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Somalia, giornalisti sotto assedio tra attentati, arresti e censura

Secondo un rapporto di Amnesty Internationalla Somalia è diventata uno dei paesi più pericolosi al mondo per i giornalisti.

Il drastico deterioramento della libertà di espressione e di stampa è conciso con l’inizio, nel febbraio 2017, della presidenza di Mohamed Abdullahi “Farmajo”. Gli attacchi mirati del gruppo armato “al-Shabaab” e delle forze governative somale hanno inasprito la censura e causato un aumento degli arresti arbitrari.

Da allora, almeno otto giornalisti sono stati costretti a lasciare il paese e altrettanti sono stati uccisi: cinque in attacchi indiscriminati di “al-Shabaab”, uno da un poliziotto e due da soggetti non identificati.

Il caso di Zakariye Mohamud Timaade è esemplare: già giornalista di Universal Tv, ha lasciato la Somalia nel giugno 2019 dopo essere stato minacciato sia da “al-Shabaab” che da ambienti governativi a causa di due diversi servizi che aveva realizzato. Il gruppo armato lo aveva minacciato di morte per aver riferito della cattura di tre miliziani da parte delle forze di sicurezza, il governo si era infuriato per aver rivelato la presenza attiva di “al-Shabaab” a Mogadiscio.

Amnesty International ha anche documentato casi di censura e tentativi di corruzione dei giornalisti da parte del governo somalo. Funzionari dell’ufficio del presidente pagano regolarmente tangenti mensili ad alcuni editori e direttori affinché non pubblichino articoli “sfavorevoli”.

Alcuni giornalisti hanno raccontato ad Amnesty International che i loro editori gli hanno ordinato di non scrivere articoli critici nei confronti degli uffici del presidente e del primo ministro o sui temi dell’insicurezza, della corruzione e delle violazioni dei diritti umani.

Amnesty International ha verificato che in quattro casi altrettanti giornalisti sono stati licenziati dai loro datori di lavoro.

Poi ci sono i social media, dove il clima di censura ha costretto molti giornalisti a spostarsi per poter esprimere le loro opinioni. La reazione delle autorità è stata di costituire unità dedicate specificamente a monitorare e a segnalare post contenenti critiche.

Giornalisti hanno riferito che ricevono frequenti e minacciose telefonate in cui vengono invitati a cancellare i loro post.

Amnesty International ha documentato la disattivazione permanente di 16 pagine Facebook, 13 delle quali appartenenti a giornalisti, tra il 2018 e il 2019, sempre per aver violato “gli standard della comunità”.

 

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