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Veneto, Terre e Paesaggi del Vino di Gianni Moriani e Diego Tomasi

(Terra Ferma Edizioni). Fotografie di Cesare Gerolimetto.

Un buon bicchiere di vino può rimandare ad episodi significativi del passato di ognuno, ma è sopra tutto collegato al luogo di coltivazione della vite. E’ perciò meritevole il lavoro a sei mani degli autori di un volume riccamente illustrato, “Veneto. Terre e paesaggi del vino”, recentemente pubblicato da ‘Terra Ferma Edizioni’ di Crocetta del Montello (TV), perché la diversità di gusto si spiega nella collocazione differente dei vigneti.

Il libro è l’esito di una ricerca triennale condotta dal professor Gianni Moriani, direttore di master universitari su alimentazione, ambiente, e sicurezza e da Diego Tomasi, direttore del Centro di Ricerca per la Viticultura, CRAVIT, di Conegliano, nonché enologo di fama. Accanto al testo, le limpide fotografie di un professionista quale Cesare Gerolimetto, nato a Cusinati (VI), fotografo dal 1984, attualmente residente a Bassano del Grappa, alle spalle la passione per lunghi e rischiosi raid automobilistici trans-continentali tra Africa ed Asia, dapprima soltanto vissuti, in seguito anche documentati. Nella tappa veneziana di presentazione, nelle sale apollinee del teatro la Fenice, Tomasi ha parlato di vino non come alimento, ma come elemento culturale, sottolineando l’importanza del paesaggio. Tra le varie zone contemplate nel volume, Tomasi ha citato quella del Valpolicella – che dà il celebre Amarone e il vino da ripasso – la quale non ha subito l’aggressione dell’uomo della città, rimanendo ancora naturale. E l’Amarone è stato infatti premiato lo scorso anno come l’ottavo vino del mondo. Onore dunque al Veneto, la prima regione italiana in quanto a produzione di vini, anche se a Venezia adesso c’è un consumo pro capite di soli 30 litri l’anno rispetto ai 600 del glorioso passato. E ancora, si apprende dalla lettura come il Veneto sia la regione che morfologicamente ha la maggiore geodiversità d’Italia: aspetti fisici molto vari lungo 18378 chilometri quadrati di superficie. Nella prima parte del testo vi è una breve storia del territorio a partire dall’età romana (dal II° secolo al 400 d.C.), passando per le invasioni barbariche (500-900), il Medioevo, per arrivare al Risorgimento (1866).

Spettacolari le foto di storiche ville venete, immerse in rigogliosi paesaggi. Un ampio spazio è riservato alla storia della viticoltura veneta nel secondo dopoguerra e al rapporto fra l’arte e la letteratura con il vino. Ad esempio Dante, nel canto XXV° del Purgatorio, per spiegare come un elemento di origine divina (l’intelletto) possa sorprendentemente fondersi con elementi di origine naturale (anima vegetativa), ricorre all’analogia del vino, una sostanza formata dalla fusione di un elemento immateriale (il calore del sole) con uno materiale (l’umore della vite): “E perché meno arrivi la parola, guarda il calor del sole che si fa vino, giunto a l’omor che de la vite cola”.

Superato un terzo dall’inizio, il testo si dirada, lasciando spazio alle foto che documentano i colori delle terre vitate e le cinque tipologie di terre e paesaggi: vulcanici, di montagna, di pianura, di collina, di acqua. Accennando che scorrendo le pagine del libro viene voglia di viaggiare per scoprire dal vivo i paesaggi descritti e fotografati, sembra ragionevole lasciare l’ultima riflessione a Jean-Robert Pitte, professore emerito all’Università Paris Sorbonne tra il 2003 e il 2008, geografo, specialista di paesaggio e di gastronomia. Per cogliere appieno l’unicità dei paesaggi bisogna conoscerne la storia e la cultura che li ha creati: “ciò che si vede in un paesaggio è molto più delle forme, delle ombre e dei disegni. E’un’intera civiltà. Senza dubbio vedere è sapere, ma sapere aiuta a vedere”. 

 

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