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Sud: siamo forse animali?

A proposito di Napoli e del Mezzogiorno, talvolta si parla di decadenza, di una terra senza speranza. Talaltra, alcune componenti politiche peggiorano la situazione condendo il dibattito con toni e tematiche razziste.
 
Avrà voglia Salvini a dire che quei cori di Pontida, in fondo in fondo, non erano altro che cialtronerie da stadio. E’ difficile a credersi se vengono da uno dei più rappresentativi figli di un partito, è bene ricordarlo, che ha fondato il proprio successo, prima di tutto, sul pregiudizio antimeridionale.
 
Viene allora naturale chiedersi se la decadenza e l’assenza di speranza verso questa terra, abbiano un fondamento o siano solamente il frutto di una tipica piagnoneria meridionale. La reazione della gente minimamente responsabile e con un po’ di cuore è quella di cercarne i segni, le prove. E’ mai possibile che siamo veramente messi così male? Napoli, il Sud, sono veramente come ce li descrivono? Inizia la ricerca allora, ma subito ci si accorge che le prove cominciano presto, molto presto, a presentarsi davanti ai piedi.
 
Si comincia da poco, da cose molto comuni: le strade ad esempio. Quanti di noi si trovano a doversi confrontare con strade in condizioni belliche. Quanti di noi ricordano una strada in condizioni sempre peggiori, da decenni? Quanti napoletani, in questo momento, staranno pensando ad un tratto consistente della SS 7bis, oppure a Via Marina o Via Galileo Ferraris? Biglietti da visita per la città. Quanti staranno pensando al tormento nel percorrerle? Quanti invece alle sterpaglie, per non dire, in alcuni casi, alla boscaglia, che costeggia buona parte delle strade dell’entroterra? Siamo forse animali per essere costretti a sopportare tutto questo? Ha forse ragione Salvini? Ogni buca, è un colpo alla dignità di noi tutti, oltre che alla schiena ed all’ammortizzatore.

 
Se poi si aprono un po’ più gli occhi, non sarà difficile accorgersi dei regi lagni in condizioni pietosi (alla faccia della tassa di bonifica e delle alluvioni) di servizi sanitari sempre più ristretti, di una sicurezza inesistente.

 

Nelle famiglie poi, storie di quotidiana disperazione dovuta ad una sempre maggiore disoccupazione e da una emigrazione da anni ’60.
 
Ma ciò che più ferisce in questo scenario, è l’assenza di una reazione civica. Giorno per giorno sembra confermarsi l’inesorabile abbandono della gente di Napoli, e del Sud, al destino. Alla speranza che prima o poi il regnante di turno venga a risolverci tutti i nostri problemi di vita personale e sociale. La Storia ci ha dimostrato che ciò non è mai accaduto. Sarà allora forse giunto il momento di sperimentare forme innovative di auto organizzazione? Di cominciare a pensare a noi stessi? Di cominciare cercare al nostro interno la soluzione ai nostri mali? Il Mezzogiorno, oggi più che mai, ha bisogno di uno scatto di reni e Napoli ha il ruolo naturale di guida in questo processo. E’ necessario che finalmente la parte migliore della società civile, quella che Don Ciotti chiama società responsabile, che è maggioranza, si faccia parte attiva e diventi protagonista del proprio futuro. Deve smetterla di restare alla finestra, per non condannare le nuove generazioni a rivivere l’ingrata Storia di quelle passate.

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