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Verona | La cultura fa paura

​La vicenda della Fondazione Arena è arrivata ad una svolta e finalmente, come si diceva un tempo, il re è nudo. In più di un’occasione abbiamo messo in evidenza quali erano i punti di interesse comune tra il sindaco Tosi e l’uomo di fiducia del ministro Franceschini, il Commissario Fuortes.

Scritto da Comitato Opera Nostra - Fondazione Arena Bene Comune

La privatizzazione è il punto di arrivo desiderato da entrambi, e il decreto legislativo del 24 giugno 2016, n. 113 che consegnerà la gran parte delle Fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri italiani nelle mani del capitale privato, lo dimostra chiaramente.

Il decreto suddetto prevede infatti di togliere i sussidi statali nel caso non si arrivi alla parità di bilancio. Un domani non troppo lontano, la stessa filosofia potrebbe essere adottata nei confronti delle scuole o della sanità. Ma noi cittadini le tasse per quale motivo le paghiamo? Per comperare decine di bombardieri F35, o per regalare milioni di euro alle banche? La cultura di un popolo non la si misura a 90 milioni di euro al km (a tanto ammonta il Tav), ma dal numero dei suoi teatri, delle sue biblioteche e dal valore delle sue scuole! I governi hanno il compito di scegliere dove destimare i soldi pubblici, e i nostri governanti hanno deciso di regalarli ai banchieri che mettono un cappio al collo alla popolazione e di investirli in cannoni…D’altra parte, nell’era dell’odio instillato goccia a goccia e del mercato come unico regolatore sociale…la cultura fa paura!

Fuortes è stato mandato a Verona per calmare le acque, chetare gli animi e le proteste dei lavoratori e dei comitati cittadini. Per favorire il progetto del Ministro la tensione crescente a Verona era controproducente e avrebbe potuto creare un pericoloso precedente per gli altri teatri. Tutto doveva svolgersi in un mare calmo, dove paradossalmente gli uomini e le donne dovevano annegare in silenzio, senza sbracciarsi troppo, per non distogliere la cittadinanza dal suo torpore. Concedere l’accesso alla legge Bray (che ancora non è arrivato) è un’azione che va in questo senso. Non sappiamo se l’accesso alla legge Bray sarà di fatto inficiata dal decreto di cui sopra, ma sappiamo che gli indirizzi della Bray sono disattesi, nel momento in cui si progetta la chiusura del corpo di ballo. Una marchetta pagata al sindaco Tosi, ipotizziamo in cambio della fedeltà del suo gruppo parlamentare e di un sì al referendum istituzionale. Ma non è solo questo: è la strategia più subdola trovata per garantire la privatizzazione dopo gli eventuali tre anni di permanenza nella legge Bray. Infatti la scellerata decisione di sopprimere il corpo di ballo metterebbe a rischio il ricorso agli ammortizzatori sociali per tutte le maestranze della Fondazione, ridurrebbe sensibilmente l’apporto di aiuti statali (il Fus) nel periodo garantito dalla legge Bray ed esporrebbe la Fondazione ad una sequela di ricorsi, e alla conseguente richiesta di indenizzi, da parte dei ballerini sostituiti nel loro lavoro da altri ballerini precari. Il piano prevede addirittura degli incentivi all’esodo quantificati in 70mila euro a ballerino.

E’ chiaro a questo punto che la chiusura del Corpo di ballo non solo è una misura antieconomica, ma pregiudica gli stessi bilanci futuri di Fondazione Arena, e in più, riduca la qualità della proposta artistica.

Il Commissario ha provato a slegare la parte del piano inerente i lavoratori da tutto il contesto, rifiutandosi di misurarsi con le questioni aperte che, se risolte, avrebbero potuto davvero gettare le basi del risanamento.

I sindacati purtroppo hanno subìto questa impostazione e così, a fronte di un grande sacrificio delle maestranze, l’apporto della dirigenza al bagno di sangue per risanare si risolve nella parola “razionalizzare”. Unicredit, che resta la monopolista della biglietteria della Fondazione, le nega beffardamente liquidità, essendo il principale creditore. Nessun cambiamento apportato da Fuortes su questo piano, nemmeno (e ancora una volta ci chiediamo perché) la ricerca di nuove linee di finanziamento, quali, ad esempio, quella della Banca Popolare. Mentre il sindaco toglieva l’acqua al pesce dimezzando i finanziamenti comunali promessi e inducendo Agsm e Camera di Commercio a fare altrettanto, nessuno gli ha chiesto perché mai l’affitto dell’anfiteatro veronese, concesso agli spettacoli extra lirica non superi i 40mila euro a fronte di un’incasso per gli affittuari che sfiora i 500mila euro a serata. Un’aumento del canone o una trattenuta in percentuale dell’incasso potrebbe costituire un bonus per la lirica.

Il fatto è che il sistema Verona, di fatto in mano alle banche con la compiacenza di troppi politici ed imprenditori, si è sposato alla perfezione con gli interessi ministeriali, garantiti da Fuortes.

Sarà forse questo il motivo per cui lo stesso Fuortes ha deciso di non intentare nessuna azione di responsabilità nei confronti della dirigenza di Fondazione Arena, nonostante ne avesse le competenze, e nonostante fosse comsapevole che i debiti di svariati milioni di euro, accumulati negli ultimi anni, non possono in nessun modo essere imputati ai lavoratori.

E così, dopo la vendita a CariVerona del Palazzo del Capitanio, di Palazzo Forti e di Castel San Pietro, anche il più famoso anfiteatro al mondo rischia di diventare appannaggio di quel sistema, precarizzando il lavoro con la conseguenza, a cascata, di diminuire drasticamente l’offerta artistica, gli spettatori e l’indotto economico da loro alimentato.

Un’ultima considerazione dev’essere rivolta alla politica veronese, in gran parte balbuziente sulla vicenda. La palma dell’ipocrisia va in ogni caso ai parlamentari del Partito Democratico (Rotta, D’Arienzo, Dal Moro e Zardini). Mentre in loco si stracciano le vesti rispetto alla situazione gravissima che vive la Fondazione e ai pericoli di privatizzazione, a Roma non hanno esitato a votare compatti il decreto che affonda, tra le altre, Fondazione Arena!

In ogni caso passerà Tosi, passerà (speriamo) Renzi, ma tra tre anni, quando scadrà la legge Bray, sempre che venga concessa, cittadini e lavoratori saranno ancora a lottare contro i tentativi di privatizzazione! Tre lunghi anni per organizzarci, informare e mettere a nudo, oltre al re, anche il sistema Verona!

COMITATO OPERA NOSTRA – Fondazione Arena Bene Comune - 13.8.16

Questo articolo è stato pubblicato qui

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