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Il Volo | Una “notte magica” all’Arena di Verona.

Il 19 e 20 maggio il trio pop-lirico Il Volo ha tenuto due concerti, entrambi sold-out, all’Arena di Verona, nell’ambito del loro tour mondiale“Notte Magica:Tributo ai tre tenori”.

L’Arena di Verona, tempio della musica lirica per antonomasia, il 20 maggio scorso ha offerto una cornice ideale al concerto de Il Volo “Notte Magica:Tributo ai tre tenori”, un evento in cui la maestosità del luogo, la suggestione della musica e le voci straordinarie dei tre interpreti si sono unite in un connubio perfetto, suscitando incanto e meraviglia. Fin dal pomeriggio, sembrava che ogni elemento volesse concorrere a creare un’atmosfera ideale, a partire dalla pioggia che dopo essere caduta copiosa durante il giorno è cessata bruscamente, e contro ogni previsione, poco prima dell’inizio del concerto, regalando un manto stellato al pubblico accorso da ogni parte d’Italia e del mondo per acclamare i tre giovani artisti.

Chi si fosse aggirato tra le tribune senza sapere quale spettacolo stesse per andare in scena, avrebbe potuto pensare di essere capitato ad un raduno internazionale. Gruppi di persone di diverse età e nazionalità parlavano tra loro in un miscuglio di inglese, italiano, francese, tedesco, spagnolo, portoghese, e persino giapponese. Colpiva soprattutto l’eterogeneità del pubblico presente; intere famiglie con figli piccoli e genitori anziani al seguito, coppie di giovani e di meno giovani, adulti in abito da sera e adolescenti festosi che esibivano magliette e bandane con la scritta “Il Volo”. I nuovi arrivati si guardavano attorno febbrilmente, alla ricerca di un volto familiare incontrato in qualche precedente concerto oppure nei social; alcune fan americane esibivano con orgoglio mazzette di biglietti d’ingresso ai concerti, dichiarando di aver seguito i loro beniamini in tournée prima negli Stati Uniti, e ora in Italia.

Osservando la moltitudine variegata che gremisce la platea e gli spalti dell’Arena, ed il cui unico elemento aggregante è la comune passione per Il Volo, viene spontaneo chiedersi cosa abbiano di tanto speciale questi artisti. Quanti cantanti sono in grado di far spostare fan da un continente all’altro? Al giorno d’oggi praticamente nessuno.

L’orchestra sale sul palco per prima e intona le note dell’ouverture “La Forza del Destino” di Verdi, quasi a voler sottolineare la misteriosa potenza del fato che ha fatto incontrare nello stesso programma televisivo tre adolescenti dal prodigioso talento vocale, con la medesima insolita passione per la musica classica, stravolgendo le loro vite, quelle dei loro famigliari e delle migliaia di persone che altrimenti non si sarebbero mai conosciute né trovate lì in quel momento.

Infine entrano loro, Gianluca, Piero e Ignazio, accolti dal boato della folla. A vederli su quel palco, così giovani, freschi e disinvolti, sembra impossibile che siano i protagonisti di quella magica serata. La sensazione che pervade chi assiste per la prima volta al loro concerto dal vivo è quella di poter finalmente comprendere il mistero di quelle voci che hanno ammaliato milioni di persone in tutto il mondo.

Gianluca intona il “Nessun Dorma” ed è come se un incantesimo fosse calato sull’Arena. La sua voce profonda, calda e vellutata sembra insinuarsi tra le pieghe dell’anima, avvolgendo ciascuno dei presenti in uno struggente abbraccio. Lo schermo gigante rimanda la sua espressione intensa, quasi sofferta; sembra il Principe Calaf in persona uscito dall’opera di Puccini per sedurre la bella Turandot. Gli subentra Ignazio la cui tonalità vigorosa e cristallina ricorda lo scorrere di un fiume impetuoso, evoca la figura dello spavaldo cavaliere che conquista la principessa grazie alla sua audacia e alla sua passionalità. Poi è il turno di Piero e le pietre millenarie dell’Arena sembrano sussultare e vibrare sotto la potenza e l’intensità della sua voce; si riesce ad immaginare la principessa Turandot che si arrende alla forza e alla sicurezza che emana. Tre interpretazioni diverse della stessa aria, fino al momento culminante in cui le tre voci si uniscono in un’armonia sublime, ciascuna rimanendo distinguibile e al tempo stesso fondendosi con le altre per creare una alchimia perfetta. Il pubblico che ha ascoltato in religioso silenzio erompe in una fragorosa e sentita ovazione corale, la prima di una lunga serie.

Per più di due ore i brani si susseguono senza sosta, a tre voci, duetti, assoli, senza alcun cedimento nelle performance dei tre giovani artisti, semplicemente impeccabili nelle interpretazioni, nei toni, nella vocalità. Le espressioni degli spettatori denotano una attonita ammirazione mista ad incredulità, come se stessero davvero assistendo ad uno spettacolo di magia e non riuscissero a trovare una spiegazione razionale per ciò a cui stanno assistendo. La domanda che sembra aleggiare nell’aria è: “Ma com’è possibile?”

La voce di Gianluca rivela doti sorprendenti, possiede un timbro dolce e carezzevole ma al tempo stesso profondo e sensuale, che d’improvviso può erompere con una potenza insospettabile raggiungendo note tenorili senza tuttavia mai perdere la sua dolcezza. Le sue appassionate esecuzioni lasciano il pubblico quasi annichilito, incapace di contenere l’intensa commozione che è in grado di suscitare e, quando nel finale di “Aranjuez” mantiene l’ultimo acuto facendolo crescere di volume e d’intensità senza riprendere fiato, gli spettatori sgomenti lo trattengono a loro volta per poi esplodere in un applauso interminabile e liberatorio.

Ignazio è capace di trasformarsi in una frazione di secondo da simpatico burlone in magistrale interprete di brani molto impegnativi. La sua sorprendente estensione vocale, la sua versatilità, la sua capacità di raggiungere note altissime da tenore mantenendo nel contempo una tessitura chiara e leggera, da cantante pop, rendono le sue esecuzioni stupefacenti. Quando canta, il pubblico sembra colto da un temporaneo estraniamento, come se la musica e la sua voce riempissero ogni anfratto della mente e non lasciassero spazio ad altro se non alle emozioni.

In quanto a Piero, la sua voce straordinariamente corposa e possente sembra uscire dalle sue labbra come agli altri comuni mortali esce il fiato, senza alcun sforzo apparente. A volte, osservandolo attraverso lo schermo, lo si sorprende a seguire ciò che avviene in platea, a sorridere o a fare un cenno a chi riconosce tra la folla, senza mai smettere di cantare, e senza saltare una battuta o sbagliare una nota. Nei brani che esegue da solista il suo virtuosismo raggiunge la più alta espressività. Le sue appassionate interpretazioni di “No Puede Ser” e di “E lucean le stelle” fanno correre brividi lungo la schiena, lo schermo ingigantisce il luccichio di commozione che brilla nei suoi occhi e si rispecchia in quello degli spettatori in una simbiosi ideale, e quando il suo poderoso e struggente “E muoio disperato!” risuona nell’Arena sembra che persino le mura si ammantino di commozione e di tristezza.

Il concerto termina con il tripudio finale di un “Grande Amore” corale e l’Arena si accende di migliaiai di luci che sembrano rivaleggiare con le stelle del firmamento. Infine il pubblico si avvia a malincuore verso l’uscita, mentre gli echi del concerto sembrano aleggiare ancora nell’aria, come a voler trattenere ancora per un po’ l’incanto di quella notte in cui l’ineffabile bellezza di una musica intramontabile unita a quella di tre voci straordinarie hanno saputo ancora una volta ricreare la magia. 

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