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Spagna, pare sia vera ripresa

Dalla Spagna sono arrivate altre notizie positive, che si sommano ad un quadro congiunturale che appare da tempo in ripresa. Il numero degli iscritti alle liste di disoccupazione è diminuito in aprile di 129.300 unità, a 3.573.000 persone. Si tratta di un dato non destagionalizzato, e come tale da prendere con la necessaria cautela. Su base annua, tuttavia, il calo dei disoccupati è di quasi l’11%. Inequivocabilmente positivo, per contro, è il dato sul numero degli occupati, che è corretto per la stagionalità, e che in aprile mostra un aumento di 101 mila unità su marzo, e di 659 mila unità in un anno, pari ad un aumento del 3,77%, che è realmente eclatante.

A inizio settimana si è poi conosciuto il dato di variazione del Pil spagnolo del primo trimestre, in crescita dello 0,8%. Di tale dato manca al momento la disaggregazione ma c’è motivo di ritenere che ancora una volta la domanda interna abbia giocato un ruolo positivo, malgrado la pressione sui salari reali causata dal recente aumento di inflazione indotto dai prezzi del greggio. Nel primo trimestre, la crescita spagnola sullo stesso periodo dello scorso anno è pari al 3% reale. Il consenso sulla crescita per il 2017 è stato rivisto al rialzo, da 2,5% a 2,7%. La crescita del credito e la flessione del tasso di risparmio, che nel 2016 ha toccato i minimi degli ultimi otto anni, al 7,7% del reddito disponibile, stanno sostenendo la crescita dei consumi; la ripresa del mercato del lavoro fa il resto.

Nei giorni scorsi il governo Rajoy ha presentato, con forte ritardo a causa del protrarsi dello stallo politico, il progetto di bilancio annuale, che prevede che il rapporto deficit-Pil scenda al 3,1% dal 4,5% del 2016 ed al 2,2% nel 2018, che potrebbe rivelarsi una stima ottimistica ma non troppo discosta dalle stime di consenso internazionali. Lo scorso anno le entrate pubbliche sono cresciute dell’1,4%, le spese solo dello 0,3%. Il progetto di bilancio 2017 prevede un autentico boom delle entrate, con una crescita del 7,9%, che se accadesse renderebbe la Spagna un esempio da studiare. Questa crescita sarebbe frutto di positivi effetti di elasticità fiscale e dell’aumento dei contributi sociali indotto dalla crescita di occupazione.

È tuttavia utile ribadire la radice del percorso virtuoso che la Spagna appare percorrere in questo periodo: la crescita del Pil nominale, che eccede ampiamente il costo medio del debito pubblico e consente quindi di ridurre il rapporto debito-Pil anche in presenza di un deficit primario, come vi segnalavamo tempo addietro. Un lusso che noi poveri italiani, condannati da lustri a debilitanti avanzi primari immolati sull’altare della non crescita, proprio non riusciamo a permetterci.

Nel 2016 il Pil nominale spagnolo è cresciuto del 3,6%, la crescita per quest’anno è data al 4,1%. Se confermato, sarebbe la maggior crescita nominale da dieci anni. E pensate, questa crescita nominale non viene ottenuta con fantasmagoriche trovate come l’aumento Iva per indurre inflazione, come invece qualche scienziato di casa nostra è tentato di proporre.

La Spagna ha ancora un serio problema, che tuttavia è anche un’area di potenziale miglioramento: la spesa pensionistica. Che quest’anno crescerà del 3,1%, a 139,6 miliardi, maggior voce di esborso nel bilancio pubblico. Le pensioni restano legate al retributivo, mentre la demografia ne fa aumentare il numero in modo robusto. Per questo motivo la maggior parte delle forze politiche reputano necessario intervenire, già durante questa legislatura. Vedremo. Per quest’anno, nel frattempo, le pensioni aumenteranno del minimo legale, che è pari allo 0,25%.

Buon’ultima, esaminiamo una metrica più “esoterica”, quella dei flussi finanziari settoriali. Il minore tasso di risparmio delle famiglie non si sta accompagnando alla crescita dell’indebitamento delle aziende non finanziarie. Di conseguenza, l’economia spagnola non ha oggi necessità di prendere a prestito risparmi esteri. Nel 2007, prima del crash immobiliare, la posizione finanziaria netta del settore aziendale era a deficit di 85,5 miliardi di euro. Lo scorso anno, il saldo ha segnato un surplus per 31 miliardi di euro. Si tratta di un impressionante swing di circa il 10% del Pil. Questo avanzo finanziario è frutto di due componenti: la ripresa di redditività delle imprese spagnole ed un calo dei loro investimenti, malgrado il recupero degli ultimi tre anni. Se le imprese spagnole dovessero proseguire con l’accelerazione degli investimenti, quindi, potrebbero finanziare l’operazione con i maggiori utili oltre che col rilascio di risparmio derivante dal minore deficit pubblico, ed il paese non aumenterebbe l’esposizione debitoria estera.

In termini di flussi finanziari settoriali, lo scorso anno il settore pubblico allargato ha avuto un deficit di 50,7 miliardi di euro mentre il settore aziendale (finanziario e non finanziario) ha avuto un risparmio netto di circa 52 miliardi. Sommando anche i risparmi netti delle famiglie si giunge ad un surplus record di 22,8 miliardi di euro, pari a circa il 2% del Pil, che è stato usato per ridurre le passività estere nette.

Conclusione: al momento pare che l’economia spagnola, pur con tutti i suoi problemi, si trovi in una situazione di inequivocabile ripresa. Prima o poi, come italiani, dovremo riflettere su questa evidenza.

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