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Tutto da rifare, ma la casta vince ancora

A quasi due mesi dalle elezioni di fine febbraio l’Italia è senza governo, ma anche senza speranza.

Quella speranza che era rappresentata da Stefano Rodotà, un candidato che piace al M5S, come pure alla base del centro-sinistra. Avrebbe potuto rappresentare il rinnovamento, una ventata di novità e serietà, aumentando la fiducia nelle istituzioni, oggi sempre più distaccate dalla realtà.

Questo Parlamento non rappresenta più nulla, se non ambizioni di potere e ricerca di posizioni dominanti fra i vari schieramenti politici. Invece di cercare un compromesso serio, di rilancio, di speranza, le parti litigano sempre di più. In cinque scrutini naufraga non solo la politica, bensì scelte invise, tipo Franco Marini (oltre 200 franchi tiratori all’interno del PD) e persino Romano Prodi, il federatore originale del centro sinistra che viene trombato da ben 101 “traditori” interni al PD stesso; una vera e propria débâcle per il Partito Democratico che ora appare straziato e straziante.

Non essendo in grado di eleggere un presidente di cambiamento, i “grandi” statisti, che abbiamo contribuito a eleggere, hanno inteso abbandonare la democrazia parlamentare per affermare, una volta di più, quella presidenziale. PD, PDL e Scelta Civica ma anche presidenti di Regione, tutti sono andati in pellegrinaggio al Colle per inchinarsi di fronte a Re Giorgio a chiedergli di “sacrificarsi” per la Patria, di fatto, ristabilendo la monarchia in Italia.

È rilevante che, per l’Italia, Giorgio Napolitano sia nuovamente necessario per salvare la faccia al paese. Con Re Giorgio II vince ancora, e una volta di più, la troika europea che spinge affinché non ci siano cambiamenti di rotta. Che Napolitano sia il “nuovo” Capo dello Stato non significa che lo qualifichi come tale, tanto è la distanza dal vero desiderio espresso dalla maggioranza del paese. È, invero, un’ammissione di sconfitta per la politica italiana, soprattutto per il Partito Democratico che, da vincitore, anche senza la maggioranza al Senato, poteva comunque garantire un risultato migliore di questo.

Stefano Rodotà era il candidato che avrebbe permesso al PD di evitare inciuci che, oramai, non è più in grado di evitare. Questo porterà il partito alla disfatta peggiore della storia, il centro sinistra scomparirà completamente, esploderà in mille pezzi e si disperderà come cenere al vento. Per sopravvivere il PD, piuttosto di scegliere il candidato indicato da Berlusconi (è lui che ha sempre proposto Napolitano), il PD poteva permettersi il lusso di “lacerarsi” sul nome di Rodotà, piuttosto che affondare la nave, abbandonandola come uno Schettino qualsiasi. Seppur lacerati, la base del centro sinistra avrebbe sorretto comunque i dirigenti del partito e, pur in presenza di qualche mal di pancia, avrebbero superato l’impasse.

Bersani, invece, getta la spugna, si dichiara vinto e sceglie il suicidio politico con una decisione che, pochi giorni fa, lo stesso Capo dello Stato ha così definito:

“Non mi convinceranno a restare. Ora ci vuole il coraggio di fare delle scelte, di guardare avanti, sarebbe sbagliato fare marcia indietro, restare sarebbe una non-soluzione. Tutto quello che avevo da dare ho dato, non attribuitemi scelte salviche. Sono contrario a soluzioni pasticciate, all’estero la definirebbero una ‘soluzione all'italiana’. Tornare indietro sarebbe ai limiti del ridicolo”.

Il limite è stato abbondantemente superato quando si è stabilito una non-decisione che porta, quindi, a una non-soluzione! In più, se a dichiararlo è nientemeno che il nuovo rieletto Capo dello Stato, cioè il salvatore della Patria, allora il fallimento della politica è assolutamente certificato, senza alcun problema di smentita.

Bersani e compagni ora faranno alleanza con Berlusconi e Monti. La dignità, per fare quest’operazione, se la sono guadagnata sul campo di battaglia. È naturale che la resa sia condizionata dal vincitore e non certo dai vinti. Il PD affossa se stesso e fa affossare anche il suo creatore Romano Prodi che grida: “Chi mi ha portato a questa decisione, deve essere consapevole della propria responsabilità”. Una frase dura, che anche il fratello di Prodi, Franco, sottolinea con ancor più forza: “Romano è stato tradito dal suo stesso popolo, ancora una volta”. Proprio così, non è la prima volta che Romano Prodi è tradito così platealmente, mi domando perché creda ancora di essere lui il federatore dei democratici.

La Commissione europea, come volevasi dimostrare, ha accolto con favore la rielezione di Giorgio Napolitano. “La rielezione del presidente Napolitano in un momento così cruciale dell’integrazione europea, garantisce una grande pace interiore ed è sintomo di coraggio e lungimiranza”. Questa frase l’ha dichiarata il presidente della Commissione europe José Manuel Barroso a Bruxelles, che prosegue dicendo che: “Il Parlamento italiano ha approvato il rinnovo dell’incarico presidenziale a Napolitano, visto il successo del primo mandato in cui il Capo dello Stato italiano ha pienamente rispettato il ruolo istituzionale di garante dell’unità nazionale e quale figura di spicco del prestigio internazionale dell’Italia”. 

Anche il presidente del Parlamento europeoMartin Schulz, si è dichiarato: “Fiducioso che Napolitano aiuterà l’Italia a uscire fuori dalla situazione di stallo. Sono grato al presidente italiano che abbia accettato la rielezione in questo momento difficile, sono certo che ci sarà il ritorno alla stabilità. Questo è necessario non solo per l’Italia, ma per tutta l’Europa”.

Avevo profetizzato che sarebbe stato eletto Giuliano Amato quale nuovo presidente della Repubblica. Mi sbagliavo, almeno in parte: Amato sarà davvero il nuovo presidente, ma del Consiglio dei Ministri. E la casta vincerà sul popolo 2-0, entrambi segnati ai calci di rigore e a... "porta libera".

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