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Umanità accresciuta: come la tecnologia ci sta cambiando

Intervista a Giuseppe Granieri sul suo ultimo libro “Umanità Accresciuta - come la tecnologia ci sta cambiando”.

Giuseppe è un lucano tra i maggiori esperti di comunicazione e culture digitali in Italia. Scrive per diverse testate nazionali tra cui L’Espresso, Apogeonline, Nova24-Il Sole 24 ed è docente di “Laboratorio di Web 2.0” presso l’Università di Urbino. E’ conosciuto come gg nella blogsfera e come Junikiro Jun in Second Life (suoi i progetti legati a unAcademy, a PostUtopia e a LucaniaLab). In passato si è occupato di racconti brevi e il suo blog, nel nome, ne conserva ancora il segno. Si autodefinisce un "ibrido multifunzione che vive sulla frontiera”.

La tua conoscenza profonda del racconto breve ha una relazione con l’attività di scrittore di saggi lunghi?
Non credo. Ha più una relazione con una passione giovanile da lettore. I racconti brevi sono narrazioni più complesse e difficili dei romanzi, una vera palestra tecnica. I saggi lunghi invece sono un complemento ad altre forme di annotazione, come il blog. Il saggio ti permette di mettere in ordine una teoria e di affidarla all’emendamento del lettore.


Ho trovato “Umanità accresciuta” piuttosto autobiografico: si intravede la casa, le consolle, i libri, i dischi e il gatto. Quando si racconta bisogna mettersi sempre in gioco?
E’ buffo. La collana in cui si pubblicano i miei saggi è una collana abbastanza canonica e antica, molto tradizionale, in cui normalmente si tende ad argomentare in maniera oggettiva. Ma io sono cresciuto convinto che un saggio presenti una teoria e un punto di vista personale, che serva ad avviare un ragionamento. Così non scorporo mai pensiero e persona.


Sei uno dei pionieri del weblog, hai sperimentato anche applicazioni per l’aggregazione di contenuti, puoi dirci cosa è cambiato nel sistema di conversazione in rete?

Servirebbe un saggio molto lungo. La rete è velocissima e va verso la specializzazione, c’è un’applicazione per ogni minima esigenza e ciascuno di noi trova di volta in volta il suo equilibrio.


Blog Generation” è del 2005 e “La società digitale” del 2006, con “Umanità accresciuta” prosegui il ragionamento sulla società digitale, spostando però l’attenzione maggiormente sull’uomo.

Io la considero una specie di trilogia, che affronta il tema del cambiamento e dell’innovazione da tre punti di vista diversi. L’aspetto umano, poi, è quello meno intuitivo e più difficile da decodificare, soprattutto perché la mutazione la stiamo raccontando in corsa.


Umanità accresciuta” offre riflessioni su un futuro transumanista del corpo e leggendolo si ha la sensazione che l’uomo sia sempre secondo, di rincorsa (anche la parola chiave del libro è “accelerazione”).
Temo che il mondo non rallenterà anche alcuni di noi lo preferirebbero. Tocca studiare, continuare a imparare ogni giorno e crescere insieme alla realtà. Detto questo, tutto il resto dovrebbe essere guardato come opportunità e affrontato in modo responsabile.


Sei un grosso conoscitore oltre che sperimentatore di Second Life, non hai l’impressione che questi mondi tridimensionali stiano invece decelerando?
Soffrono solo un clima culturale negativo, causato dalla diminuzione di attenzione dei giornali e delle Tv. E’ un fatto fisiologico. E poi sono tecnologie che devono ancora maturare, diventare più facili per l’utente comune. La «facilità», l’ammorbidimento della curva di apprendimento necessaria, sono fattori importantissimi per la diffusione.

Sostieni che i cambiamenti ci porteranno verso una rieducazione complessiva che coinvolgerà la nostra stessa identità. Sarà anche il caso di pensare a una forma di difesa?
Io suggerisco la comprensione, prima. Nella maggior parte dei casi sentiamo di doverci difendere quando ancora non conosciamo quello che sta per accadere. Lo dicevo prima: se partiamo dalla comprensione, poi leggiamo l’opportunità. Se proviamo a difenderci, la realtà ci supera e dobbiamo inseguirla.


Concludi il libro consigliandoci di non far prevalere l’ansia di subire il cambiamento ma di “decidere” di governarlo culturalmente. Il “lasciarlo fare ai nostri figli” è un monito per noi oggi?

No, è un nostro dovere. Loro lo troveranno naturale, a differenza di quanto sembra a noi. Ma la classe dirigente, quelli che governano l’educazione e fanno le regole di domani siamo noi. Dobbiamo fare un buon lavoro.

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