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Usa, no-choice e vescovi contro riforma sanitaria Obama: “Apre ad aborto”

Negli Usa la riforma sanitaria voluta dal presidente Barack Obama è stata pesantamente contestata anche perché puntava a coprire tramite assicurazione sanitaria l’aborto e la contraccezione. Si è intensificato quindi il pressing delle confessioni religiose, in particolare la Chiesa cattolica, e l’attivismo degli integralisti no-choice contrari all’aborto.

Una commissione sanitaria del Connecticut ha stabilito all’unanimità che l’interruzione di gravidanza scelta liberamente non può non essere coperta dal sistema sanitario dello Stato. In quanto rientra tra gli “health benefits”, di cui la donna ha diritto. La decisione presa nei giorni in cui centinaia di attivisti antiabortisti si erano riuniti a New Haven, ha indispettito gli integralisti, che hanno colto l’occasione per sfoderare i consueti argomenti, aggressivi e criminalizzanti. D’altronde solo una seria politica a favore della contraccezione e della libertà della donna e non la negazione dei suoi diritti può contribuire a diminuire il ricorso all’aborto.

C’è chi, come il leader del Family Institute Peter Wolfgang, ha detto che “il movimento pro-aborto ha circondato coi suoi tentacoli il governo dello stato”. Secondo Eric Scheidler, della Pro-Life Action League, “il vero problema è quando costringi a pagare per ciò che consideri un omicidio”.

Intanto la conferenza episcopale statunitense capeggiata dal combattivo cardinale Timothy Dolan in maniera sempre più decisa entra nell’agone politico, proprio contro le aperture ad aborto e contraccezione della riforma sanitaria di Obama. In vista del meeting annuale ad Atlanta, i vescovi americani potrebbero schierarsi in maniera netta contro il presidente e avvicinarsi ai repubblicani di Mitt Romney. Rompendo la neutralità di cui si sono spesso vantati e mettendo in imbarazzo con un lobbying deciso persino i cattolici più aperti proprio nei mesi che precedono le elezioni, perché la scelta sarebbe considerata un’ingerenza.

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