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Uno, nessuno o milioni: quanti sono gli atei per il cardinal Ravasi?

Quando, quasi tre anni fa, fu presentato il Cortile dei gentili, l’Uaar ironizzò sopra “l’evoluzione della Chiesa cattolica: prima dava patenti di cristianità, poi è passata a dare quelle di laicità e ora addirittura quelle di ateismo”. Mons. Ravasi voleva “far capire che la teologia ha dignità scientifica e statuto epistemologico”, e cercava atei in grado di comprenderlo. Fatica sprecata. Negli ultimi tre anni, l’unico concreto sviluppo lo ha avuto la carriera di Ravasi, divenuto nel frattempo cardinale.

Dopo tre anni a portare in giro per il mondo quale rappresentante degli atei il povero Massimo Cacciari, ormai ridottosi al rango di opinionista di Avvenire, il Cortile dei gentili (che si vorrebbe “neutrale”) è tuttavia finalmente riuscito a fare un salto di qualità: oggi e domani, ad Assisi, avrà luogo un evento a cui parteciperanno nomi quali il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, la segretaria Cgil Susanna Camusso, Giulio Giorello, Moni Ovadia, Gustavo Zagrebelsky, Umberto Galimberti, Umberto Veronesi, Vincenzo Cerami, Massimiliano Fuksas, Lucia Annunziata, Federico Rampini. In conclusione, un dialogo tra il card. Ravasi e Corrado Passera, già relatore al convegno cattolico di Todi. Chissà se qualcuno dei due interpreterà il ruolo del non credente.

Molti sono famosi non credenti ma, a differenza forse di Giulio Giorello, nessuno è famoso in quanto non credente. Pochi gli atei dichiarati. Uno dei relatori, Vincenzo Cerami, ha addirittura preventivamente sostenuto che “ateo” è “una brutta parola”, e che preferisce definirsi “amante del pensiero”. Avremmo voluto domandargli quale. Il cardinale Ravasi gli ha invece ricordato che, nel corso del recente incontro di Stoccolma, gli interlocutori non cattolici hanno preferito definirsi “umanisti secolari”: “Perché nessuno vuole essere chiamato ateo, nessuno agnostico, nessuno non-credente (che è definizione solo negativa) e nessuno laico (termine che hanno inventato i preti)”.

A dir la verità, che lo stesso Ravasi conosce, “laico” è un termine greco, inventato dai greci per indicare chi apparteneva al popolo. È stato poi utilizzato dai clerici proprio per rimarcare la loro alterità e superiorità rispetto al popolo: ma a noi fa piacere recuperare il significato originario e definirci laici, e appartenenti al popolo di uno Stato che si dice laico. Che nessuno svedese voglia definirsi in questo modo è senz’altro ridicolo: il termine sekulär, né più né meno dell’inglese secular, è traducibile nell’italiano “laico”. Che per qualunque dizionario è sinonimo di “secolare”.

Quanto al fatto che in Svezia non esista nessuno che si vuol definire ateo, agnostico, o addirittura non credente, la smentita all’affermazione di Ravasi viene dall’ultimo sondaggio a livello mondiale: se è vero che nel paese scandinavo ben il 50% della popolazione si dichiara “non religiosa”, contro il 15% italiano, è anche vero che in entrambi i paesi c’è un 8% che non ha problemi a definirsi “ateo convinto”. Un’ulteriore smentita a Ravasi viene da uno dei relatori al Cortile di Stoccolma: Christer Sturmark, che si è definito esplicitamente “ateo”. Ma la più clamorosa confutazione delle parole di Ravasi viene da… Ravasi stesso: Avvenire, nel pubblicare la sua presentazione dell’iniziativa di Stoccolma, gliela ha non a caso intitolata Il Cortile dei gentili in Svezia, nella terra degli atei. Quanta confusione in chi fa sfoggio di così tante certezze!

In Vaticano, la tentazione di negare l’esistenza degli atei è costante: si pensi al card. Paul Poupard, predecessore di Ravasi al pontificio Consiglio per la Cultura, che quasi vent’anni fa aveva sostenuto che nessuno voleva più definirsi “ateo”. Glielo avevano detto a Mosca. Quasi vent’anni dopo, quello stesso sondaggio mondiale citato in precedenza ha rilevato che la percentuale di coloro che, sul nostro piccolo pianeta, si dichiara “atea” e “convinta” è in continua crescita. All’inizio del Novecento i non credenti erano stimati in tre milioni, ora in quasi un miliardo.

Negare il fenomeno, o quantomeno rappresentarlo diversamente: e quando proprio non si può fare altrimenti, blandirne alcuni esponenti e condannarne altri, la maggioranza. Come ben documenta la nostra sezione Dicono di noi. La strategia delle gerarchie ecclesiastiche è quella di ogni gruppo di potere che non vuole cederne un grammo. Ma che il problema sia serio lo dimostra il fatto che il Sinodo dei vescovi, che comincerà subito dopo l’incontro di Assisi e durerà tre settimane, sarà dedicato al tema La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. Quella vecchia sta dichiarando fallimento. E non basterà certo un maquillage, seppur di qualità, a invertire la rotta.

Nonostante l’opera di sistematica rimozione da parte della Chiesa, gli atei e gli agnostici esistono eccome. Sono fieri di esserlo e crescono, facendo sempre più spesso coming out.

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