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Silvio, Beppe e un proporzionale per Salò

E' soprattutto nelle lettere private dell'ultimo periodo, quello di Salò appunto, che si palesa in tutta la sua dimensione titanicamente drammatica la dimensione dello stacco dalla realtà e la percezione - lontana - di essa, come abissale tradimento, del proprio Paese, della propria gente, delle istituzioni. Scenari degni di Bicétre, di Halle o anche di qualche reparto della SalpetriérèBenito assurge a cattiva caricatura di Macbeth. 

Similmente don Silvio che - mutatis mutandis - per tanti versi ed aspetti ne è sembrato più volte, anche non inconsapevolmente a cominciare dal saluto romano, un emulo anche se solo parodico. Si va - per restare solo alle ultime - dall'auto-invito non richiesto al plenum del PPE quando c'era già Monti, recentemente bissato ma fermato dalla magistratura per il ritiro del passaporto, al più improvvido degli autoparagoni, quello in cui ci si raffronta direttamente nientemeno che a Mandela. Gesta che hanno spaccato l'opinione pubblica tra sdegno ed ilarità.

Si è confusa la luna con il Sole prendendo l'auspicio delle pizie e delle streghe, che il proprio regno e smisurato potere sarebbe durato sinché non vi avrebbe marciato contro l'intera foresta, per il biblico "...sinché durerà l'alternarsi del giorno e della notte", ovvero per sempre. Ma il grande idolo, il grande opinion maker, il grande pifferaio magico incantatore era ormai un idolo rotto, incapace di vedere che catalizzava solo la clacque dei propri media. Dalla folla, dalle masse lo separava, al pari di Macbeth e di Benito, come di tanti altri, lo iato dell'abisso incolmabile tra il proprio interesse e tornaconto personale e quello di tutti gli altri: vera antitesi.

Quando però nella notte oscura una stella più brillante si offusca, è più visibile il brillio delle minori, così il secondo pifferaio d'Italia, il grillo parlante, che in Pinocchio ricorda egregiamente il gatto e la volpe, simile al primo pifferaio in tutto tranne che nel non avere alcun programma proprio all'infuori che quello d'esser contro: contro tutto e tutti e variopintamente ed alternativamente, come gira il sole od il vento. Ieri contro don Silvio fino a farlo cadere, oggi ad abbandonare insieme a lui l'aula contro il governo. Come viene viene. L'OdG del secondo pifferaio d'Italia è fisso, oggi come ieri, sempre lo stesso, tutti i giorni e tutti gli anni: "Mò vidimu ch'am'a fà...". Non per l'Italia, ovviamente, né, tantomeno, per gli italiani, si capisce, ma, come il primo, per restare sulla cresta dell'onda, per restare i Fonzies della situazione. E gl'italiani presi per gonzies.

Ma la vecchia recita nel teatrino decrepito - con buona pace delle sceneggiature abbaglianti ordite dai propri media - per di più portata avanti da attori spesso consunti dai postumi di reiterate orge non regge più e la morìa di consensi ne è la palese denuncia. Idem per il secondo pifferaio. E più il tempo passa e più la morìa è grande e almeno di questo si è consapevoli. Da qui l'imperativo per i due buffoni d'Italia: salvare il salvabile e perciò votare subito e con il proporzionale perché con il maggioritario il salvabile è assai minore...

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