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Turchia: licenziati, in sciopero della fame da 80 giorni e ora in carcere

Lavoro | Nuriye Gülmen, docente universitaria, e Semih Özakça, insegnante di scuola elementare, sono due dei circa 100.000 dipendenti del settore pubblico licenziati in Turchia all’indomani del fallito colpo di stato dello scorso luglio

 

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Da quando sono stati licenziati, nel novembre 2016, hanno intrapreso una protesta pubblica di fronte al monumento ai diritti umani, nel centro della capitale Ankara. Il 9 marzo hanno avviato uno sciopero della fame, ancora in corso, e dal 22 maggio sono agli arresti (nella foto ripresa da Twitter, Nuriye Gülmen viene portata via da agenti in borghese).

Gülmen e Özakça sono ora accusati di “appartenenza a un’organizzazione terroristica” e di “propaganda per un’organizzazione terroristica”, il Partito rivoluzionario di liberazione popolare – Fronte (Dhkp-C), un gruppo armato di estrema sinistra dichiarato fuorilegge. Loro negano ogni rapporto col Dhkp-C.

Vi è ora il timore che i due prigionieri possano essere alimentati a forza. Lo consentirebbe, addirittura non prevedendo il consenso degli interessati, l’articolo 82 della legge n. 5275 sull’esecuzione delle sentenze. Un’azione del genere costituirebbe, ai sensi del diritto internazionale, un trattamento crudele, inumano o degradante.

Le autorità turche dovrebbero, al contrario, non forzare né punire i detenuti in sciopero della fame e garantire loro le cure mediche e l’assistenza necessarie.

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