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Sneijder e Robben trascinano l’Olanda

 
Accendersi solo negli ultimi minuti non basta. Non è così che si può sperare di arrivare in una semifinale mondiale. E l’Uruguay ci credeva davvero.
 
Nonostante a Tabarez mancassero due pilastri di attacco e difesa come Suarez e Lugano, la sua squadra ha messo in difficoltà l’Olanda strafavorita, chiudendosi praticamente con tutti gli uomini per poi giocarsi il tutto per tutto in un fulmineo contropiede.
 
I primi venti minuti sono infatti un incubo per i tulipani, chiusi da ogni lato e minacciati dalla velocità dei giocatori uruguayani.
 
Gli uomini di Van Marwijk non trovano spazio per attaccare, limitandosi ad un possesso palla sterile quanto inconcludente. Un improvviso lampo di luce illumina le maglie arancioni quando il tiro di Van Bronckhorst, sparato da distanza siderale, si infila proprio all’incrocio dei pali.
 
Muslera è fuori gioco, e sembra esserlo anche l’Uruguay.
La squadra di Tabarez non va però mai in confusione, ma si rimbocca le maniche e continua a giocare come se nulla fosse, perché crede nel suo gioco ed è determinata a dare sostanza alle speranze dei suoi tre milioni di tifosi.
 
E’ la storia che fermenta nelle loro gambe, più che l’acido lattico.
Alla fine il solito Forlan risponde agli Olandesi con un ennesimo tiro da fuori area, bello quanto imprevedibile, grazie alle traiettorie improvvise impresse dal tanto discusso Jabulani.
 
La squadra di Tabarez ci mette l’orgoglio, la grinta, ma da sole non bastano. Forlan cerca di caricarsi sulle spalle i suoi compagni, ma è il solo a metterci la concretezza necessaria, e si sa, nel calcio come in qualunque gioco di squadra, è il collettivo che fa la differenza.
 
Le azioni offensive dell’Uruguay portano raramente al tiro in porta, saranno poche, nel complesso, le occasioni da rete.
 
E l’Olanda si dimostra ancora una volta squadra compatta, corta, che sa soffrire per pungere quando si presenta l’occasione. Sembra quasi l’immagine speculare degli uruguayani: pochi passaggi, tocco di Robben o Kuyt, e si spalanca subito un autostrada che taglia in due la traballante difesa albiceleste.
 
Bastano due buoni tocchi di Sneijder e Robben per mettere in cassaforte il risultato.
3-1 e tutti a casa. Almeno così sembra.
 
L’Uruguay si affida ad una carica a testa bassa che le vale il gol del 3-2 targato Maxi Pereira, e da lì in avanti è il caos. L’area olandese viene messa a ferro e fuoco da un vero e proprio assedio, che dura però solo pochi minuti, il tempo è ormai agli sgoccioli, come la precisione dei giocatori uruguayani. La squadra si lancia in avanti con la forza della disperazione, attaccata al suo sogno con un filo sottile, definitivamente reciso dal fischio stridulo del fischietto che sancisce la sconfitta.
 
Si seguono attimi di rabbia, in cui per poco non ci scappa la rissa, che sfuma in amara delusione, con i giocatori biancoazzurri che trattengono le lacrime. Verrà ricordato comunque come un risultato storico quello ottenuto da Tabarez e da quest’Uruguay, che ha scalato la vetta del Mondiale facendo affidamento su un gruppo solido e coeso, capace di fare a meno di un campione come Suarez e del suo leader difensivo, Lugano.
 
Ma per vincere ci vuole anche la qualità. Qualità che l’Olanda ha indubbiamente mostrato, dimostrando anche, però, di essere come il suo campione, un “talento di cristallo”, sempre sul punto di rompersi.

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