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Un presidente per l’Egitto in divenire

Ora che la sfida per la presidenza della Repubblica d’Egitto (si vota il 23-24 maggio con l’eventuale ballottaggio il 16-17 giugno per la nomina ufficiale nella settimana successiva) ha definito lo scenario dei pretendenti, l’outsider Abol Fotouh inizia a impensierire gli ex Fratelli Musulmani che l’hanno allontanato dal movimento. 

Il quotidiano Al-Ahram riferisce che il maggior detrattore di Fotouh sia stato il magnate Al-Shater, una rivelazione nient’affatto sconvolgente perché il tycoon è per la Fratellanza quello che il miliardario copto Sawiris è per il Blocco Egiziano: un regista finora insostituibile, soprattutto sul versante finanziario.

Eppure l’Egitto della legislazione elettorale sembra voltare le spalle all’Egitto del capitale avendo fatto fuori dalla corsa presidenziale i due potenti personaggi. Giudicati – la lista degli esclusi illustri comprende anche l’ex capo della Sicurezza Suleiman e il candidato salafita Ismail - non idonei, ognuno per ragioni diverse, ma tutti in contrasto con le direttive del Comitato elettorale. Ristretto il campo reale a quattro nomi forti: l’ex segretario della Lega Araba Moussa, il secondo candidato della Fratellanza Mursi, l’ex primo ministro Shafiq ripescato dal Comitato forse per concedere ai mubarakiani almeno un volto del passato e l’ex Fratello Musulmano Abol Fotouh, è proprio quest’ultimo che ha iniziato a calamitare consensi.

E’ noto che una parte dell’elettorato moderato della Fratellanza appoggi il dottor Abol, popolare anche fra molti giovani che fanno dell’Islam non fanatico un elemento identitario. Fotuh è bene accettato, forse più di un Moussa reso troppo istituzionale dagli incarichi della Lega Araba, dalla componente riformatrice e di sinistra che difende il laicismo però non vuol essere accusata di passatismo. Su questo fronte Fotouh guadagna punti perché è stato l’unico nei vertici della Confraternita a sostenere sin dalle prime settimane il movimento di protesta anti Mubarak. Gli ultimi exploit sul suo gradimento sono venuti dai pronunciamenti dei partiti Al-Nour e Wasat che ora indicano ufficialmente di votarlo. Se il peso di quest’ultima formazione è relativo (fra il 4-5% nelle consultazioni per i due rami del Parlamento) Al-Nour vale il 25% dell’elettorato, cui potrebbe aggiungersi anche quello di gruppi salafiti minori che farebbero pagare ai vertici della Fratellanza i reiterati pronunciamenti di chiusura nei loro confronti per la creazione del prossimo governo nazionale. Coi citati colpi di scena delle esclusioni, la corsa alla presidenza ha oltremodo attirato l’attenzione della popolazione e dei media che ora divulgano le ultime note di Farouk Sultan, il deux ex machina della Commissione elettorale.

Per la scadenza del voto è stato sancito il divieto assoluto ai candidati e agli staff di sostegno di utilizzare simboli religiosi e notizie sulla propria vita privata. Ci sarà un severo controllo sui conti bancari che potranno rendere noti i propri fondi solo agli organi preposti al controllo, pena un anno di reclusione. Puniti anche possibili finanziamenti esteri alla campagna attraverso la confisca del denaro e la reclusione del candidato dai due ai cinque anni. Una severa stretta, almeno nelle intenzioni. Nel corso dell’intero periodo di propaganda sono previsti tre spazi quotidiani per ciascun candidato su tivù satellitari, locali e stazioni radiofoniche. Vedremo se nei dibattiti l’attenzione che s’era spostata su questioni normative e organizzative tornerà a trattare temi di fondo, su cui spiccano due domande rimaste inevase: chi scriverà la nuova Costituzione, visto che l’Assemblea a maggioranza islamica è stata sciolta dopo la fuoriuscita contestataria dalla stessa dei membri laici. E se le Forze Armate a fine giugno manterranno la promessa di farsi da parte, lasciando il potere politico a tutti gli uomini democraticamente eletti dal popolo.

Nel frattempo una notizia choc viene agitata sul fronte del diritto e dei diritti delle donne.

Due emittenti (On Tv e Al-Ahram) hanno diffuso la ricorrente voce che alcuni deputati islamisti starebbero elaborando una bozza di legge volta a consentire al marito di “poter praticare sesso con la propria consorte defunta entro sei ore dalla di lei morte”. L’ipotesi venne sollevata un anno fa da un chierico marocchino durante una predicazione nel suo Paese e la notizia che qualcuno in Egitto mediti di trasformarla in legge è deflagrata nel pieno della corsa presidenziale. Sdegnate le repliche di noti esponenti islamisti. Proprio Ismail, il candidato di Al-Nour escluso perché sua madre avrebbe avuto anche la cittadinanza statunitense, ha affermato che il tema è inaccettabile e contrario ai princìpi del’Islam. Ahmed Hanafi rincara “Alcuni report sono palesemente falsi e mirano a deformare l’immagine del nostro Parlamento a maggioranza islamica”. Ma deputati del Blocco Egiziano hanno ricordato che esiste un disegno di legge che permetterebbe il matrimonio anche a ragazzine fra i 14 e 18 anni. E fanno intendere che gli islamisti punterebbero a smantellare la legislazione che garantisce i diritti delle donne. Aspetto denunciato già da mesi da attiviste laiche che ribadiscono la necessità di non arretrare rispetto alle normative acquisite. 

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