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Ucciso a coltellate da un immigrato il fratello di un boss della camorra

Finisce in tragedia l’ennesimo episodio di violenza di stampo camorrista, ai danni degli immigrati, ad Afragola.

Afragola, la città dei Moccia, il clan camorristico alleato storico dei “casalesi”, dai tempi di Antonio Bardellino, il cui "mandamento" si estende nell'area nord di Napoli, tra le città di Casoria, Caivano ed Arzano, celebre per la sua boss matriarca, Anna Mazza, la vedova di Gennaro Moccia, prima donna ad essere stata condannata per associazione mafiosa in Italia; nella serata di domenica 26 dicembre, intorno alle 19, ha visto finire in tragedia uno dei tanti episodi di violenza ai danni degli immigrati che periodicamente fanno capolino nelle cronache dei quotidiani locali.

Stando alle cronache, Ferdinando Caccavale, trentasettenne pregiudicato per diversi reati, tra cui spiccano anche diverse aggressioni ai danni degli immigrati, si stava recando a casa di un familiare in via Guerra, una delle tante strade troppo strette e senza marciapiede del centro antico della città, quando, per una dinamica ancora da chiarire, avrebbe avuto una lite con Sevin Akua, un immigrato ivoriano che camminava con i suoi amici sul bordo della strada. 

Forse un contatto, o un "vaffanculo" di troppo, sarebbe stata la causa iniziale di un violento alterco, sfociato poi, successivamente, pochi minuti dopo, in una spedizione punitiva a colpi di spranghe di ferro nei confronti del gruppetto di immigrati. Durante l'aggressione uno degli ivoriani avrebbe estratto un coltello, colpendo per 4 volte Caccavale, morto in ospedale per le ferite riportate.

Sevin Akua è stato arrestato nella stessa serata, nella sua abitazione, dove sarebbe stato trovato anche il coltello usato nella collutazione, ed attualmente si trova in stato di fermo con l'accusa di eccesso di difesa ed omicidio preterintezionale.

E' stato solo grazie all'intervento tempestivo della Polizia di Frattamaggiore che, per il momento, si è evitata una ulteriore tragedia, quando parenti ed amici della vittima, oltre un centinaio di persone, si sono radunati nei pressi del luogo dove è accaduto l'omicidio, con l'intenzione di farsi giustizia da soli nei confronti degli immigrati che vivono ad Afragola, prevalentemente ivoriani e burkinabè che lavorano nelle campagne e nelle piccole imprese della zona. Alcuni immigrati hanno lasciato la città durante la serata di ieri, nel timore di venire colpite dalla violenza cieca degli autoctoni.

L'area nord di Napoli non è nuova ad episodi di intolleranza razziale con protagonisti pregiudicati ed uomini legati ai clan della camorra. Il 15 luglio del 2009, mentre veniva emanata la Legge 15 luglio 2009, n. 94 (ddl 733-b), meglio nota come "pacchetto sicurezza", con la quale veniva introdotto il reato di "immigrazione clandestina", venne gambizzato proprio ad Afragola Yaya Abdel Zampou, un giovane immigrato del Burkina Faso conosciuto dai sindacati e dalle associazioni antirazziste locali per il suo impegno nelle battaglie contro il caporalato. Yaya venne avvicinato da due pregiudicati in scooter mentre andava a casa dopo aver cenato, come di consueto, nella mensa della Caritas. 

Gli "italiani" di Afragola non videro niente ed i due guappi, responsabili dell'agguato, vennero arrestati solo grazie alla testimonianza di un amico di Yaya, un immigrato anche lui, per il quale fu necessario ricorrere alla protezione come testimone di giustizia, dopo aver subìto un tentativo di investimento da un'auto in corsa, due giorni dopo le dichiarazioni rese alla Polizia. Finirono in manette Raffaele Rosmarino, di 59 anni, detto "O Corcionè", e Salvatore Caccavale, di 39 anni, detto "O' Criminale", fratello di Ferdinando Caccavale, il pregiudicato morto accoltellato l'altro ieri, tutti considerati affiliati al clan dei Moccia.

Negli ultimi anni erano stati segnalati diversi episodi di "bullismo" da parte dei giovani di Afragola contro gli immigrati, aggrediti a schiaffi oppure presi a sputi dagli scooter. Episodi che accadono comunemente agli immigrati anche in altri contesti delle province di Napoli e Caserta, che spesso non vengono nemmeno denunciati dalle vittima a causa della condizione di irregolarità amministrativa in cui ricadono gran parte di loro. 

Nel 2009, ad Afragola, le aggressioni segnalate alle associazioni ed ai sindacati ebbero un picco nel periodo precedente l'agguato a colpi di arma da fuoco di cui rimase vittima Yaya Abdel Zampou, nei mesi in cui aumentano le presenze dei braccianti stranieri impegnati nella raccolta dei prodotti della terra nelle campagne circostanti.

Dopo la gambizzazione di Yaya, la CGIL e le principali associazioni del volontariato tennero una manifestazione antirazzista, il 25 luglio del 2009. Dopo quel corteo, che sfilò lungo le strade di Afragola, con l'adesione dell'amministrazione comunale, per un periodo di tempo, fino a pochi giorni fa, significativi episodi di intolleranza razziale ai danni degli immigrati non si erano più verificati. Lo scorso 8 ottobre, allo sciopero dei braccianti stranieri, sulle rotonde stradali dove vengono reclutati dai caporali, la partecipazione degli immigrati che vivono nella città era stata lusinghiera e salutata con simpatia da una significativa parte degli afragolesi, quella dei cittadini che vivono in pace con gli altri.

Commenti all'articolo

  • Di Emiliano Di Marco (---.---.---.102) 28 dicembre 2010 14:35
    Emiliano Di Marco

    Il nome dell’immigrato ivoriano è Kevin e non Sevin, come scritto frettolosamente. Il capo d’accusa sarebbe inoltre stato cambiato in "omicidio volontario con l’aggravante dei futili motivi". Kevin Akua ha negato ogni responsabilità. Tanto per la correttezza dell’informazione.

    Con tante scuse

  • Di Alessio Viscardi (---.---.---.148) 29 dicembre 2010 02:52
    Alessio Viscardi

    Credi che possa verificarsi una specie di Rosarno napoletana? Insomma, uccidere uno di "mezzo alla strada" è uno sgarro che non può passare impunito

  • Di (---.---.---.249) 29 dicembre 2010 12:58

    Ciao Alessio, dopo la morte di Ferdinando Caccavale la situazione ad Afragola è molto delicata; ma in generale, la situazione in cui vivono gli immigrati nelle periferie di Napoli, o sul litorale domitio, nell’entroterra napoletano e casertano, gran parte dei quali sono quelli che sono stati espulsi dalle fabbriche del nord ed hanno perso il permesso di soggiorno, costretti a lavori sottopagati nelle campagne, oppure nelle "imprese" familiari degli italiani, con sistemi di "comando" di tipo paternalistico; rischia di portare prima o poi ad ulteriori esplosioni di violenza etnica (o di "classe"),come è successo già in tutti i paesi europei che hanno una storia di immigrazione più lunga dell’Italia.

    Aggiungiamo che la crisi (anche del modello d’impresa camorristico) spinge aree nelle quali il livello medio d’istruzione è molto basso, dove la qualità della vita è scadente, a ricercare modelli identitari che possono portare ad escludere gli immigrati dal "comune" senso dell’identità locale, ed ecco che incominciamo a capire dove rischiano di portare tutte le aggressioni agli immigrati (sputi, schiaffi, lanci di pietre, gavettoni, etc.) che quotidianamente vengono segnalate alle associazioni. Anche se in gran parte i protagonisti sono giovani aspiranti affiliati ai clan. Forse si tratta ancora di una prova di coraggio che devono sostenere per entrare nelle grazie dei "capi"...

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