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Swaziland, la mobilitazione della società civile per diritti e partecipazione

Dal 2 all’11 maggio si svolgerà alle Nazioni Unite una sessione di UPR (Universal Periodic Review), in cui una serie di stati si sottoporranno a un esame periodico sulla situazione dei diritti umani e riceveranno le raccomandazioni degli altri stati.

Tra i paesi sotto esame, quest’anno, c’è lo Swaziland (qui la scheda sul paese, tratta dall’ultimo Rapporto 2015-2016 di Amnesty International) che nel corso del precedente UPR del 2011 aveva dichiarato di accettare le 107 raccomandazioni arrivate dagli stati membri. Ma molte di quelle raccomandazioni sono andate disattese.

Da Ginevra, sede delle Nazioni Unite dove si svolgono gli UPR, hanno da poco fatto ritorno in Swaziland gli autori del “rapporto ombra” della società civile del paese, elaborato attraverso un lungo percorso partecipativo che ha coinvolto 26 associazioni e gruppi della società civile sui temi dei diritti civili e politici, diritti economici, sociali e culturali, diritti delle donne, genere e Lgbti, diritti dei bambini e degli adolescenti.

Lo scopo del rapporto ombra era quello di sensibilizzare i governi degli stati membri delle Nazioni Unite che dovranno fare le raccomandazioni al governo dello Swaziland.

Libertà di espressione, di associazione, riconoscimento dei partiti politici, una nuova legge sulla violenza domestica, accesso ai servizi per le popolazioni rurali, accesso a un’educazione e una sanità di qualità per tutti, trasparenza nella nomina dei giudici. Sono queste alcune delle richieste contenute nel “report ombra”.

Gli attivisti arrivati a Ginevra (nella foto) erano Dumezweni Dlamini, della Fondazione per la giustizia socio economica; Lomcebo Dlamini della Swaziland Coalition of Concerned Civic Organisations; Tanele Mkhabeka di SWAGAA, Swaziland Action Group Against Abuse, sui diritti delle donne; e Zanele Thabede di Super Buddies Club per i diritti dei bambini e degli adolescenti oltre a un rappresentante di Lawyers for Human Rights Swaziland. Alla presentazione del “rapporto ombra” erano presenti rappresentanti delle ambasciate di Svizzera, Paesi Bassi, Belgio, Austria, Messico, Spagna Maldive, Svezia, UE, Argentina, Tagikistan, Brasile, Norvegia e Germania.

Soprattutto, erano presenti anche due funzionari dell’ambasciata swazi in Svizzera, che si sono detti “disponibili a dialogare e a lavorare insieme alla società civile per migliorare il paese”.

Il gruppo di attivisti ha poi incontrato le associazioni per l’indipendenza della magistratura, il Comitato Onu per la Convenzione sulla eliminazione della violenza contro le donne e l’ambasciata irlandese.

Il rapporto ombra della società civile swazi e la ricezione delle raccomandazioni del prossimo UPR rappresentano rispettivamente un importante risultato e una grande sfida in un paese dove ancora oggi la ricerca di un equilibrio fra sistema tradizionale e sistema moderno costituzionale lascia irrisolti nodi importanti rispetto al bilancio dei poteri, all’accesso pieno ai diritti e alla partecipazione democratica.

Il percorso ha visto in prima fila l’impegno di Lawyers for Human Rights (LHR) il coordinamento di COSPE nell’ambito del progetto “Fostering Communication and Cooperation amongs Non State Actors for Benefit of Swazi Civil Society”, la collaborazione di Amnesty International Sudafrica, SALC – Southern Africa Litigation Centre e IBAHRI - International Bar Association’s Human Rights Institute.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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