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Terra dei Fuochi, Terra di Canapa. Droghe leggere e medicina: aiutiamo i malati togliendo denaro alle mafie

Ancora una volta, la battaglia di retroguardia pseudomoralista sulle droghe, ha registrato una ennesima piccola vittoria che ci fa perdere altro prezioso tempo nel contrasto efficace alla malavita organizzata ed anche a bonifiche efficaci in Terra dei Fuochi, bloccando la depenalizzazione della coltivazione della canapa. Terra di Lavoro, oggi Terra dei Fuochi, da millenni è Terra di canapa, e la coltivazione della canapa, in Campania, è da molti agronomi indicata come un’ottima ed autoctona tecnica di bonifica e risanamento ambientale.

La coltivazione della canapa trova ancora anacronistici disincentivi in inutili sanzioni penali (sia ben chiaro che chiediamo validi controlli e pesanti sanzioni, ma amministrative) e viene di fatto bloccata mentre invece lo Stato italiano “festeggia” la coltivazione della “droga” tabacco, che provoca, in maniera dimostrata, non meno di 83mila morti ogni anno in Italia.

A Napoli, oggi, nessuno, dal Vomero alla Sanità, è immune dal“rastrellamento” che, come ieri i criminali nazisti, oggi i criminali camorristi stanno compiendo “rubando” la testa, il cuore e la terra dei nostri figli, poiché a Scampia, a Forcella e alla Sanità si spara e si uccide per vendere e “campare” con la droga, ma a Chiaia, Posillipo e al Vomero i nostri figli muoiono per il consumo del veleno di tutte le droghe del mondo e dell’alcool, in una città dove il degrado civile si accompagna ormai da decenni, indissolubilmente, a quello ambientale.

A Napoli viviamo in una bellezza naturale, artistica e culturale unica al mondo, ma i nostri figli, a causa della nostra ignavia, sono spesso privi della gioia di farne parte: manca lavoro, manca sicurezza, impera la camorra con lo spaccio della droga. Troppi morti registriamo ogni giorno per il controllo delle “farmacie/piazze di spaccio” grazie ai “brevetti infiniti” che lo Stato concede agli camorristi spacciatori di farmaci generici psicoattivi chiamati volgarmente “droghe di abuso”.

I cittadini che vivono grazie alla camorra non sono stati educati a vivere di un lavoro dignitoso e onesto ma a soffrire quotidianamente in posti come Forcella, a pochi metri dal Tesoro di San Gennaro e da Caravaggio, o alla Sanità, dove oggi scorre il sangue di nostri figli innocenti davanti alle Chiese e ai Palazzi più belli di Europa di architettura barocca, fornendo manovalanza alle “industrie farmaceutiche della droga” che lo Stato, con il proibizionismo penale, continua imperterrito a tutelare, non a combattere.

I nostri parroci che in questi quartieri vivono ed operano sono costretti a rilevare che, grazie alle risorse infinite dei “farmaci generici a brevetto infinito” chiamati “droga”, la camorra (a Forcella come a Scampia come alla Sanità) è l’unica struttura “sociale” che funziona, garantendo supporto economico e “lavoro” a molte famiglie in difficoltà, ma distruggendole sul piano morale, sociale e civile.

Quando poi, sparando ogni giorno, si uccidono anche gli innocenti, lo Stato sa solo piangere inutili “lacrime di coccodrillo” accusando non se stesso ma i cittadini di omertà ed ignavia. Circa il 20-30% dei residenti cede a questa lusinga suicida, ma il 70-80% ed oltre che da noi vive onestamente si sente abbandonato da uno Stato che non sa, anzi, non vuole, sottrarre risorse economiche alla malavita garantendo nel contempo un efficace controllo sanitario ai malati consumatori.

Dobbiamo difendere la testa e la terra nostra e dei nostri figli combattendo tutti, senza lasciare nessuno da solo, come abbiamo saputo fare nelle “4 Giornate di Napoli” del settembre 1943, non solo per il controllo ambientale e di una corretta e trasparente attività industriale, ma anche per obbligare la politica ad una concreta riflessione normativa sull’uso e abuso dei farmaci, a cominciare dalle droghe.

Dobbiamo obbligare lo Stato ad una tutela vera della Testa, della Terra e della Salute, partendo dall’economia: sanzioni pesanti ed immediate per i consumatori di droghe, ma di carattere amministrativo e non (inutilmente!) penale. La depenalizzazione delle droghe, accompagnata da congrue e deterrenti sanzioni amministrative/pecuniarie, appare indifferibile. Ciò non significa affatto eliminare il controllo o favorire la diffusione delle droghe, ma anzi ne aumenta il controllo da parte dello Stato, sottraendo quantità eccezionali di risorse economiche alla camorra, alla base del loro sanguinoso impero e della potenza del loro esecrabile esercito.

Egualmente, in uno sistema sanitario ormai al collasso, siamo stati informati che entro quest’anno oltre 45 “super-farmaci” sotto brevetto e quindi a costi esorbitanti saranno immessi sul mercato col rischio concreto di fare collassare definitivamente il Sistema Sanitario Nazionale. Sorprende veramente, che, di fronte ad una potenza così massiccia del mercato e dell’industria farmaceutica privata, nessun farmacologo e nessun politico, al contrario di quanto avvenne decine di anni fa in Sudafrica con l’epidemia di Aids e in India, colga l’occasione per fare notare a tutti che è giunta l’ora di una drastica revisione dei criteri di riconoscimento della proprietà intellettuale dei brevetti dei farmaci, garantendo tale proprietà, e quindi la contrattazione delle onerosissime royalties, solo ai prodotti realmente innovativi, cioè a molecole effettivamente nuove, e non anche, come oggi avviene in Italia, a modifiche esclusivamente cinetiche e/o di confezionamento.

Semplicemente grazie al riconoscimento del criterio di innovazione solo su base di reale novità della molecola e non, come in Italia, anche per “modifiche” cinetiche e/o di confezionamento, l’India in un decennio è diventata una potenza farmaceutica mondiale e sta fornendo, e non togliendo come in Italia, farmaci gratis dello Stato ai propri miliardi di cittadini. Nessuno lo dice, nessuno lo fa sapere. Accade di conseguenza che restino a costi elevatissimi anche molecole e antibiotici come le penicilline, per le quali lo stesso scopritore Fleming, sin dal 1943, rinunziò alle royalties del brevetto.

Il sindaco Nicolino Amore, che nel film di Enrico Caria del 2012 rende la bellissima Napoli anche una città sicura e vivibile depenalizzando le droghe leggere, resta così solo una utopia da botteghino di cinema. Non si riesce a comprendere, come Checco Zalone dimostra ancora oggi, che la comicità è la trasposizione esasperata alla realtà da cui, ridendo, trarre i necessari insegnamenti per cambiare, non per mantenere la ipocrisia di leggi inutili e sbagliate come ancora ieri è accaduto alla Camera.

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