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Un gioco da ragazzi

di Giulia Raimondi

Lo scrittore Nelson Rodrigues definì il Brasile una “patria in scarpini da calcio“, ma la rovinosa sconfitta della Seleção contro la Germania potrebbe portare alla demistificazione della maglia verdeoro, rivelando quegli aspetti che hanno condotto il Brasile a farsi autogol.

Le cronache calcistiche dei Mondiali 2014 sono state accompagnate di pari passo dai racconti delle proteste che hanno attraversato il Paese dall’11 giugno 2013 a São Paulo.

La causa ufficiale delle manifestazioni fu il malcontento generale provocato dall’aumento del costo del biglietto dei trasporti pubblici, imposto dal governo federale, che contemporaneamente decise di versare nelle casse delle società edilizie, fianziatrici delle campagne elettorali brasiliane, 13,7 dei 16.5 miliardi di dollari previsti per i Mondiali di calcio, cifra corrispondente a poco meno del bilancio annuale stanziato per l’istruzione.

Con 50 feriti ed oltre 200 arresti, la polizia considerò chiuso il capitolo di ribellioni legate all’evento sportivo, ma rimase delusa dalle 250mila persone che il 17 giugno scesero in piazza, in risposta alle violenze subite.

La situazione è precipitata in seguito a diversi episodi di grave abuso e privazione del diritto fondamentale all’alloggio: 170 mila persone si sono trovate coinvolte direttamente in sgomberi forzati e pochi residenti hanno potuto dimostrare di essere effettivi proprietari della loro abitazione, ricevendo un’indennità mensile per la perdita della loro dimora di appena 300 dollari.

Per gli altri non c’è stata alcun tipo di trattativa: durante la notte la loro casa è stata contrassegnata con della vernice, condannandola.

Le manifestazioni pacifiche animano le piazze del Brasile da un anno a questa parte. I dissapori legati all’aumento dei costi del trasporto pubblico hanno portato ad una reazione collettiva così forte da dare la possibilità a migliaia di brasiliani di rivendicare una soluzione ai malesseri nascosti del Paese.

Nepotismo, distribuzione del reddito fortemente ineguale e la permissività di una società che consente ai più  potenti di non assumersi la responsabilità delle proprie malefatte (il figlio di Batista, nel 2012 il settimo uomo più ricco del mondo nonché capo dell’impero petrolifero e minerario brasiliano, riuscì ad evitare il carcere nonostante avesse ucciso un ciclista mentre era alla guida della sua auto), sono alcune delle problematiche che affliggono il Paese, che sinora è riuscito a nascondersi dietro al colore della propria vivacità.

Nonostante la brutale sconfitta della nazionale brasiliana dell’8 luglio 2014, i Mondiali di calcio rappresentano una frattura non solo negativa nella storia del Brasile: a causa di questo evento molte voci hanno trovato la situazione adatta per farsi ascoltare. In seguito a questa sconfitta, sarà possibile per il Brasile farsi ricordare al di là della propria potenza calcistica, non considerando più il Paese come un tutt’uno con la sua giocosità, ma dando il giusto rilievo alla situazione politica e sociale in cui si colloca, donandole quel supporto internazionale di cui necessita affinché sia impossibile tornare ad ignorarne i problemi.

 

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