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Unicredit-MPS: da qui in avanti, c’è buio pesto

Cacciato lo Straniero, riusciranno i nostri eroi ad ammalorare anche la seconda banca privata italiana, in nome del sistema?

Alla fine, l’assedio a Jean-Pierre Mustier ha raggiunto l’obiettivo. Il banchiere francese lascia la guida di Unicredit, al più tardi al termine del mandato, ad aprile del prossimo anno ma ovviamente prima, se il consiglio di amministrazione della banca troverà modo di reperire un capo azienda che vada bene alla Bce e al governo italiano, in particolare al MEF. Oggetto del contendere è l’acquisto di MPS da parte della banca di piazza Gae Aulenti, per il quale il Tesoro sta apprestando una dote di tutto rispetto. Ma da qui in avanti, c’è buio pesto.

Mustier lascia ufficialmente perché ritiene che il suo piano industriale, Team 2023, non abbia più l’appoggio del cda. Nei fatti, il francese ha più volte detto di non essere interessato a MPS e più in generale a operazioni di acquisizione, e di puntare invece alla crescita organica, con distribuzione di dividendi e riacquisto di azioni proprie. Sincerità? Tatticismo?

Il dossier MPS resta problematico. Nel quadro del movimento di aggregazione delle banche italiane, al Tesoro serve trovare un compratore per Siena. Il problema è che Siena necessita, prima di ciò, di un nuovo aumento di capitale per colmare il buco causato dalla scissione delle sofferenze cedute ad AMCO, oltre che della gestione dell’abnorme contenzioso legale sin qui accumulato e degli inevitabili esuberi post cessione.

IL COSTO DI MPS

Come ho già avuto modo di evidenziare, per i contribuenti italiani il costo di sistemazione di MPS diverrà molto simile a quello per la sistemazione dei resti delle due banche venete collassate anni addietro, la cui polpa è stata ceduta a Intesa Sanpaolo. Chiediamoci quindi, con la solita domanda retorica, se è valsa la pena fare fuoco e fiamme in Europa per ottenere una improbabile ricapitalizzazione precauzionale di Siena, se questo è il conto finale.

Attenzione: questo è il conto finale ma solo se saremo fortunati. Cioè se MPS verrà finalmente assegnata a un compratore, e scatterà il benedetto stop-loss per i contribuenti italiani. Le ferita potrebbe invece continuare a sanguinare e l’infezione estendersi all’acquirente. E qui veniamo a Unicredit.

Forse il cda della banca, il cui azionariato la rende molto simile ad una public company, è effettivamente insoddisfatto della generazione di valore sin qui prodotto da Mustier. Forse si attende il Godot del matrimonio con altra banca europea, e il fuoco di sbarramento di politica e sindacato italiani ha sin qui frenato il francese, creando insoddisfazione in consiglio.

Oppure in consiglio esiste una robusta rappresentanza di soggetti sensibili alle esigenze nazionali e la nomina a presidente di Pier Carlo Padoan, l’artefice della ricapitalizzazione precauzionale di MPS, va in questa direzione.

M5S, ABBIAMO UNA BANCA?

Bene, e quindi? Quindi, ipotizziamo che esista (esiste, statene certi) un disegno nazionale per Unicredit, volto a impedire non solo il suo matrimonio con una grande banca europea ma anche la separazione delle attività italiane da quelle europee, perché vista come prodromica al disimpegno dal nostro paese. Ipotizziamo quindi che tale disegno nazionale preveda il matrimonio con MPS come primo passo.

Il problema è che, nella maggioranza di governo, il M5S ha deciso di “avere una banca”, facendo del Monte una mitologica banca pubblica da aggregare per metà alla Popolare Bari e diventare così una gioiosa macchina da guerra del credito per amici e conoscenti, cioè fare esattamente quello che le due banche hanno fatto in passato ma stavolta con cappello pubblico anziché privato. Per l’altra metà del centauro senese, previsto il matrimonio con AMCO per diventare il monatto di sistemaAffascinante, non trovate?

Se obiettivo pentastellato è questo, è evidente che il tentativo di Roberto Gualtieri di fare ponti d’oro al compratore del Monte è destinato a incagliarsi, come i crediti. Non a caso, i grillini sparano emendamenti per limitare a 500 milioni l’uso dei deferred tax asset da trasformare in credito d’imposta, la dote per Unicredit o chi per esso. Non solo: un altro emendamento pentastellato prevede di convertire i DTA in capitale, per rafforzare la presa dello Stato e ricapitalizzare dalla porta di servizio.

Va bene, e quindi? Quindi, ipotizziamo che Unicredit, dopo aver espulso il francese, diventi una banca più sensibile alle esigenze di sistema italiane e accetti di prendersi MPS a condizioni meno stracciate (e stralciate). Uno sforzo patriottico, diciamo. Ad esempio ipotizzando che il problema del contenzioso legale resti in piedi, così come quello degli esuberi, e cercando di tenere tranquilli i grillini, magari trasformandosi in “banca federale”, in grado di lasciare autonomia, poltrone, strapuntini e costi di struttura a Siena e dintorni.

NIENTE GITA A CASA MACRON

Ah, dimenticavo: in caso di conversione al patriottismo di sistema, Unicredit potrebbe rimettere nel cassetto le ipotesi di riduzione degli organici, incluse quelle per fisiologico turnover e da innovazione tecnologica. Quelle che, in banche a guida italiana, avvengono in relativa tranquillità ma che nel caso di Mustier causano la rivolta di leader sindacali che minacciano di andare a protestare sotto le finestre di Emmanuel Macron, all’Eliseo, restando seri.

Che accadrebbe? Accadrebbe che vedremmo un Unicredit indebolito e infettato da uno dei bubboni storici di questo paese. Accadrebbe che il filo rosso dell’ammaloramento di sistema avanzerebbe inesorabile. Accadrebbe che, questa volta, data la situazione internazionale, Unicredit non riuscirebbe a fare come fatto da Alessandro Profumo per gestire l’incorporazione di Capitalia, nel 2007: creare utili e redditività mostruosa sfruttando la bolla globale e quella dell’Est Europa in particolare, conseguendo un return on equity marziano, di quelli che poi sono ripiombati sulla terra facendo vittime.

A questo giro non ci sono bolle creditizie con cui assorbire prede radioattive ma politicamente spendibili sul palcoscenico domestico, detta in modo spiccio.

Dopo aver espulso il franzoso e magari comprato Siena con una generosa compartecipazione allo sforzo di sistema, riteniamo che Unicredit potrà godere di un netto e tonificante miglioramento della sua immagine sulla stampa domestica. Volete mettere, il beneficio?

Resta il grande e irrisolto mistero: ma com’è che francesi e tedeschi di solito fanno sistema senza spararsi su piedi e altre parti anatomiche, a differenza nostra? Ah, saperlo.

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Foto di robertoangaroni da Pixabay

Questo articolo è stato pubblicato qui

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