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Strage di Orlando: terrorismo religioso selettivo

I gravi fatti di Orlando in Florida ci impongono non solo una presa di posizione a sostegno e solidarietà della comunità LGBT come fieri loro alleati nelle lotte per l’uguaglianza e per il riconoscimento dei diritti, ma anche una riflessione sulle dinamiche che contribuiscono fortemente affinché tutto questo accada ancora. Un’analisi a caldo, a prescindere dai dettagli e dalle reazioni che in queste ore emergono e si susseguono, perché a ben vedere è a seguito di precedenti stragi avvenute che abbiamo già evidenziato un sistematico e quanto mai odioso agire del terrorismo religioso, contro obiettivi selezionati. La strage che si è consumata domenica al Pulse di Orlando non fa altro che confermare ulteriormente alcune nostre tesi.

Ramadan e regali

Dalle prime indiscrezioni troviamo conferma che l’attentatore di Orlando era religioso praticante, frequentatore assiduo di moschee, e a detta dei suoi stessi familiari di origine afghana smodatamente razzista ed omofobo. Particolari confermati anche dalle autorità che hanno invece sottolineato una sua radicalizzazione islamista negli ultimi anni, soprattutto attraverso il web, tanto che risultava in una presunta lista di simpatizzanti Daesh, ed era stato perfino interrogato già due volte dall’FBI per sospetto terrorismo. Infine non possiamo provare alcune testimonianze che descrivono lo stragista come un individuo con forti difficoltà ad accettare il suo orientamento sessuale o a relazionarsi, e pertanto non possiamo escludere che questi problemi non lo abbiano portato ad abbracciare ideologie identitarie e fondamentaliste. Resta il fatto che è impossibile bearsi in giustificazioni pressappochiste e asserire che la religione non c’entri nulla con questi tragici fatti, se l’estremista carnefice prima di morire ha dichiarato che quei 49 morti era il suo “regalo” al califfato islamico per il Ramadan.

Obiettivo ricorrente: colpire a morte la laicità

Al di là del miserabile attentatore, ci preme invece sottolineare come vi sia ben più di qualche banale coincidenza a permetterci di accomunane gli attentati di Utoya, quelli di Parigi a Charlie Hebdo prima, e alBataclan poi, quello di Colorado Springs alla clinica per le interruzioni volontarie di gravidanza della Planned Parenthood, e questo di due giorni fa al club gay di Orlando. Non solo la fredda premeditazione e pianificazione di atti terroristici sanguinari eseguiti in modo spietato da fondamentalisti religiosi tutt’altro che folli, che si distinguono per avere sempre un background da individui introversi, violenti e sostanzialmente alla deriva nell’oceano della radicalità dei propri dogmi e precetti religiosi.

Anche gli obiettivi da loro scelti infatti non sono casuali e mostrano quel trend allarmante sul quale riteniamo doveroso che si cominci a porre l’attenzione collettiva. Perché i posti dove avvengono gli attentati sono sempre, puntualmente e sistematicamente, luoghi dove le persone si incontrano e vivono insieme a pieno la propria felicità, la propria spensieratezza e il loro tempo libero. Club, stadi, concerti, ristoranti, spiagge, luoghi di vacanza, o musei che possano essere, queste “mattanze” si consumano sempre in posti dove la religione è la grande assente. Per giunta, a differenza di quanto accade in paesi considerati caldi dal punto di vista delle divisioni e delle guerre tra diverse fazioni religiose, in occidente a farne le spese non sono quasi mai credenti praticanti alle prese con i propri riti o con la propria intima spiritualità, qualsiasi possa essere il loro credo. No, qui non è mai una guerra di religioni tra religiosi nel senso più stretto del concetto.

Le vittime, in considerazione dei luoghi dove sono avvenuti questi omicidi di massa sono presumibilmente persone laiche, o in ogni caso pressoché disinteressate ai precetti e stili di vita confessionali che viceversa il fanatismo dei loro carnefici vuole imporre loro. Individui per lo più liberi da dogmi di sorta, ai quali evidentemente non interessa più di tanto il fatto religioso e si limitano a vivere serenamente la loro vita, lasciando che gli altri vivano altrettanto serenamente la loro. Uno stile di vita di persone che auspicano la propria e altrui serenità, che diventa bersaglio sistematico e mirato di quell’odio da sempre portato avanti nel nome di un qualche dio o precetto religioso. In tutta evidenza, ciò che gli attentatori mirano a colpire sono i valori ed i principi sui quali la secolarizzazione della società, poggia le sue fondamenta. Laicità, libertà, uguaglianza, autodeterminazione individuale, pluralismo delle idee, progresso e sviluppo scientifico, emancipazione da dogmi e da tradizioni obsolete. Tutti valori e principi per i quali la nostra associazione si batte.

La toppa più piccola del buco

In questo desolante quadro e contesto, colpisce come a seguito di ripetuti attacchi terroristici di matrice religiosa seguano ormai come da prassi consolidata le frettolose e quanto mai ipocrite prese di posizioni da parte delle istituzioni confessionali. Nel merito dei fatti di Orlando le condanne dell’attentato da parte dei principali rappresentanti religiosi ci sembrano più ascrivibili a una loro necessità di smarcarsi dalle conseguenti critiche e per unico uso e beneficio della propria immagine. Se di fronte alla più grande sparatoria di massa degli USA avvenuta in un club per omosessuali, la prima cosa che ti viene in mente di dire di fronte a tanto sangue è che l’immagine dell’Islam subirà un ulteriore danno, o se come ha fatto Bergoglio l’unica cosa che ti senti di affermare è la banale condanna a mezzo stampa della violenza, e inoltre nell’esprimere sgomento e dolore ti rifiuti di specificare che le 49 vittime erano tutte gay, significa che la tua religione è giocoforza parte del problema, e che o non sai o non vuoi risolverlo davvero. A volte sarebbe meglio mostrare più rispetto per tanti morti, optando per il silenzio. Religioso silenzio.

L’orgoglio e la lotta

Il più efferato attentato fino a questo momento compiuto contro la comunità LGBT, nel mese in cui in tutto il mondo si celebrano i Pride. Forse è solo una triste coincidenza o forse è stato un attacco voluto e cercato per aggiungere valore simbolico al fatto. Non possiamo saperlo. Comunque una circostanza su cui riflettere e a prescindere un punto dal quale ripartire. Perché sarà proprio ai Pride che dovremmo tutti dimostrare come di questi terroristi e criminali, benedetti da califfi che nel nome del loro dio alimentano discriminazioni e violenze contro altri esseri umani, non abbiamo nessuna paura. Qui in Italia, che siate omosessuali, eterosessuali, lesbiche, o transgender, non dategliela vinta e scendete in strada a marciare e a manifestare nelle tante piazze sostenendo l’uguaglianza e i diritti. Fatelo per voi e sarà come averlo fatto per le 49 vittime di Orlando.

Paul Manoni

Questo articolo è stato pubblicato qui

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