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Un leader che non è un leader, che fa politica che non è politica: Beppe Grillo

Nel 2000 distruggeva monitor e tastiere alla fine dei suoi spettacoli; nel 2009 secondo Forbes è stata la 7° persona più famosa del web: oggi in Italia Beppe Grillo è diventato un leader che non è un leader, che fa politica che non è politica.

"Internet non sfonda nella comunicazione politica. Durante la campagna elettorale, per formarsi un'opinione solo il 2,3% degli italiani maggiorenni si è collegato ai siti web dei partiti per acquisire informazioni, e solo il 2,1% ha visitato blog, forum di discussione, gruppi di Facebook, ecc. Il dato aumenta solo tra gli studenti: il 7,5% si è collegato ai siti Internet dei partiti e il 5,9% ha navigato su altri siti web in cui si parla di politica." (Censis, 9 giugno 2009)
Se alle elezioni del 2010 il Movimento 5 stelle ha raccolto oltre 390.000 voti, l'1,7% dei voti, chissà quanti di quel 2,3% di Italiani (secondo il Censis) si sia affidato al partito di Beppe Grillo.
 
Il Movimento Cinque Stelle è un partito che non è un partito, o almeno non è come gli altri partiti. Beppe Grillo è un leader che non è un leader, o almeno non è come gli altri leader. Perché il M5S rifiuta i finanziamenti pubblici e Grillo non si candida. Ma entrambi chiedono voti, e lo fanno soprattutto tramite la Rete, unica fonte di informazione ed unica corte di giustizia suprema.
 
Mentre il Grillo di 10 anni fa distruggeva computer sui palchi e quello di oggi osanna la Rete, il suo blog nel frattempo continua a vendere libri o dvd senza concedere il loro libero download, continuando a disonorare uno dei principi costituzionali di Internet (se non altro uno dei principi che ha contribuito alla sua imperiosa diffusione), e cioè il peer-to-peer gratuito.
 
In teoria quando sul blog compri un dvd, Grillo va considerato un comico, e cioè una persona che vive di spettacoli e di tournée e quindi grazie ai proventi derivanti dal pubblico; quando sul blog ti occupi e ti informi sul Movimento Cinque Stelle, invece Grillo va considerato un leader che non è un leader, un politico che non fa politica, e soprattutto che considera una merda la politica fatta con i soldi.
 
Molti sono i segnali che fanno credere e pensare che Beppe sia un leader che non è e non si crede un leader: "Io ci credo, voi ci credete. La Rete ci ha unito. Possiamo cambiare la società, il mondo solo se lo vogliamo. Cosa abbiamo da perdere? Ognuno vale uno. Chiunque di voi può fare la differenza, essere un leader. Ognuno è un leader se riesce a trasformare i suoi sogni in realtà." (Beppe Grillo, 26 settembre 2010)
 
Se non avessimo trovato queste parole nel blog di Grillo, le avremmo potute tranquillamente attribuire all'archivio di Terzano Terzani, e non ad un leader che si pone o che predica da leader.
 
Tuttavia non capisco com'è che sotto al simbolo del Movimento Cinque Stelle ci sia scritto "beppegrillo.it", che non va inteso come "di Beppe Grillo" ma "di Beppe Grillo e la sua Rete": ad esempio vengono trascurati sia i nomi di Favia o di Bono, cioè due dei quattro consiglieri eletti, sia i nomi dei tanti giovani che non sono stati eletti, che potrebbero dare una svolta all'attuale gerontocrazia fallimentare italiana, e che prima o dopo le elezioni sono e resteranno dei perfetti sconosciuti alla maggior parte della gente.
 
Se si chiede conto a Beppe della sua persona o degli altri partiti politici, lui glissa parlando delle sue idee (che non sono ideologie) e del programma del M5S, forse l'unico partito (che non è un partito) ad avere un programma.
 
Il non anteporre la sua persona al movimento denota il suo disinteresse e la sua ferma volontà nel non candidarsi, e ciò gli fa onore; ma l'anteporre le idee ed il programma del M5S alle persone, sia alle persone del suo Movimento che a quelle degli altri partiti, rende i suoi discorsi più qualunquistici e meno concreti.
 
Da quell' 8 settembre del 2007, il giorno del primo V-Day, n'è passata di acqua sotto i ponti: Beppe da comico protestatore, si è trasformato in un comico leader. Tre anni fa aveva solo una piazza ed un microfono, oggi ha una piazza, un partito ed una leadership.
 
Se da un lato abbia annullato la sua fama di demagogo e populista, fondando un partito autentico ed affidabile, dall'altro non candidandosi, e non pubblicizzando di più i suoi candidati più che le sue idee, è finito per diventare un leader che non è un leader, che fa politica che non è politica.
 
La morale della favola è che alla fine, le sue idee o il suo programma, per quanto possa essere obiettivamente giusto o innovativo, risulterà sempre relegato nelle ultime pagine dell'agenda della consistenza.

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