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Tutti pazzi per l’eterologa

La sentenza 162/2014 della Corte costituzionale, vero e proprio certificato di morte per una delle leggi più liberticide che siano mai venute fuori dal Parlamento italiano, sembra aver gettato nel panico un po’ tutti. In realtà c’era da aspettarselo visto che a cadere è stato il divieto di ricorso a gameti di donatori esterni alla coppia, uno degli ultimi pilastri della controversa legge sulla procreazione medicalmente assistita “concepita”, lei sì (la legge 40), tramite fecondazione eterologa di ovuli di stato laico con spermatozoi di stato etico.

Il panico, dicevamo, ha fatto presa su tutte le parti. I clericali sostenitori del diritto alla vita degli embrioni, ma non di quello alla genitorialità consapevole degli individui, hanno accusato il colpo e si sono resi conto di essere stati disarmati. La situazione creatasi è decisamente sfavorevole per loro, la caduta del divieto è stata una vera iattura e dunque occorre cercare di correre ai ripari nel più breve tempo possibile, quantomeno per cercare di arginare il fenomeno. Il problema è che “breve” è un concetto molto relativo, e quando si parla di norme diventa almeno lungo mesi, se non addirittura anni. L’unico mezzo di contenimento efficace potrebbe quindi essere solo di natura regolamentare, ed ecco quindi che la ministra della Salute, Beatrice Lorenzinsi è affrettata a chiarire che la sentenza della Consulta non può trovare immediata applicazione, non prima almeno che venga emanato un decreto per l’adozione di apposite linee guida. Per questo motivo Lorenzin ha subito nominato un comitato di esperti affidandogli l’incarico di redigere un documento da utilizzare come base per il decreto. La ministra promette tempi rapidi e rispetto dei termini della sentenza, ma poiché non sarebbe la prima volta che il governo promette una cosa e ne fa un’altra, dubitare diventa quasi obbligatorio. Tanto per citare la più recente: l’esenzione Ici per la Chiesa, contrastata dall’Europa ma poi diventata esenzione Imu, e adesso anche Tasi, facendo leva su interpretazioni fantasiose e arbitrarie del concetto di aiuto di stato, con buona pace del rispetto delle sentenze.

Intanto gli esperti hanno già inviato al ministero le loro conclusioni, e a sua volta il ministero ha frettolosamente diramato una nota generando ulteriore panico; in un primo momento, infatti, si era sparsa la voce che vi fosse un limite di 35 anni per le aspiranti mamme, così Lorenzin ha dovuto nuovamente intervenire per chiarire che il limite dovrebbe invece riguardare le donatrici.

beatrice-lorenzin

Il punto però al momento è un altro: chi ha detto che nel frattempo si deve bloccare tutto? Questa è l’interpretazione della Lorenzinnotoriamente contraria all’eterologa, non certo della Consulta che anzi ha scritto nella sentenza, facendo anche riferimento a un’altra precedente sentenza, che prima della legge 40 l’applicazione delle tecniche di fecondazione eterologa era “lecita ed ammessa senza limiti né soggettivi né oggettivi”. Non solo, i giudici fanno anche notare che nel 1997 a praticare la fecondazione eterologa erano ben 75 centri privati operanti in un quadro in cui vigevano già una serie di limitazioni di ordine sanitario, e che ad essi oggi la stessa legge 40, nella parte tuttora rimasta in vigore, aggiunge altre norme di garanzia quali, ad esempio, il divieto di commercializzazione dei gameti e il riconoscimento dei figli. Ne consegue per forza di cose, come rilevato anche dai giuristi promotori di un manifesto per l’immediata attuazione della sentenza, che l’abrogazione del divieto di fecondazione eterologa non crea affatto un vuoto normativo, ma anzi determina una situazione migliore a quella che si avrebbe riportando semplicemente l’orologio indietro, a prima dell’entrata in vigore della legge 40. Checché ne dica la ministra. E sembrano esserne coscienti anche i medici presi da un altro tipo di panico, quello cioè dettato dal timore che le preannunciate linee guida finiscano per ripristinare parte dei divieti introdotti con la legge 40 e sradicati dalla sentenza della Consulta, e che quindi li spinge a non attendere oltre. Non si può certo biasimarli per questo.

Al momento le gravidanze già avviate mediante gameti provenienti da donatori sarebbero quattro. Tre di queste sarebbero portate avanti da donne residenti a Roma e l’annuncio è stato dato da Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni, mentre per la quarta si tratterebbe di una donna pugliese che si è recata a Milano per sottoporsi all’intervento presso la clinica “Matris” del noto ginecologo Severino Antinori, che naturalmente ha dato l’annuncio in prima persona. Nel caso di Milano c’è anche stata una vicenda collaterale. Il fatto che la struttura dov’è stato praticato l’intervento fosse nota da subito ha fatto sì che i Nas dei Carabinieri, non si sa se sollecitati da qualcuno, bussassero alla porta di Antinori per un’ispezione. Il ginecologo non ha però gradito la visita, per lui si tratta di un atto intimidatorio bello e buono e punta il dito sulla ministra da lui ritenuta il vero deus ex machina, arrivando a minacciare una querela per abuso d’ufficio. Dal canto suo Lorenzin nega di aver ordinato un blitz, ma ribadisce che non è possibile iniziare ad attuare gravidanze con gameti donati prima che siano state definite delle regole chiare a tutela di tutte le parti coinvolte.

Secondo alcune indiscrezioni raccolte dal Corriere non ci sarebbe stato in realtà nessun intervento presso la clinica di Antinori, il tutto non sarebbe altro che una montatura messa su dal medico con il solo scopo di farsi pubblicità, ma lo stesso giornale rivela anche di aver ricevuto una telefonata da una donna pugliese che afferma di essere incinta proprio grazie al dottor Antinori, e che sostiene di aver già tentato in precedenza, seppur senza fortuna, di sottoporsi allo stesso intervento in Svizzera. A questo punto non rimane che attendere l’esito dell’ispezione dei Nas per capire se è tutto vero e, soprattutto, se saranno state riscontrate delle violazioni di legge nella procedura.

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