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Tar: chi perde paga

Ministeriali, dipendenti comunali, provinciali, insegnanti, militari, forze dell’Ordine, cittadini, imprenditori: fino a ieri bastava un niente, una presunta lesione di interesse legittimo e partiva un ricorso al TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) o al Consiglio di Stato contro la Pubblica Amministrazione, per la gioia di quegli avvocati capaci di convincere i clienti con argomenti assurdi e paradossali. Non poche volte anche qualche sindacato ha contribuito ad intasare le cancellerie dei Tar convincendo i propri iscritti a sottoscrivere ricorsi collettivi con l’illusione di promozioni o riscossione di ingenti arretrati.

Il rischio per il ricorrente si riduceva quasi sempre solo all’onorario dell’avvocato e ai diritti di segreteria perché alla fine della sentenza, anche se negativa, il giudice era solito scrivere l’ambita frase “spese compensate”, cioè niente spese processuali.

Dal 16 settembre 2010, la situazione è cambiata e con il nuovo codice amministrativo (D.Lgs.2.7.2010 n.104) sarà bene meditare prima di rivolgersi con disinvoltura al Tar e al Consiglio di Stato.

Prima di tutto i ricorsi, per il principio della territorialità, si dovranno presentare al TAR dove ha sede il luogo di lavoro del ricorrente, e questo nella maggioranza dei casi non è un male, sia per gli avvocati costretti a continui viaggi a Roma fin dalla sera prima perché le udienze venivano fissate alle 9 anche se poi spesso slittavano alle 14 e oltre, sia per i clienti che dovevano poi rimborsare quelle spese e quella trasferta.

Di particolare importanza è poi il regime delle spese processuali che, come ho già detto, fino ad ora venivano generalmente compensate (“graziate”) anche se si perdeva il ricorso. Con il nuovo regime la regola sarà che “le spese seguono la soccombenza”, praticamente chi perde paga (come nel processo civile). Il motivo è quello di evitare che per un qualunque problema si presenti un Ricorso amministrativo.

Anzi viene applicato anche il principio della responsabilità del ricorrente, che firmando il ricorso (l’assistenza dell’avvocato è d’obbligo) si assume tutte le responsabilità processuali a titolo personale.

Se dovesse risultare che la parte che ha “perso la causa” ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza della controparte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza.

E’ una svolta per tutti quelli che hanno intasato per anni le cancellerie di ricorsi infondati, faziosi, paradossali, indifendibili ed incomprensibili che solo per essere dichiarati tali impegnavano i TAR per anni. Almeno si spera che con la nuova procedura i ricorsi si ridurranno drasticamente e i giudici amministrativi avranno più tempo per dedicarsi all’esame dei ricorsi fondati, sì che il cittadino potrà confidare di vedere accolte le sue aspettative senza logoranti anni di attesa.

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