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Turkmenistan, denunciò la tortura: disposto a morire se non sarà riconosciuto innocente

Mentre leggete questo post, Mansur Mingelov potrebbe essere già morto .Oppure potrebbe aver cessato lo sciopero della fame e della sete intrapreso il 19 maggio. O potrebbe essere alimentato e reidratato a forza su ordine della direzione delle prigioni del suo paese, il Turkmenistan, da cui arrivano sempre storie estreme (ricordate quella dell’allevatore di cavalli?)

Quello che è certo è che la settimana scorsa Mingelov ha detto "no" a suo padre, che era accorso in prigione per scongiurarlo almeno a riprendere a bere: “O mi riconosceranno innocente o morirò con dignità”, ha detto.

Mingelov sta scontando, nella prigione di Seidi, una condanna a 22 anni di carcere inflittagli il 10 settembre 2012 per i vergognosi reati di “coinvolgimento di minorenni in azioni socialmente inappropriate” e produzione e distribuzione di materiale pedopornografico, nonché per reati di droga.

Il processo, secondo quanto ricostruito da Amnesty International, è stato una parodia della giustizia. La condanna si è basata sulla testimonianza di quattro presunte vittime che non capivano la lingua turkmena, costrette a firmare con percosse e minacce dichiarazioni del tutto incomprensibili. Non c’è stato alcun confronto tra i quattro testimoni e Mingelov, che non è mai stato assistito da un avvocato di sua scelta.

Durante il processo, Mingelov ha detto a più riprese (e continua a sostenerlo) che i video pedopornografici trovati nel suo computer erano stati caricati dai servizi di sicurezza.

Mingelov era stato arrestato tre mesi prima, dopo che aveva documentato l’uso della tortura nei confronti dei detenuti della minoranza etnica dei baluci, nella provincia di Mary. Dopo 15 giorni, durante i quali era stato picchiato a sua volta, era stato rilasciato e aveva denunciato il trattamento subito. Due agenti di polizia erano stati rimossi dall’incarico.

Tornato in libertà, aveva completato il suo rapporto sulla tortura, descrivendo casi di uso delle scariche elettriche, di schiacciamento dello scroto con le pinze, di punteruoli conficcati in varie parti del corpo e altre atrocità. Aveva trasmesso il suo rapporto all’ufficio del procuratore generale, all’ambasciata statunitense nella capitale Ashgabat e all’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa.

Poi il nuovo arresto e la condanna.

Mingelov merita quanto meno un nuovo processo, imparziale. Se sarà ancora vivo per assistervi.

 

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