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 Home page > Tribuna Libera > Terrorismo. I laici e i musulmani, insieme in mezzo al guado

Terrorismo. I laici e i musulmani, insieme in mezzo al guado

La strage al resort di Sousse. La decapitazione di Lione. Uno stato di quasi-guerra nel Sinai. Altri attentati in Kuwait e in Somalia. E la “normalità” di avere da un anno un califfato che ogni giorno che passa si inventa efferatezze sempre più indicibili. Una marea montante che sembra non trovare ostacoli, a parte il popolo curdo. Che un triste finale sia già scritto?

Vien da pensarlo, a giudicare dalle reazioni. Che già definirle “reazioni” è andar ben oltre l’eufemismo. I più si limitano ormai a prender nota, diffondendo dichiarazioni tanto indignate quanto ormai banalmente rituali. Una minoranza è invece quasi contenta di poter sfoggiare liberamente i propri istinti più bassi. Le cronache non sembrano offrire altro che una recita a soggetto.

Capita per esempio che la fondazione Moressa conduca un sondaggio tra i musulmani italiani, stimati in un milione e seicentomila. L’88,5% nega che l’Isis sia vero islam, l’8,5% ritiene che lo interpreti male, il 3,1% pensa che l’Isis voglia diffondere “il vero islam”. Cinquantamila musulmani che non sono quindi classificabili tutti come terroristi, e nemmeno come fiancheggiatori. Qualcuno magari sì. Un caso conclamato riguardante una famiglia italiana è tra l’altro appena venuto alla luce.

Ma anche gli altri non devono essere sottovalutati, se appena appena conosciamo come funziona il fenomeno della polarizzazione di gruppo. Repubblica minimizza però il tutto sotto il titolo Nell’islam d’Italia 9 su 10 contro l’Is. Gli identitaristi le replicano prontamente sparando in prima pagina Terrorismo, in Italia abbiamo 50 mila tifosi dell’Isis (Libero) e In Italia 50mila musulmani pronti a sostenere il Califfato (il Giornale). A quando una stampa libera di lasciar libero il lettore di formarsi un’opinione basandosi sui dati oggettivi?

E che dire dell’equiparazione musulmano = terrorismo, o della sua variante light “non tutti i musulmani sono terroristi, ma i terroristi sono tutti musulmani”? Si potrebbe replicare pari pari sostituendo “identitaristi” a “musulmani”, visto che Anders Breivik e Dylann Roof lo sono anch’essi. Un accostamento che le Meloni e i Salvini, e tutti quelli dall’accostamento facile, rifiutano invece sdegnosamente.

Internazionale ha pubblicato in proposito una statistica significativa: negli Usa, a partire del 2002, le vittime del terrorismo jihadista sono state 26, quelle del terrorismo non jihadista 48. E tuttavia, la domanda sorge anche qui spontanea: perché partire dal 2002 e non — per esempio — dal 2001?

Tocca inoltre leggere che 120 parlamentari britannici hanno chiesto che la Bbc censuri la parola “islamico” dalla ragione sociale “Stato islamico”. Così sarà colpa soltanto dello Stato: una proposta ultra-liberista, a prima vista. In pratica, si tratta invece di politically ultra-correct e di negazionismo camuffato. Praticato persino dal governo francese, come ha sottolineato mesi fa Michel Onfray. A proposito di libertà di stampa:la Bbc ha detto “no”.

Così sembra andare il mondo. Sembra diviso in tre: terroristi islamici che ricordano i nazisti; identitaristi che, se fossero nati in un paese di tradizione musulmana, non si collocherebbero troppo lontano dal terrorismo islamico; e leader politici che nel 1939 (e fors’anche nel 1945) non avrebbero fatto nulla di concreto contro il nazismo.

Ma il mondo è molto più complesso di quanto può apparire. Ci sono i laici, tanti laici. Ma non si sentono. Perché sono — ammettiamolo — parecchio spaesati. Non vogliono parlare di “scontro di civiltà”, anche se potrebbero quantomeno rilevare che uno scontro di inciviltà è in corso, ed è alquanto virulento. Non osano in alcun modo criticare l’islam per paura di passare per razzisti: ma in tal modo fanno proprio il gioco dei razzisti, come Charb ha denunciato nel suo eccellente libro postumo.

Nessuno pare domandarsi cosa potrebbe accadere se, putacaso domani, l’Isis entrasse in possesso di qualche ordigno atomico. Proposte laiche non se ne trovano. Chissà, si potrebbe forse cominciare chiedendo sanzioni contro quei paesi, Arabia Saudita in primis, la cui teoria e la cui prassi non sono molto diverse da quelle dell’Isis. Paesi con cui l’Occidente continua a fare affari come se niente fosse.

E ci sono anche i musulmani, tanti musulmani. Si prevede che, nel giro di sessant’anni, costituiranno la comunità di fede numero uno sul pianeta. Anche la loro voce non si sente, e anch’essi non hanno molto da dire, in questo frangente. Repubblica ha enfatizzato il numero di chi, a Sousse, è sceso in piazza contro il terrorismo. Un numero che però è identico a quello di coloro che, da Sousse, sono partiti per combattere con lo Stato Islamico.

Degli altri 170.000 abitanti della città (e in particolare delle donne) non è dato sapere come la pensino. Stanno a guardare, come alieni capitati in un mondo impazzito. Eppure dovrebbero essere consci che la strage potrebbe portare al tracollo di un’economia largamente basata sul turismo com’è quella tunisina. Allo stesso modo, i musulmani francesi dovrebbero rendersi conto che, in futuro, sarà forse più difficile essere assunti da imprenditori che non hanno le loro stesse convinzioni.

I musulmani non possono più tergiversare: ne va del loro futuro, ne va della loro religione. E, forse, anche della civiltà umana. Di quel poco che è possibile rintracciare, quantomeno.

Raffaele Carcano

Questo articolo è stato pubblicato qui

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