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Venezia, Cavalleria rusticana al Teatro La Fenice

Melodramma in un atto su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci, è l’opera di Pietro Mascagni che fondò il verismo musicale.

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Orgoglio di Mascagni, Cavalleria rusticana riscosse fin dal suo debutto al Teatro Costanzi di Roma il 17 maggio 1890, un entusiastico successo che perdura ancora. A motivarne l’appeal, la sua particolarità di opera breve ma intensa dove la musica di Mascagni rafforza il colore locale ed i forti sentimenti che sostengono l’intreccio del dramma di Verga.

Il tratto caratterizzante dell’opera è l’eterno e mai sorpassato dualismo tra amore e gelosia violenta, bigottismo e virilità bruta nei riti del controllo sociale di un paesino siciliano, concetti sintetizzati nel titolo Cavalleria rusticana.

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Questa nuova produzione del Teatro la Fenice vede la regia affidata a Italo Nunziata. Il regista crea un’atmosfera sicula ben connotata fin dalle prime note della serenata per Lola sulle quali inscena il funerale di Turiddu che dà inizio al lungo flash back in cui vengono rievocati gli avvenimenti che hanno condotto all’assassinio dell’uomo.

Nunziata da uomo del sud quale è riesce a rendere un’ambientazione datata negli anni ’50 del Novecento, arsa dal punto di vista ambientale e credibile da quello sociale senza peraltro indulgere nel caricaturale. A tale proposito è interessante dare il giusto merito alla Scuola di Scenografia e Costume dell’Accademia di Belle Arti di Venezia per la collaborazione fornita per le suggestive scene mobili e i costumi. 

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Ben calibrato il disegno luci di Fabio Barettin. Efficacemente simbolici, ma asciutti e sobri i movimenti coreografici di Danilo Rubeca.

Anche il cast vocale è stato ben scelto e assortito. L’opera narra la tragedia di Santuzza, interpretata da Silvia Beltrami, mezzosoprano che incarna con drammaticità il conflitto interiore tra amore e odio verso Turiddu, il traditore. Jean-François Borras, tenore, è stato un Turiddu fiero, ma anche tenero, dotato di voce sicura, ampia e omogenea. Alfio è stato interpretato dal baritono Dalibor Jenis in modo convincente nella voce e nella recitazione. Molto buona anche la prova di Martina Belli, Lola, cosi come quella di Anna Malavasi, dalla voce severa e omertosa, nei panni di mamma Lucia. Puntuali gli interventi di Valeria Arrivo, una donna.

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Gran rilievo viene dato da Mascagni al coro. In questo caso va evidenziato il carattere diverso che il Coro del Teatro preparato dal maestro Alfonso Caiani ha saputo esprimere: sottomesso e femminile il coro donne, rustico e virile la sezione uomini.

A vigilare sopra tutti, a dare tempi e colori ed in perfetto accordo con la regia, Donato Renzetti, prestigioso maestro al quale è stata affidata la concertazione e la direzione dell’orchestra del Teatro il quale ha saputo coniugare una forte espressività con misura e correttezza.

IL successo è stato unanime: ripetute chiamate e applausi ardenti per tutti.

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