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Usa: il dibattito sui privilegi fiscali per ministri di culto

La Free­dom From Re­li­gion Foun­da­tion, as­so­cia­zio­ne di non cre­den­ti che si bat­te per la se­pa­ra­zio­ne tra Sta­to e Chie­sa, da tem­po con­te­sta le esen­zio­ni fi­sca­li con­ces­se alle con­fes­sio­ni re­li­gio­se ne­gli Usa tra­mi­te leg­gi va­rie.

Seb­be­ne sia­no vie­ta­ti i fi­nan­zia­men­ti pub­bli­ci, le chie­se go­do­no di mol­te esen­zio­ni: una ri­cer­ca pub­bli­ca­ta sul Free In­qui­ry par­la di cir­ca 71 mi­liar­di di dol­la­ri al­l’an­no di tas­se non pa­ga­te. Una nor­ma del 1954 am­met­te ad esem­pio che i mi­ni­stri del cul­to pos­sa­no de­dur­re le tas­se su­gli in­te­res­si dei mu­tui e le im­po­ste sul­le loro pro­prie­tà. La FFRF ha por­ta­to la que­stio­ne in tri­bu­na­le, con una cau­sa pri­ma in Ca­li­for­nia e poi nel Wi­scon­sin (sta­to dove l’as­so­cia­zio­ne ha la sua sede le­ga­le) a nome di due dei co-pre­si­den­ti, i co­niu­gi Anne Lau­rie Gay­lor e Dan Bar­ker (pe­ral­tro un ex pre­di­ca­to­re cri­stia­no). Que­sti ri­ce­vo­no, su de­ci­sio­ne del board del­la fe­de­ra­zio­ne, un rim­bor­so spe­se per l’a­bi­ta­zio­ne ma non vo­glio­no ave­re l’e­sen­zio­ne.

Il giu­di­ce fe­de­ra­le ha in­ve­ce ri­spo­sto che i due han­no di­rit­to ai pri­vi­le­gi fi­sca­li su que­sto rim­bor­so, in quan­to la loro fun­zio­ne è si­mi­le a quel­la di mi­ni­stri di un cul­to a pre­scin­de­re che que­sto sia in­cen­tra­to su una di­vi­ni­tà o meno (nel­la sen­ten­za cita a esem­pio bud­d­hi­smo e tao­si­mo). Tale è l’ap­proc­cio del­l’In­ter­nal Re­ve­nue Ser­vi­ce, l’a­gen­zia del go­ver­no per le tas­se. Ma i due ci han­no te­nu­to a pre­ci­sa­re che non vo­glio­no go­de­re del­l’e­sen­zio­ne, in quan­to come ri­ba­di­to da Gay­lor la “FFRF non è una chie­sa e io non sono un mi­ni­stro”.

Bar­ker ha ag­giun­to nel­la sua ri­spo­sta al tri­bu­na­le che “l’a­tei­smo non è per nien­te una fede, è un’as­sen­za di fede“, “non ha una or­ga­niz­za­zio­ne o una strut­tu­ra con­fes­sio­na­le o di con­gre­ga­zio­ne”, “non è come il cri­stia­ne­si­mo, che è un’or­ga­niz­za­zio­ne ge­rar­chiz­za­ta con dog­mi so­stan­zia­li”.

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Sul­la base del­la Esta­blish­ment Clau­se del Pri­mo Emen­da­men­to alla Co­sti­tu­zio­ne, il Con­gres­so non può per leg­ge pri­vi­le­gia­re una con­fes­sio­ne. La real­tà de­gli Sta­ti Uni­ti vede in­fat­ti un ric­co plu­ra­li­smo re­li­gio­so, cui è ga­ran­ti­ta am­pia li­ber­tà, ma non c’è for­mal­men­te un cul­to di ri­fe­ri­men­to e sono vie­ta­ti con­cor­da­ti e in­te­se. In­ve­ce ne­gli or­di­na­men­ti eu­ro­pei e nei pae­si a mag­gio­ran­za cat­to­li­ca, la Chie­sa ro­ma­na in par­ti­co­la­re ha da tem­po ot­te­nu­to, gra­zie alla po­si­zio­ne di ege­mo­nia, de­gli ac­cor­di pre­fe­ren­zia­li con i sin­go­li sta­ti, in­car­di­na­ti poi nel­le Co­sti­tu­zio­ni e quin­di dif­fi­cil­men­te sman­tel­la­bi­li. Si­tua­zio­ne ana­lo­ga in Gran Bre­ta­gna, dove la Chie­sa an­gli­ca­na è pro­prio di Sta­to, o in al­cu­ni pae­si scan­di­na­vi.

Non a caso in Ita­lia si as­si­ste al­l’e­vo­lu­zio­ne di un mul­ti­con­fes­sio­na­li­smo mul­ti­le­vel, che vede in pri­ma po­si­zio­ne la Chie­sa, for­te del Con­cor­da­to, e a se­gui­re le con­fes­sio­ni di mi­no­ran­za cui ven­go­no con­ces­se in­te­se. Pae­se che vai, cle­ri­ca­li­smo che tro­vi: e da que­sta dif­fe­ren­za pro­fon­da de­gli or­di­na­men­ti de­ri­va­no le dif­fe­ren­ti stra­te­gie po­ste in es­se­re dal­le as­so­cia­zio­ni se­co­la­ri­ste.

 

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