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Terra dei Fuochi: in migliaia in marcia contro lo scempio della terra - PHOTOGALLERY

La Chiesa moblita migliaia di persone per la Marcia per la Vita da Orta a Caivano di venerdì 4 ottobre.

Un mare di gente. Il popolo che vive nella Terra dei Fuochi ha lasciato le case ed è scesa in piazza per dire no all’inquinamento, per chiedere interventi risolutivi, per far conoscere il dramma vissuto nelle proprie famiglie: migliaia di morti per cancro, adulti e soprattutto tanti bambini, non possono non essere collegate agli sversamenti illegali, ai rifiuti tombati, all’immondizia e agli scarti industriali dati, ogni giorno, alle fiamme. 

La Chiesa ha preso una posizione chiara ed ha portato, in marcia, da Orta a Caivano, decine di migliaia di persone. Trentamila secondo alcuni, sessantamila dicono i parroci. Un evento comunque straordinario per questa parte d'Italia, tristemente nota per essere stata compromessa dall'azione devastatrice sull'ambiente da parte della Camorra che, qui, ha lucrato con lo smaltimento illecito dei rifiuti industriali. Ecco il manifesto in cui la Chiesa richiama, in maniera forte, alla responsabilità rispetto al dramma vissuto dalla gente. Parole che sono, però, anche un’ammissione delle colpe: “Per troppo tempo il silenzio ci ha reso complici di questa devastazione. Abbiamo permesso agli sciacalli di bruciare le nostre radici”.

Ha le braccia tese sulla testa, porta la foto gigante di suo figlio, camminerà così per chilometri. Le scendono le lacrime ma sorride per rispondere ad alcuni bambini che le chiedono perché piange: “Perché lui non c’è più”. “E dov’è? E’ morto?” sono le domande dirette dei piccoli. Ora l’emozione coinvolge anche un’altra donna che le è accanto e tutti quelli che assistono alla scena: “E’ da un’altra parte ma è sempre con me, con noi”. Viene da Casalnuovo di Napoli, suo figlio è morto, per un tumore, a nove anni e mezzo. Non un caso isolato, non una disgrazia di una sola famiglia. Qui, tra Caserta Sud e Napoli Nord, se ne contano a migliaia. Ogni anno. Morti di cancro.

La Marcia per la Vita si è svolta nel giorno che la Chiesa cattolica dedica al ricordo di San Francesco, il 4 ottobre. Voluta dal vescovo di Aversa, Angelo Spinillo, e da tutta la diocesi alla quale appartiene anche la parrocchia di Parco Verde a Caivano, guidata da don Maurizio Patriciello, la manifestazione ha sancito attraverso una sorta di manifesto, letto all’inizio del corteo, la posizione chiara, netta della Chiesa aversana contro la devastazione di questo territorio. Ecco una sintesi:

“Non possiamo e non vogliamo rinunciare al diritto di vivere in questa nostra terra. Ci sentiamo vicini a chi ha dovuto abbandonare la loro terra e, sulle nostre coste, ha trovato la morte. Abbiamo permesso per troppo tempo e a troppi sciacalli di bruciare le nostre radici. Ci siamo resi complici col nostro silenzio. Ma ora vogliamo dire il nostro basta e riappropriarci della nostra terra e, a coloro che l’anno violata, dire che non permetteremo più a nessuno di approfittarne. Qual è il motivo di questa marcia? Questa giornata sarà ricordata a lungo. Siamo qui in tanti per celebrare la vita. Siamo forti per la varietà di voci convenute qui oggi. Voci diverse che dimostrano quanto sia vero. Voci per gridare insieme che questa situazione è grave e intollerabile, offende la dignità dell’uomo, mortifica il progetto di Dio. Tutta la comunità, da Caivano a Villa Literno, a Frattamaggiore è vittima di questo scempio. Siamo più forti ormai. Non possiamo non agire, non possiamo tenere in tasca le nostre mani pulite perché la comunità di Dio richiama, soprattutto, alle opere da realizzare con continuità e con forza. E’ un momento di assoluta emergenza. Alla base di questa emergenza ci sono: la camorra, le forme di diffusa illegalità, la mancanza di lavoro e la debolezza dei pubblici poteri. Ma in questo momento va arginata la minaccia di morte che viene dall’inquinamento del terreno, dell’acqua e dell’aria. La Chiesa è parte integrante di questo territorio e deve dare coraggio a tutti coloro che amano il territorio e amano vivere qui. La Chiesa è solidale con quanti sono impegnati nella ricerca di un giusto ordine economico mondiale.

Rispetto al problema dei rifiuti tossici industriali ancora attendiamo risultati. Chiediamo: primo, la conversione ecologica, un processo che ci porti a nuovi stili di vita rispettosi della creazione, dell’uomo e della sua diginità; un profondo rinnovamento dell’economia e del nostro modo di vivere. Una disciplina fatta anche di rinunce e di riconoscimento che il Creato appartiene agli altri tanto quanto a noi. Una disciplina della responsabilità nei riguardi del futuro. Secondo: giustizia e sostenibilità. Impegno per la tutela della sostenibilità del nostro territorio, una responsabilità che impone anche la giustizia, perché a sopportarne le conseguenze sono spesso i più poveri. Nemmeno il peso della crisi economica che investe tutta la comunità internazionale può esonerare dalla collaborazione lungimirante per attivare misure efficaci e garantire un percorso che individui due nodi precisi. La prima: politiche partecipate con la riconsegna dei territori riqualificati all’uso immediato da parte delle comunità; la seconda: riqualificazione dell’agricoltura e nuovo sviluppo economico, per verificare la disponibilità di tutte le forze in campo a salvaguardare questo territorio e nel quale, secondo giustizia, pretendiamo la cittadinanza.

In quanto credenti siamo chiamati a un particolare impegno per la salvaguardia del Creato. Perché, essere cristiani, implica una precisa responsabilità nei riguardi della creazione. I padri hanno custodito questa terra e l’hanno consegnata ai loro figli. Questa terra per millenni ha dispensato i frutti con generosità, non negando ad alcuno almeno il minimo per la sopravvivenza. Oggi geme come una madre pugnalata alle spalle dai suoi stessi figli. San Francesco ci aiuti in questo impegno quotidiano”.

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