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TFR nel fondo pensione: sempre più persone aderiscono

Quando, oltre dieci anni fa, si aprì la possibilità di destinare il proprio Trattamento di fine rapporto ad un fondo pensionistico, gli esperti non erano ancora in grado di assicurare quale delle due soluzioni avrebbe premiato i lavoratori dipendenti. Oggi, con i numeri fatti registrare da coloro che destinano il proprio Tfr ai fondi pensione, la questione sembra essere definitivamente risolta a favore di questa soluzione. Le indecisioni scaturirono soprattutto dalle incertezze dei mercati, ad inizio crisi, e dalle ingerenze politiche che cercarono di confondere le acque sull’argomento sulla base di concezioni ormai superate ed obsolete. Nel corso dei primi anni, i risultati furono al di sotto delle aspettative per poi risalire verso quote interessanti nel corso di quelli successivi. Questo perché la garanzia della pensione è svanita come neve al sole, tra riforme pensionistiche e rallentamenti generali dell’economia che hanno sempre più evidenziato i limiti del sistema pensionistico italiano. Nel frattempo, l’informazione sui fondi pensione è diventata sempre più capillare e presente, sensibilizzando sempre più il lavoratore sulle scelte più consone a garantirsi una futura pensione adeguata al costo della vita attuale.

Chi sceglie di destinare il proprio Tfr ai fondi pensione integrativi lo fa per svariate ragioni di comodo. La prima è che ad ogni cambio di lavoro il Trattamento di fine rapporto viene liquidato al lavoratore; questo comporta che tutta la liquidazione rischia di essere sperperata ad ogni cambio di lavoro, senza avere la possibilità di cumularsi in un fondo. Oltretutto, bisogna considerare che il Tfr è soggetto a tassazione e l’aliquota Irpef, nonostante sia calcolata in maniera indipendente dal reddito, rischia di pesare fortemente sul risultato finale. Il Tfr destinato al fondo pensione, invece, è soggetto ad una diversa tassazione agevolata ed al cambio di lavoro continua a non essere liquidato al dipendente, ma versato nel fondo pensione che continua a crescere anche grazie ai rendimenti dettati dal mercato finanziario. Si è valutato che, in circa 5 anni e con una retribuzione media tra 21 e i 26 mila euro lordi, le differenti soluzioni, soprattutto in presenza di continui cambi di lavoro, consentono al dipendente che ha destinato il proprio Tfr al fondo pensione un guadagno netto sul totale compreso tra i 5 ed i 7 mila euro. Un altro aspetto da considerare è che destinare il proprio Trattamento di fine rapporto al fondo pensione consente, in particolari situazioni, di accedere a parte di questa somma per compensare la perdita del lavoro o altre situazioni contingenti senza intaccare la sostanza della nostra pensione integrativa.

Analizzare bene dove destinare il proprio Tfr, dunque, è una scelta molto importante per il proprio futuro una volta concluso il periodo lavorativo; è una risorsa fondamentale per ogni lavoratore dipendente ed è opportuno valorizzarlo al massimo permettendogli di poter accrescere il proprio valore. Nell’ultimo anno, tra l’altro, la legislazione che regola il Trattamento di fine rapporto è stata implementata per permettere al lavoratore la possibilità di poter tornare sui suoi passi e decidere diversamente per quanto riguarda il maturato durante il proprio periodo lavorativo. Oggi, di fatto, il lavoratore ha diverse opportunità a disposizione e può anche optare per chiudere il fondo pensione, nel caso non ci sia stato un rendimento positivo del proprio capitale. La Legge di bilancio 2018, dunque, consente al lavoratore una certa flessibilità sul destino del proprio Tfr e rende molto più chiaro il ventaglio di possibilità che si aprono per il lavoratore. È altresì chiaro che i maggiori beneficiari di queste soluzioni sono proprio i giovani, che se da un lato hanno la possibilità di trarre il maggior vantaggio dal destinare il proprio Tfr ad un fondo pensione, dall’altro sono quasi obbligati a farlo per ovviare all’incertezza del mondo del lavoro e del sistema pensionistico del futuro.

 



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