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 Home page > Tribuna Libera > Vajont: 9 ottobre 1963 - 9 ottobre 2014

Vajont: 9 ottobre 1963 - 9 ottobre 2014

 
Bastardi!
E' il punto più alto, emotivamente, del racconto teatrale di Marco Paolini sulla diga del Vajont, in quella sera del 9 ottobre 1997
Quando in Rai mandò in prima serata una diretta sul passato, per ricordare la tragedia del Vajont: le 2000 vittime sommerse dal fango e dall'acqua, dopo il crollo del Monte Toc sulla diga.
«Duecentosessanta milioni di metri cubi di roccia cascano nel lago dietro alla diga e sollevano un’onda di cinquanta milioni di metri cubi. [...] Solo la metà scavalca di là della diga, solo venticinque milioni di metri cubi d’acqua... Ma è più che sufficiente a spazzare via dalla faccia della terra cinque paesi: Longarone, Pirago, Rivalta, Villanova, Faè. Duemila i morti». 
 

Bastardi: quelli che in nome del profitto decisero che era più importante la messa in produzione della diga (per la nazionalizzazione) piuttosto che la sicurezza dei paesi nella valle del Vajont e di Longarone.

Bastardi: i dirigenti della Sade che non tennero conto della relazione del prof. Ghetti di Padova, che raccomandava di non superare quota 700 metri per le prove di invaso.

Bastardi: i giornalisti che, dopo la tragedia, sposarono subito la causa della tragedia “naturale”, negando le colpe dell'uomo. Quelli che gridavano sciacalli alla Tina Merlin, che non si specula sui morti, quelli che scrivevano che “un sasso è caduto in un bicchiere colmo d'acqua e l'acqua è traboccata sulla tovaglia. Tutto qui. Solo che il bicchiere era alto centinaia di metri e il sasso era grande come una montagna e di sotto, sulla tovaglia, stavano migliaia di creature umane che non potevano difendersi. ...”.
 
 
Falsi e bugiardi: che ci fosse una frana (a forma di M) che incombeva sulla diga lo sapevano tutti, che fosse stimata in almeno 200 ml di metri cubi, che fosse una frana profonda, antica. Che se fosse caduta nel lago artificiale le onde avrebbero potuto attraversare la diga e colpire anche Longarone con effetti devastanti. Lo sapevano tutti, nella Sade, delle scosse del Toc, che le relazioni geologiche erano vecchie e fatte in condizioni di conflitto di interesse, che c'era già stata una frana nel 1960.
 
Al Vajont si è voluto sfidare la natura, non ascoltare i suoi moniti. Si è voluto mettere il progresso davanti a quei “contadin 'gnoranti” (come li chiama Paolini) che nell'era moderna, quella delle industrie, delle automobili, del nucleare, non servivano più.

E ora? Quante altre piccole Vajont abbiamo visto in questi mesi? Fiumi che esondano, montagne che franano, paesi costruiti in zone a rischio sismico.
Cemento che strozza e soffoca il corso dei fiumi. Cemento allungato nei pilastri di scuole e case (il profitto!).
Perché ancora oggi, il PIL, il consumo del suolo, la fame di nuove costruzioni, di nuove speculazioni, non si è ancora calmata.
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