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Tribunale dei Ministri? Una fesseria

Come si conviene a ogni pagliaccio che si rispetti, anche per Berlusconi è arrivato il momento di lavarsi via il cerone dal viso, levarsi il naso rosso e appendere gli scarponi di gomma al chiodo. Le regole del palcoscenico non valgono nella vita reale: quando cala il sipario, il pagliaccio toglie il trucco e torna alla sua faccia naturale. Se ancora ne ha una.

Il gip Cristina Di Censo ha rinviato a giudizio immediato Silvio Berlusconi e la prima udienza dovrebbe aver luogo il 6 aprile. La linea difensiva del Cavaliere, al di là delle varie leggi sconquassa-processi che il Parlamento tenterà di approvare, si incentrerà principalmente su un punto: la presunta incompetenza della magistratura ordinaria a giudicare Berlusconi, e il trasferimento degli atti al Tribunale dei Ministri. Il perché è facilmente intuibile. Nel caso in cui il giudizio fosse ritenuto competenza del TdM, il Parlamento dovrà autorizzare i giudici a procedere nei confronti dell’imputato. E il Parlamento, di questo si può esserne certi, negherà l’autorizzazione.

La competenza del Collegio ministeriale interviene laddove si ravvisi che il reato integrato dal Premier sia stato commesso nell’esercizio delle sue funzioni. Il nodo della faccenda è tutto qui. Affinché il reato commesso rientri nell’esercizio delle funzioni di presidente del Consiglio, è assolutamente necessario dimostrare che Berlusconi era realmente convinto che Ruby fosse la nipote di Mubarak, quando fece la famosa telefonata in questura. Solo così infatti la concussione sarebbe stata integrata per scongiurare una presunta crisi internazionale tra Italia ed Egitto. Insomma, la Corte Costituzionale, che giudica di chi sia la competenza, dovrebbe bersi la balla che Ruby, prostituta minorenne marocchina, sia stata davvero conosciuta dal nostro B. in qualità di nipote dell’ex dittatore egiziano. E passi.

Ma allora non si spiegherebbe perché la nipote di un leader straniero non fu affidata a persone di fiducia, essendo stata invece consegnata alle "cure" di un’altra prostituta, Michelle. Né si spiegherebbe perché Berlusconi non si sia più preoccupato di che fine avesse fatto la povera Ruby. Non si spiega perché B. non abbia chiamato il Ministro degli Esteri, e l’ambasciata al Cairo per mettere Mubarak al corrente delle condizioni della sua familiare. Infine, non si spiega perché i rapporti internazionali debbano spettare al premier e non, come vuole la Costituzione (art. 95), all’ameba che occupa la Farnesina, Frattini. Se si temeva una crisi internazionale, tali riflessioni non solo erano doverose, ma soprattutto necessarie.

Se qualcuno ancora crede alle fesserie dei corifei berlusconiani, alziamo le mani. Non spetta a noi, che siamo soliti ridere dei gonzi, il compito di riportarli alla ragione. Ma, sebbene i fessi in circolazione non siano mai troppo pochi, che cominciassero la conta tra le loro fila. Perché anche l’allocco, a volte, prova vergogna e tace, al cospetto dell’evidenza.

Non c’è quindi esercizio delle funzioni che tenga per scagionare Berlusconi. Tutti i pagliacci sanno che a ripeter troppe volte lo stesso numero si rischia poi di cadere nel noioso e nella tristezza dell’assillo. L’ articolo 317 del Codice Penale, che regola la concussione, calza a pennello: “Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità e dei suoi poteri costringe o induce taluno a dare o promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni”.

Giù il sipario.

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