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Tanti scontri su biologico e ogm, il silenzio sul natalismo

Oggi, 11 lu­glio, è il World Po­pu­la­tion Day, in­det­to dal­le Na­zio­ni Uni­te per fare il pun­to a li­vel­lo mon­dia­le sul­le que­stio­ni che ri­guar­da­no la po­po­la­zio­ne. Il nu­me­ro di es­se­ri uma­ni con­ti­nua a cre­sce­re, e se­con­do le sti­me nel 2040 sa­re­mo nove mi­liar­di.

Quan­to do­vreb­be­ro au­men­ta­re le rese agri­co­le per as­si­cu­ra­re un mi­ni­mo vi­ta­le di ali­men­ta­zio­ne a tut­ti que­sti nove mi­liar­di? Le Scien­ze ha fat­to il pun­to del­la si­tua­zio­ne, ci­tan­do uno stu­dio pub­bli­ca­to su PloS One: la pro­du­zio­ne di mais, riso, gra­no e soia do­vreb­be rad­dop­pia­re en­tro la metà del se­co­lo. Ma la cre­sci­ta crea fame di ter­re col­ti­va­bi­li, che com­por­ta la di­stru­zio­ne del­l’am­bien­te, più in­qui­na­men­to e mag­gio­ri emis­sio­ni di ani­dri­de car­bo­ni­ca, men­tre la pro­du­zio­ne non tie­ne il pas­so con la cre­sci­ta de­mo­gra­fi­ca. Per que­sto oc­cor­re­reb­be au­men­ta­re le rese, dif­fon­den­do tec­ni­che agri­co­le più mo­der­ne an­che nei pae­si in via di svi­lup­po e mi­ni­miz­zan­do gli spre­chi.

An­che per que­sto c’è un ac­ce­so di­bat­ti­to sul­l’a­gri­col­tu­ra tra i so­ste­ni­to­ri del bio­lo­gi­co e quel­li de­gli or­ga­ni­smi ge­ne­ti­ca­men­te mo­di­fi­ca­ti. Uno stu­dio pub­bli­ca­to su Scien­ce l’an­no scor­so ti­ra­va le som­me. I cri­ti­ci del bio­lo­gi­co so­sten­go­no che la sua resa sia mi­no­re e che quin­di ser­va più ter­re­no col­ti­va­bi­le, con con­se­guen­te mag­gio­re stress am­bien­ta­le, per pro­dur­re lo stes­so quan­ti­ta­ti­vo di cibo che si ot­tie­ne con l’a­gri­col­tu­ra con­ven­zio­na­le. I ri­cer­ca­to­ri, sul­la base di ana­li­si a li­vel­lo glo­ba­le, giun­go­no alla con­clu­sio­ne che i rac­col­ti da bio­lo­gi­co sia­no ef­fet­ti­va­men­te più scar­si. Ma ciò di­pen­de piut­to­sto dal­le con­di­zio­ni e dal ter­re­no e lo scar­to può es­se­re no­te­vol­men­te ri­dot­to se si usa­no par­ti­co­la­ri ac­cor­gi­men­ti. Sin qui, il di­bat­ti­to scien­ti­fi­co.

Guer­re sul­l’ef­fi­cien­za del bio­lo­gi­co si leg­go­no però un po’ ovun­que. Pren­dia­mo a esem­pio il sito de Il Fat­to Quo­ti­dia­no, con lo scam­bio al ca­lor bian­co tra Da­rio Bres­sa­ni­ni con­tro i so­ste­ni­to­ri di su­pe­rio­ri pro­prie­tà dell’”or­ga­ni­co” e ri­spo­sta di Gian Luca Maz­zel­la. Al­tri con­fron­ti ser­ra­ti ri­guar­da­no la que­stio­ne del cibo equo­so­li­da­le, che chie­de che la pro­du­zio­ne av­ven­ga nel ri­spet­to dei di­rit­ti dei pro­dut­to­ri lo­ca­li, o il cibo a chi­lo­me­tri zero, per va­lo­riz­za­re l’a­gri­col­tu­ra vi­ci­na alle no­stre cit­tà. Ma nes­su­no sem­bra pen­sa­re a ri­dur­re quei nove mi­liar­di, o si in­ter­ro­ga se­ria­men­te sul­le con­se­guen­ze che a li­vel­lo so­cia­le, am­bien­ta­le, di di­spo­ni­bi­li­tà di ri­sor­se può ave­re la cor­sa al na­ta­li­smo. E quan­to que­sto mix pos­sa es­se­re di­rom­pen­te in pae­si già po­ve­ri e at­tra­ver­sa­ti da con­flit­ti, con il ri­schio di un di­sa­stro­so cir­co­lo vi­zio­so.

Un caso di­rom­pen­te è quel­lo del­la Ni­ge­ria, un pae­se in for­te cre­sci­ta de­mo­gra­fi­ca e at­tual­men­te abi­ta­to da cir­ca 170 mi­lio­ni di per­so­ne. Ma che po­treb­be­ro di­ven­ta­re 730 mi­lio­ni en­tro la fine del se­co­lo. Qui, per­si­no il pre­si­den­te Good­luck Jo­na­than, cri­stia­no, ha in­vi­ta­to l’an­no scor­so le fa­mi­glie a pre­sta­re più at­ten­zio­ne nel­la pia­ni­fi­ca­zio­ne del­le na­sci­te, per non met­te­re al mon­do dei fi­gli che non pos­so­no cre­sce­re e che ri­schia­no di mo­ri­re. Sono se­gui­te le im­me­dia­te po­le­mi­che da par­te del­le con­fes­sio­ni mag­gio­ri­ta­rie, com­pat­te per una vol­ta nel con­te­sta­re il pre­si­den­te. La Ni­ge­ria è un pae­se spac­ca­to tra un nord a mag­gio­ran­za isla­mi­ca e il sud a mag­gio­ran­za cri­stia­na, dove sono fre­quen­ti di­sor­di­ni, scon­tri tra co­mu­ni­tà e so­prat­tut­to i san­gui­no­si at­ten­ta­ti con­tro i cri­stia­ni da par­te de­gli in­te­gra­li­sti mu­sul­ma­ni di Boko Ha­ram. Ma il con­ti­nuo cre­sce­re di vite “dono di Dio” po­treb­be peg­gio­ra­re la si­tua­zio­ne ni­ge­ria­na, con al­tre cen­ti­na­ia di mi­lio­ni di es­se­ri uma­ni, co­stret­ti a vi­ve­re in un’a­rea sem­pre più im­po­ve­ri­ta e in­ca­pa­ce di sfa­ma­re un nu­me­ro cre­scen­te di boc­che.

Un al­tro aspet­to in cui ac­quie­scen­za nei con­fron­ti del­la re­li­gio­ne ge­ne­ra dan­ni e im­pe­di­sce di guar­da­re ra­zio­nal­men­te alle con­se­guen­ze che può ave­re una cre­sci­ta in­con­trol­la­ta sul­l’in­te­ro eco­si­ste­ma e sul­la so­cie­tà. Spun­ti in­te­res­san­ti li of­fre Col­las­so di Ja­red Dia­mond. Le re­li­gio­ni uni­ver­sa­li­ste pun­ta­no sul na­ta­li­smo per vin­ce­re sul pia­no de­mo­gra­fi­co: con­fi­da­no evi­den­te­men­te poco nel­la loro ca­pa­ci­tà per­sua­si­va, quan­do man­ca il sup­por­to del po­te­re po­li­ti­co. Inol­tre i più in­te­gra­li­sti ten­do­no an­che a col­pe­vo­liz­za­re co­lo­ro che au­spi­ca­no un equi­li­brio de­mo­gra­fi­co, per l’a­per­tu­ra alla con­trac­ce­zio­ne e al­l’a­bor­to, sot­to­va­lu­tan­do tut­ta una se­rie di pro­ble­mi, o ten­tan­do ar­go­men­ti eco­no­mi­ci per so­ste­ne­re la va­li­di­tà as­so­lu­ta del na­ta­li­smo. Come fa­ce­va, in ma­nie­ra im­prov­vi­da, il già pre­si­den­te del­lo Ior Et­to­re Got­ti Te­de­schi pren­den­do a esem­pio… la Cina, dove vige una ri­gi­dis­si­ma po­li­ti­ca di con­trol­lo del­le na­sci­te.

Un al­tro ar­go­men­to da con­si­de­ra­re è la pos­si­bi­li­tà del­le don­ne di au­to­de­ter­mi­nar­si e sul fat­to che con­trac­ce­zio­ne e con­trol­lo del­la na­ta­li­tà sia­no per loro, spe­cie nei pae­si più po­ve­ri dove sono sot­to­po­ste a una ri­gi­da tra­di­zio­ne, un modo per es­se­re più li­be­re, in­di­pen­den­ti e non­ché mo­ri­re meno a cau­sa del par­to. Il di­scor­so sul con­trol­lo de­mo­gra­fi­co, come ri­cor­da spes­so an­che il no­stro (dell'UAAR, ndr) pre­si­den­te ono­ra­rio Car­lo Fla­mi­gni, si por­ta die­tro con­se­guen­ze so­cia­li im­por­tan­ti e non in­ci­de so­la­men­te sul­l’am­bien­te.

Vero è che vi­via­mo in un mon­do di di­sgua­glian­ze dif­fu­se. Oc­cor­re for­ni­re ai pae­si svan­tag­gia­ti stru­men­ti e so­lu­zio­ni con­cre­te per ab­bat­te­re la po­ver­tà. Non si trat­ta di cer­to di im­por­re il con­trol­lo del­le na­sci­te come in Cina o di ca­stra­re il Sud del mon­do, ma di dif­fon­de­re cul­tu­ra mo­der­na, di­rit­ti e con­sa­pe­vo­lez­za per per­met­te una cre­sci­ta che sia vera eman­ci­pa­zio­ne. Il calo del­la po­po­la­zio­ne è un fe­no­me­no ti­pi­co dei pae­si più svi­lup­pa­ti e se­co­la­riz­za­ti, non cer­to di quel­li po­ve­ri: qui si uni­sce la di­spo­ni­bi­li­tà di tec­ni­che e cure mo­der­ne, che per­met­to­no la so­prav­vi­ven­za di tan­ti bam­bi­ni, a una cul­tu­ra an­co­ra le­ga­ta a sche­mi tra­di­zio­na­li­sti, pa­triar­ca­li e ma­schi­li­sti per i qua­li oc­cor­re fare tan­ti fi­gli. La so­vrap­po­po­la­zio­ne è un evi­den­te far­del­lo per le loro eco­no­mie, ma c’è un dif­fu­so ri­fiu­to di pren­der­ne atto.

Do­vrem­mo tut­ta­via ri­flet­te­re se­ria­men­te an­che su ciò che ac­ca­dreb­be a li­vel­lo di con­su­mi, di­spo­ni­bi­li­tà di ri­sor­se e in­qui­na­men­to se tut­ti gli al­tri pae­si, ov­ve­ro mi­liar­di di per­so­ne, si ade­guas­se­ro ai no­stri stan­dard. Fi­gu­ria­mo­ci con una cre­sci­ta de­mo­gra­fi­ca in­con­trol­la­ta e ir­re­spon­sa­bi­le. Non cre­dia­mo nel­la prov­vi­den­za, la pro­spet­ti­va di co­lo­niz­za­re al­tri pia­ne­ti è re­le­ga­ta alla fan­ta­scien­za e la scien­za non of­fre di cer­to so­lu­zio­ni mi­ra­co­li­sti­che. Ep­pu­re, de­gli ef­fet­ti col­la­te­ra­li non si par­la mai: l’in­du­stria re­gi­stra con sod­di­sfa­zio­ne che il Va­ti­ca­no è pro Ogm, tan­ti eco­lo­gi­sti si di­chia­ra­no “fran­ce­sca­ni”. Così va il mon­do. Ver­so il ba­ra­tro.

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