo ed, ovviamente, meglio ancora se la divisione della Lega dovesse spalancare la via alla vittoria.

-M5s: situazione critica per due fattori. La recente sconfitta alle europee ed il carattere amministrativo della consultazione che è sempre sfavorevole al movimento di Grillo, connotato come movimento di protesta nazionale. I sondaggi danno il movimento intorno al 20%, vale a dire poco al di sotto del risultato delle europee, ma occorre tener presente che sono dichiarazioni di voto in funzione delle politiche, che non è affatto detto si riproducano in elezioni regionali dove, per di più, c’è il voto di preferenza che favorisce altri partiti.

Tuttavia i recenti scandali potrebbero dare nuova spinta al movimento. Risultati positivi potrebbero essercene nelle due regioni settentrionali (la Liguria è la regione di Grillo e dove il Pd ha più problemi per via della rottura di Cofferati, in Veneto il movimento ha buona presa sul mondo delle Pmi), mentre la partita più insidiosa è in Toscana, dove la scissione di Artini potrebbe avere conseguenze.

Considerate le condizioni di partenza, il 18-20% medio potrebbe essere considerato un risultato già abbastanza positivo, mentre il risultato spartiacque potrebbe essere un 15% medio: al di sopra si potrebbe parlare di un “pareggio favorevole”, al di sotto il dato si farebbe negativo.

-Forza Italia è la forza politica che rischia di più: è in forte declino, squassata da scissioni e d abbandoni, con un leader in picchiata. In Veneto è oscurata dalla Lega, il Liguria appare marginalizzata, nelle regioni rosse non esiste, ha un’unica possibilità di vittoria in Campania e rischia grosso in Puglia, dove potrebbe addirittura non rientrare in Consiglio regionale (in Puglia una demenziale norma, votata anche da Forza Italia, fissa la clausola di sbarramento all’8%), un risultato catastrofico in termini simbolici. Se poi Fitto dovesse avere un buon risultato in quella regione, potrebbe partire all’assalto della leadership nazionale. Numeri magici: con un 13% medio ed un voto in più della Lega avrebbe un ottimo risultato di tenuta, vece versa, sotto il 10% sarebbe la fine.

-La Lega, sino ad un paio di mesi fa, sembrava in marcia inarrestabile verso la vittoria, adesso sembra essersi fermata e dà qualche segno di affanno: nei sondaggi nessuno la dà oltre il 13%, che è il suo risultato storico migliore, ma è decisamente sotto la soglia necessaria a competere con il Pd. Regione a forte rischio è il Veneto, dove, se Tosi dovesse avere un forte successo, sarebbe a rischio la riconquista della regione, con effetti molto negativi. Nello stesso tempo, non sono prevedibili grandi affermazioni nelle altre regioni dove (Liguria a parte), semmai, dovrebbe ottenere un risultato minimo intorno al 4% medio per confermare credibilmente la sua sfida per la leadership nazionale della destra. Pertanto il 13% sarebbe un risultato di tenuta, al di sotto il sogno di diventare il Fn italiano tramonterebbe e la Lega tornerebbe nei limiti di partito di serie B ad insediamento locale.

-Frattaglie di centro (Casiniani, Udc, Tosi, Fitto, residui di Sc, Passera): uniche possibilità di affermazione (non vittoria) Veneto e Puglia, per il resto calma piatta, però, se ad una forte affermazione di Tosi e Fitto (diciamo un 10% locale di ciascuno dei due) si dovesse aggiungere una tenuta di Casiniani ed Udc (diciamo un 4-5% medio per la somma dei due) potrebbe profilarsi la ripresa di un centro fra l’8 ed il 10% nazionale: poco per essere un competitore credibile, ma abbastanza per impedire al Pd di prendere il 40% da solo che, se l’Italicum dovesse passare, sarebbe la soglia per vincere al primo turno.

-Sel e Rifondazione, se riuscissero a presentare una lista comune potrebbero sperare di ripetere il risultato non esaltante ma comunque positivo delle europee e magari puntare ad un 5% medio.

Questa è la pagella ai nastri di partenza, ora vediamo che succede.

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