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Tria a Mezz’ora in più di Lucia Annunziata: le fate ignoranti. E lo sono

Ieri mi è capitato di guardare la puntata di “Mezz’ora in più“, il programma di Lucia Annunziata su RaiTre. Ospite da remoto era il ministro dell’Economia, Giovanni Tria. È stato un momento di vera satira involontaria, di quelli che ormai si trovano solo nelle trasmissioni di cosiddetto “approfondimento” giornalistico.

Si parte subito con l’Annunziata che premette che dagli Spring Meetings del FMI, a Washington “esce un’immagine dell’Italia molto più rafforzata, molto più affidabile”. Da cosa si colga, questa riacquistata autorevolezza e credibilità del paese che è rapidamente diventato il modello planetario di politiche economiche di purissimo autolesionismo, non è dato sapere. Ma i nostri sono talmente watchdog da fare ammutolire l’interlocutore, aggredendolo con le loro ficcanti argomentazioni.

Ad un certo punto, la Annunziata introduce il tema che tanto fa salivare il nostro giornalista collettivo, la flat tax. Lo fa premettendo che tale misura si sommerebbe ad altri esborsi, conseguenti alle misure adottate quest’anno, come reddito di cittadinanza e Quota 100. La premessa di Annunziata è la seguente:

Complessivamente, per le politiche del lavoro e le politiche delle pensioni, la Ragioneria, la sua stessa Ragioneria, ha stimato già un aumento della spesa di 95 miliardi in tre anni. In tre anni, insomma, non è una cifra enorme.

In effetti, è solo il 5,6% di Pil in un triennio, Annunziata, che sarà mai?

Segue immancabile citazione dello stesso Tria, dei tempi in cui egli si diceva d’accordo con lo spostamento del carico fiscale dalle imposte sui redditi a quelle sui consumi. Tria (ri)spiega con molta pazienza la sua posizione, ribadendo che l’aumento Iva è anche uno strumento di recupero di competitività, nella misura in cui colpisce beni importati (yawn). Puntuale, giunge la semplificazione di Annunziata, la cui missione “é far capire chi ci ascolta”:

Quindi per lei le tasse indirette [sic] non sono un tabù, diciamo. Lo terrà molto in considerazione.

E lo sgub è servito. Ora, a parte l’italiano disassato, Annunziata (e molti altri suoi colleghi) su questa vicenda degli aumenti Iva proprio non riesce a farsi entrare in testa che le clausole di salvaguardia causeranno aumento dell’Iva dal primo gennaio non per ridurre l’Irpef ma per ridurre il deficit. Ora, ditemi: è davvero così difficile unire questi due ultimi puntini e smettere di ripetere ossessivamente che Tria “era favorevole all’aumento Iva”, e di conseguenza che la cosa “non è tabù”? Perché sarebbe anche ora di piantarla di dire sciocchezze.

Ancora sulla flat tax, Tria ribadisce l’ovvio, cioè che deve essere coerente col dettato costituzionale, cioè concorrere alla progressività del sistema tributario, e quindi che per ottenere ciò si potrebbe agire su detrazioni e deduzioni. Ancor più pronta, ecco l’Annunziata che replica:

Però ministro, sono ignorante ma questa non è più flat tax. Flat tax è, diciamo, una cifra per tutti.

Siamo d’accordissimo con Annunziata: è ignorante. Ah, quella che lei descrive non è manco una flat tax bensì una imposta capitaria. Ma non sottilizziamo. Il problema vero è questo pervertimento della lingua, per cui in questo ridicolo paese abbiamo quotidianamente titoli ed articoli di giornale che si chiedono pensosamente se avremo “una flat tax a due o tre aliquote”, ed altre consimili stronzate.

E veniamo al “rischio patrimoniale”. Che Tria rigetta nettamente (e che altro avrebbe dovuto dire?), perché “colpirebbe al cuore i risparmi degli italiani”. E qui, Annunziata si ricorda di essere de sinistra, e si esibisce subito in questa volée:

Io sono tra gli stupidi convinti che quando uno comincia a tagliare le pensioni, a bloccare l’indicizzazione delle pensioni, quella è una forma di patrimoniale.

Anche qui, sarei tentato di dare ragione alla Annunziata, almeno sull’incipit, ma aver creato una patrimoniale sui redditi va oltre. Oltre ogni limite di ridicolo, soprattutto.

La domanda resta quella: come è possibile avere giornalisti che non hanno idea degli ordini di grandezza del bilancio pubblico italiano, oltre che del concetto di proporzionalità e della distinzione tra reddito e patrimonio, e mantenerli al loro posto, che non è esattamente quello di un redattore ordinario? Oddio, è vero che viviamo nell’epoca degli scappati di casa che non distinguerebbero un bilancio da un estintore, ed è altresì vero che Annunziata è geologicamente anteriore ad essi, avendo solcato decenni di giornalismo italiano, e che è una “generalista”, nel senso che non si occupa di economia. Ma qui siamo davvero alle basi. E non necessariamente dell’economia.

Ma è altrettanto probabile, per non dire certo, che questi surreali sfondoni scivoleranno placidi sullo stagno dell’ignoranza italiana, che sta ormai minando il paese dalle fondamenta.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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