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Uganda, un anno e mezzo di leggi repressive e discriminatorie

Il blog Le persone e la dignità aderisce anche quest’anno al Blog Action Day, dedicato al tema della disuguaglianza.

Tra i molti casi di disuguaglianza, vogliamo segnalare il rapporto di Amnesty International, che passa in rassegna tre leggi repressive e discriminatorie adottate in Uganda nell’ultimo anno e mezzo.

“Leggi tossiche”, le chiama Amnesty International, che hanno limitato la libertà di manifestazione e alimentato omofobia e violenza di genere, lasciando molte persone in balia di folle di facinorosi e senza accesso alla giustizia. Un vero e proprio attacco al cuore dei diritti umani garantiti dalla Costituzione ugandese.

La prima è l’Atto sul mantenimento dell’ordine pubblico, approvato dal parlamento nell’agosto 2013 e firmato dal presidente Yoweri Museveni il 2 ottobre dello stesso anno, che ha limitato la libertà di riunione applicando una serie di restrizioni ai raduni in luogo pubblico. Grazie a questa legge, in numerose occasioni la polizia ha sgomberato con la forza manifestazioni pacifiche di attivisti anti-corruzione e oppositori politici, prendendosela anche coi giornalisti che seguivano le proteste.

Poi è arrivata la famigerata Legge contro l’omosessualità del 20 dicembre 2013, entrata in vigore nel febbraio di quest’anno, che ha criminalizzato “promozione, istigazione e incitamento” (pena massima: sette anni di carcere) e la non meglio definita “omosessualità aggravata” (pena massima: ergastolo; una precedente versione prevedeva la pena di morte). Dopo la sua entrata in vigore, si è assistito all’aumento delle aggressioni, alla pubblicazione di liste di presunti gay e lesbiche sui quotidiani e a molti licenziamenti basati unicamente sull’orientamento sessuale.

Dopo le proteste internazionali, la legge è stata annullata dalla Corte costituzionale il 1° agosto di quest’anno, ufficialmente perché il parlamento l’aveva approvata con una maggioranza inferiore a quella necessaria.

Infine, a completare il trittico, la Legge contro la pornografia, approvata dal parlamento il 19 dicembre 2013 e firmata dal presidente il 6 febbraio 2014. Il testo definisce la “pornografia” come “ogni rappresentazione, attraverso pubblicazioni, spettacoli, film, esibizioni indecenti realizzate con qualsiasi mezzo, di atti sessuali espliciti, reali o simulati e ogni rappresentazione degli organi sessuali di una persona a scopo di eccitazione sessuale”. Chi “produce, distribuisce, pubblica, trasmette, procura, importa, esporta, vende o noleggia” ogni forma di pornografia così come descritta può essere condannato una multa di 10 milioni di scellini (oltre 3000 euro) o a 10 anni di carcere.

Negli ultimi mesi, dell’applicazione di questa legge hanno fatto le spese molte donne, attaccate dalla folla o minacciate d’arresto da parte della polizia, a volte semplicemente perché indossavano la minigonna.

Il rapporto di Amnesty International si basa sulle ricerche effettuate in Uganda nei mesi scorsi e alle quali in parte ha contribuito anche Human Rights Watch. Nel corso delle ricerche, Amnesty International ha svolto 42 interviste individuali e incontrato 30 organizzazioni della società civile.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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