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Un nuovo scandalo investe la Veolia

Martedì scorso i Carabinieri del NOE di Lecce hanno effettuato il sequestro del sistema di monitoraggio e controllo per le emissioni in atmosfera dell’inceneritore di Brindisi gestito dalla Veolia; contestualmente sono stati sequestrati 8 serbatoi verticali da 25 metri cubi ciascuno contenenti rifiuti liquidi e circa 1000 fusti accatastati nel piazzale dell’impianto, anche questi contenenti rifiuti di cui non si conoscono la provenienza e le caratteristiche chimiche.

Nel corso della perquisizione sono stati ancora sequestrati un computer e diversi documenti cartacei relativi alla gestione dell’impianto, alle emissioni in atmosfera ed ai rapporti della società con altri enti ed aziende. Presso la sede centrale della Veolia a La Spezia, e presso altre aziende lombarde e liguri, sono state requisite ulteriori documentazioni utili per il prosieguo delle indagini.

Il sequestro è a scopo probatorio e servirà agli investigatori per capire se sia regolare il sistema di monitoraggio ambientale dell’inceneritore di Brindisi.


L’inceneritore è attivo dal 2001, costruito e poi gestito dalla spezzina Termomeccanica, fino al 2007 quando, in seguito alla cessione del 75% delle sue azioni, gli impianti targati Termomeccanica sono stati rilevati dalla multinazionale francese Veolia.

La vicenda brindisina ricorda molto il caso dell’inceneritore di Pietrasanta (LU), dove a febbraio del 2008 venne registrato uno sforamento delle diossine quattro volte superiore ai limiti previsti dalla legge. La procura lucchese aprì un’inchiesta dove si ipotizzava che la Termomeccanica avesse realizzato un apposito software per tenere sempre, e quindi falsamente, nella norma i parametri di monossido di carbonio e di diossina. In seguito a questo episodio la Veolia, che si ritenne parte lesa, fece un giro delle procure italiane, nelle città dove era subentrata a Termomeccanica, per esporre alcune “anomalie” riscontare nella gestione precedente.

E pare proprio che a dare il via all’indagine della procura brindisina, sia stato questo esposto della Veolia!

La cosa che sorprende è che invece a Gioia Tauro, dove è in funzione un inceneritore che condivide la stessa storia degli impianti di Lucca e Brindisi, non solo la situazione appare del tutto normale, ma addirittura viene rilanciata l’idea di un suo raddoppio.

Possibile che mentre nel resto di Italia la Termomeccanica adottasse un software taroccato, soltanto a Gioia Tauro tutto avvenisse "a norma di legge"?

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