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Taglio dei Parlamentari: Serve un’analisi costi-benefici per la Democrazia

«Un risparmio di 100 milioni di euro all’anno», per il senatore e avvocato romano Gianluca Perilli (Movimento Cinque Stelle).

Sono queste le cifre del risparmio per lo Stato dall’approvazione della «proposta che prevede una riduzione pari al 36,5 per cento del numero dei parlamentari, dagli attuali 945 a 600» avvenuta lo scorso 7 febbraio, nella prima delle quattro votazioni che sono necessarie per questa riforma costituzionale. 185 i voti a favore e 54 contrari (gli altri erano assenti).

Per il senatore e docente universitario romano Gaetano Quagliarello (Forza Italia), «sarebbe bastato non prendere nei Ministeri gli aspiranti parlamentari che non sono riusciti a entrare in queste Camere o ridurre alcuni stipendi, per risparmiare anche più di quanto oggi volete dirci che si risparmi con il taglio dei parlamentari». Una strana contestazione da parte di uno dei firmatari della proposta di riforma!

«Proporremmo di istituire una Commissione costi-benefici della democraziacosì magari avremo dei dati più certi per capire quanto costa e quali benefici dà la democrazia». E’, invece, la provocatoria dichiarazione dellasenatrice Loredana De Petris (Liberi e Uguali), avanzata all’Aula parlamentare, durante il dibattito.

Contemporaneamente la parlamentare condivide sì la proposta ma ne limita la riduzione, ad esempio a 530 deputati e 275 senatori (quindi a 815 parlamentari in tutto). Il suo emendamento, sostenuto anche da Forza Italia, è stato però bocciato.

L’intervento della senatrice consente di comprendere la portata della questione.

I nostri parlamentari sono veramente troppi?

Oggi i 630 deputati rappresentano un rapporto di uno ogni centomila abitanti; i 315 senatori, invece, risultano essere 0,5 per ogni centomila abitanti. Come spiega la relazione d’accompagno del testo unificato.

Ma il numero dei nostri parlamentari è veramente eccessivo e sproporzionato rispetto a quegli degli altri paesi europei?

La senatrice De Petris sembra suggerire una risposta negativa. «In Austria il rapporto tra deputati per 100.000 abitanti è di 2,1, in Belgio di 1,3, in Bulgaria di 3,4, in Danimarca di 3,1, in Estonia di 7,7 e in Finlandia di 3,6», spiega. Poi ricorda pure «che la Francia ha un coefficiente di 0,9, la Germania di 0,9, la Spagna dello 0,8». Con la riforma proposta, l’Italia scenderebbe a un rapporto di deputati pari a 0,7 per 100.000 abitanti.

I dati sono rilavati dal Dossier Riduzione_Parlamentari_2018.

Il tema della riduzione del numero dei parlamentari è al centro del dibattito politico almeno da vent’anni. L’obbiettivo, almeno quello dichiarato, è quello di razionalizzare la spesa pubblica oltre che migliorare l’efficienza delle Camere. Il progetto della “Commissione D’Alema” del 1997 sosteneva la riduzione 600-700 componenti complessivi. Il governo Berlusconi la stabilì, nel 2006, a 770. Il governo Renzi, nel 2016, in 725. Tutte le proposte furono bocciate dagli opposti veti.

Oggi sembra che i partiti politici abbiano raggiunto un accordo su un testo che unifica le proposte dell’ingegnere triestino Stefano Patuanelli (Cinque Stelle), del professore universitario romano Gaetano Quagliarello (Forza Italia) e del medico bergamasco Roberto Calderoli (Lega) e che è più drastico dei precedenti.

La crisi è della democrazia rappresentatività?

Ma i dubbi sulla riforma ci sono. E’ Pier Ferdinando Casini (PD), ex presidente della Camera, a dire, a denti stretti, una verità: «se andiamo avanti così, tra un po’ [l’opinione pubblica] vorrà la soppressione dei parlamentari. Noi mettiamo un’ulteriore pietra alla delegittimazione con la quale stiamo scientificamente costruendo la demolizione della democrazia rappresentativa». «Alla crisi della democrazia rappresentativa non si può rispondere con meno democrazia o con il parametro dei costi; vi si deve rispondere con più democrazia – secondo ancora la senatrice De Petris – . Per rafforzare la democrazia parlamentare, sarebbe necessario limitare fortemente l’utilizzo della decretazione d’urgenza».

Il cammino per la riforma, tuttavia, è ancora lungo e la stessa non potrà trovare luce prima della fine di quest’anno.

Foto: Palazzo Chigi/Flickr

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