• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Cronaca > Tonino, un fiore nella "fetenzia"

Tonino, un fiore nella "fetenzia"

Antonio "Tonino"Esposito Ferraioli, cuoco e sindacalista. Ucciso dalla camorra 30 anni fa. In attesa di giustizia

Pagani (Salerno)

Ad agosto sono trascorsi trent’anni. Non sono bastati per avere giustizia. Perché i morti non sono tutti uguali. Il 30 agosto 1978 , a Pagani, moriva Antonio Eposito Ferraioli. Anzi no, veniva ammazzato, che non è esattamente la stessa cosa.

Non era un camorrista, Tonino. Né un combattente dell’antistato, almeno non come certa pubblicistica giornalistica e cinematografica ci ha abituati a pensare. Non indossava divise militari, né una toga. La politica gli interessa come un po’ a tutti in quella fase storica delle contrapposizioni ideologiche esasperate, ma non era la sua ragione di vita.

Ventisette anni da poco compiuti puntava piuttosto alla concretezza delle piccole cose: consolidare il suo lavoro di cuoco alla mensa aziendale della Fatme per sposare finalmente la sua Angela. E proprio a casa della fidanzata di sempre era stato quella sera. Cena con la famiglia e quattro chiacchiere: faremo, vedremo, costruiremo. Insieme. Un concetto così elementare. Insieme. Non ciascuno da una parte, ma complementarmente. Come il lavoro, nei fatti già condiviso: Angela fa l’inserviente nella stessa mensa in cui Tonino cucina. Due metà. Un intero. Si fa tardi quella sera, perché d’estate le ore in allegria scorrono più velocemente. Sono le 2.00 quando Tonino saluta Angela che si affaccia dal balcone, seguendo con lo sguardo timido il suo amore che va via. Da poco Tonino ha comprato una Citroen di cui va orgogliosissimo. È parcheggiata proprio lì sotto, a due passi. Apre lo sportello. Saluta Angela con la mano.

Un colpo di lupara. Alla schiena. Tonino si accascia. Angela urla contro un A112 blu. Corre in strada e chiede aiuto. Invano. Dalle “palazzine”, un groviglio di case l’una sull’altra, nessuno sembra interessato a sapere cosa è accaduto. Eppure fa caldo: tutti hanno balconi e finestre spalancati. Non possono essere rimaste inascoltate le urla di Angela e, ancora prima, quel fragore improvviso. Il quartiere, invece, sembra avvolto in un incantesimo di silenzio. Solo quando arrivano le volanti la strada si anima di curiosi, quelli che restano lì per vedere “che succede” , ma che, fatalmente non hanno visto né sentito e che, come i pendolari del “giorno della civetta”, si guadano tra loro dicendo “perché, hanno sparato?”.

Tonino non c’è. È ancora vivo ed è stato trasportato all’ospedale di Via Santa Chiara. Fa in tempo a vedere il fratello, mentre lo portano a fare una radiografia: “mi manca il respiro”gli dice.

Muore così. Dopo un’ora.

Sapere chi e perché. Questo vuole la sua famiglia. Tonino non aveva grilli per la testa. “Forse hanno sbagliato persona”. E invece no, i killer cercavano proprio lui. Pare lo abbiano aspettato per ore sotto casa di Angela. Ma perché?

Tonino Esposito Ferraioli era delegato Cgil alla Fatme (poi) Ericsson, stimato dagli operai per la sua educazione e per l’attenzione che prestava nella preparazione dei pasti. Nelle ore libere si impegnava con un gruppo di scout per dare una mano ai portatori di handicap. Pare che qualche settimana prima, il suocero sia stato fermato per strada da amici degli amici che gli “suggerirono” di far calmare un po’ quel giovanotto idealista e impiccione. Del suo lavoro parlava in casa. Al fratello aveva raccontato di qualche screzio con i datori di lavoro. Per la tredicesima. E per togliere “la fetenzia” dalla mensa. Il termine, apparentemente banale utilizzato dalla mamma, Assunta Messano, in un cortometraggio sulla vicenda di suo figlio, è in realtà la più disarmante e lucida analisi di quanto accaduto. Fetenzia.

Una delle battaglie sindacali di Tonino aveva l’obiettivo di migliorare la qualità del cibo alla mensa della Fatme. “Il Ferraioli – si legge in un’interrogazione parlamentare del Pci nel 1980 – si era spesso lamentato della scarsa qualità della carne destinata alla mensa… esasperato dalle continue lamentele delle maestranze, intendeva denunciare pubblicamente i gravi abusi”.

Tonino aveva anche scoperto, in seguito all’arrivo di certe partite di carne avariata, una truffa a danno della Comunità europea organizzata dalla camorra in combutta con gli amministratori comunali di Pagani. All’epoca la camorra controllava l’indotto di quella che era la più importante fabbrica dell’agro nocerino-sarnese, e gestiva il giro d’affari legato agli appalti. Il sindacato figurava tra i suoi principali nemici, come dimostra l’attentato alla macchina di una sindacalista Fatme avvenuta poco tempo prima (la stessa che aveva convinto Tonino a diventare sindacalista anche lui). Così Corrado Stajano ricorda quel tragico periodo nel suo libro “Terremoto”: “Le intimidazioni, le aggressioni e gli attentati ai sindacalisti sono sempre più numerosi; e sono violenze non contro il sindacato simbolo, ma contro il sindacato che ostacola il programma camorristico e lo danneggia economicamente”. Anche l’omicidio di Tonino, secondo Stajano, si inquadra in questo scenario.

Ricostruzioni, voci, sussurri, sguardi bassi.

Nessun colpevole.

Negli anni 80 fu avviato un processo a carico di Giuseppe De Vivo, pregiudicato paganese, e di Aldo Mancino, imprenditore ed ex amministratore comunale Dc di Pagani. Il fascicolo processuale finì nelle mani dell’allora sostituto della Repubblica Nicola Giacumbi che, sette mesi dopo, sarebbe stato ammazzato dalle Brigate Rosse. All’inizio degli anni 90, dopo un tormentato iter istruttorio, i due indagati furono prosciolti. Nel 2002 il pm antimafia Vito Di Nicola di Salerno ha chiesto di riaprire l’indagine, ma a tutt’oggi i mandanti e gli autori del delitto sono rimasti impuniti.

Gli anni passano e la famiglia di Tonino si chiude in sé stessa, accartocciata attorno al suo dolore. Non ha il sostegno delle istituzioni e della comunità. In molti gli suggeriscono di continuare nel ricordo di Tonino. Consiglio saggio se non fosse che per tanti è in realtà l’invito a “farsi i fatti propri, perché tanto…ormai”. La vita prosegue per la famiglia Esposito Ferraioli che talore, per strada, incontra qualcuno che potrebbe essere coinvolto nell’assassinio. Gente conosciuta in paese, in molti casi anche rispettata.

Per il resto il destino che prosegue a tessere la sua tela. Angela conosce un altro amore. Si sposa . Diventa mamma. E un’altra mamma ha continuato a piangere suo figlio. È Assunta, morta due mesi fa a quasi 100 anni, che ogni giorno ha continuato a versare lacrime amare per il suo fiore reciso. A dispetto della ritrosia dei figli, che parlano della storia di Tonino con mille paure, lei è sembrata sempre un treno in corsa. Ti diceva “parlate con questo”, “chiedete a quello”, “è andata così”. Ci ha creduto fino all’ultima nella giustizia.
Alla fine si è arresa

Commenti all'articolo

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares




Ultimi commenti