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Ucraina: Putin allerta l’esercito russo

La scarcerazione di Julia Timoschenko (peraltro arrestata con un pretesto), condannata a 7 anni, rilasciata in seguito alle rivolte così come la fuga del premier Janukovic, inizialmente celebrati come vittoria della diplomazia occidentale ed in particolare del duo Obama/Merkel, non hanno portato alla risoluzione delle vicende ucraine, come del resto era facilmente prevedibile.

Il crollo del muro di Berlino nell' '89 e con esso quello degli equilibri di Yalta, ha sancito infatti solo la fine della contrapposizione capitalismo-privato/capitalismo di Stato e non certo quella dei diversi interessi competitori, i quali spesso sono stati addirittura aggravati, come la guerra civile nell'ex Jugoslavia - dove proprio in questi giorni si segnale la ripresa di nuovi focolai di tensione grave - ha ampiamente dimostrato.

La messa in stato d'allerta dell'esercito russo da parte di Putin segna l'innalzarsi del livello della crisi non ucraina, bensì USA-UE da una parte e Russia dall'altra. Il passaggio della Russia al capitalismo privato non è stato dunque occasione del ritrovo di possibili sinergie con l'Occidente, bensì, anche per espresso volere, di Putin e del suo gruppo di potere, di creazione di un fronte eurasiatico che si contrappone sia all'Occidente che alla Cina.

Le crisi vere solo apparentemente sono quelle delle piazze ucraine, invero le loro origini si ritrovano nelle grandi vicende economico energetiche della Russia, si veda ad es. Gazprom, e anche qui gli antagonismi con gruppi opponentisi a Putin. Passaggi o meno di gasdotti, pedaggi o meno per gli stessi, scelta di fonti energetiche e quindi di tipologie di industrializzazione, sinergia o meno con l'Occidente, apertura o meno di mercati e loro integrazione.

Le attuali vicende in particolare indicano pure l'erroneità delle valutazioni degli esperti occidentali di geopolitica i quali ancora solo una decina di mesi fa sottolineavano la prospettiva di una integrazione - peraltro culturalmente giustificabile - del blocco ex sovietico con quello UE. I russi rispondono secondo la loro tradizione millenaria, sia zarista prima, che comunista e post comunista poi: alla rivolta di piazza si risponde con la repressione militare ad opera dei governi locali e, se questa non dovesse bastare, con il diretto intervento russo.

Del resto parrebbe assai strano che l'ex capo del KGB Vladimir Putin si sia improvvisamente convertito e difatti così non è. Che questo tipo di soluzione non sia necessariamente efficace è lì a dimostrarlo ad es. l'Afghanistan. Certo è che l'ordine di Putin porta a vanificare i molti miliardi spesi per rinvigorire e rinfrescare l'immagine della Russia nel mondo con le Olimpiadi di Sochi...

 
Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di vittorio (---.---.---.138) 10 marzo 2014 13:20

    Ben venga la zona EUROSIATICA (Crimea inclusa e magari anche l’Ucraina visto che senza Crimea diverrebbe una gigantesca palla al piede economico-finaziaria) !

    E noi dell’UE stiamone ben distanti a lasciamo a chi più se ne intende popolazioni totalmente diverse dalle nostre (mongoli, siberiani, chirghisi, ceceni, ecc.) e occupiamoci invece delle nostre gatte da pelare( il declino europeo a fronte dei progressi di Cina, Brasile, USA, ecc.) e dei nostril popoli che vogliono l’indipendenza (Scozia, Catalogna, Paese Basco, ecc.).

    Sono un europeista convinto da sempre ma trovo ridicolo e dannoso, per tutti UE inclusa, che ci si occupi finanziariamente e polticamente di problemi distanti e fuori dalla nostra portata concreta quando non abbiamo tempo e risorse sufficienti neppure per risolvere I nostri problemi interni peraltro ben individuati e, per noi europei, di facile comprensione. (diversamente da Cecenia, ecc.)

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