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Home page > Tempo Libero > Fame&Tulipani > Sia imposta la loro volontà, se non in cielo almeno in terra

Sia imposta la loro volontà, se non in cielo almeno in terra

La tesi secondo cui tutti i cittadini italiani, e in particolare gli studenti delle scuole pubbliche, sono egualmente rispettati qualunque sia il loro orientamento religioso è sempre più difficile da sostenere. E non solo per via della concordataria ora di indottrinamento, che pure sarebbe ampiamente sufficiente sebbene venga sempre sottolineato che di materia facoltativa trattasi (almeno sulla carta), ma per via di tutta una serie di pratiche che non fanno altro che aggiungere legna nel braciere del confessionalismo cattolico. E che naturalmente vengono sempre fatte passare per qualcosa di diverso da quello che effettivamente sono, diventando ora manifestazioni culturali, ora innocenti tradizioni, e così via, come avvenuto giusto pochi giorni fa a proposito del presepe di Bergamo.

L’ennesima vicenda del genere è di questi giorni e riguarda nuovamente una scuola, nonché i vari preparativi natalizi che, manco a dirlo, sono spesso ad alta gradazione cattolica. La scuola in questione è la Falcone-Borsellino di Terni, una scuola dell’infanzia che da 18 anni organizza la recita di Natale nella vicina chiesa di S. Maria del Carmelo. Quest’anno, però, una coppia di genitori atei ha evidenziato che l’organizzazione di tale iniziativa in un luogo di culto è discriminatoria nei loro confronti per un motivo molto semplice: si tratta di un’attività scolastica, che si svolge quindi durante il normale orario scolastico, e loro hanno scelto di non far frequentare le due ore settimanali di religione cattolica al loro figlio. La dirigente ha spiegato che le ragioni per cui la recita era sempre stata organizzata in chiesa non avevano nulla a che fare con la religione ma erano piuttosto di ordine pratico, in quanto la scuola non aveva a disposizione un luogo idoneo, essendo la palestra inagibile, e non aveva nemmeno la possibilità di far spostare i bambini in un luogo più distante. Tuttavia, dopo che i genitori hanno inviato una formale lettera di protesta, elencandovi anche una serie di possibili alternative, la dirigente ha dapprima deciso di spostare la recita in orario extrascolastico, e successivamente ha ottenuto dal Comune una sala adeguata e il trasporto gratuito dei bambini.

chiesaxscuola

Tutto risolto dunque? Pare proprio di no, perché alla fine i nodi sono venuti al pettine e quelle che a detta della dirigente, e non solo sua, erano ragioni squisitamente pratiche si sono rivelate per quello che realmente sono: questioni di imposizione ideologica, con un gruppo maggioritario che pretende di issare il suo vessillo. Naturalmente crociato. Le parti si sono addirittura invertite, alcuni genitori cattolici si erano coalizzati e avevano deciso di organizzare per conto loro la recita in chiesa, lamentando di aver subito una discriminazione a opera di una minoranza. Come se ai loro figli fosse stata imposta una recita inneggiante all’ateismo, come se i locali messi a disposizione dal Comune fossero notoriamente atei, o come se la scuola fosse improvvisamente diventata una scuola atea e non piuttosto una scuola più laica e inclusiva di prima, com’è giusto che dovrebbe essere.

A cavalcare strumentalmente la reazione cattolica due esponenti politici forzisti. Il capogruppo regionale del partito Raffaele Nevi ha sostanzialmente dato dello smidollato a chi si è adoperato per risolvere il problema, chiedendo l’intervento della Regione per una decisione giudicata di “inaudita gravità” che “mostra una sconcertante debolezza culturale” (sic). L’onorevole Pietro Laffranco ha invece annunciato un’interrogazione parlamentare rilasciando una dichiarazione contraddittoria, perché mentre concludeva dicendo che “la vicenda non aveva neppure una connotazione religiosa ma solo logistica”, aveva sentenziato appena prima che “chi viene nel nostro paese deve imparare a rispettare la nostra cultura e le nostre tradizioni”. Immancabile il piano inclinato: “Tra poco dovremo chiedere il permesso agli stranieri pure per partecipare alla Santa messa di Natale”.

Ora, al di là del fatto che qui gli stranieri non c’entrano proprio nulla, non pensa Laffranco che piuttosto che interrogare il ministro sulla mancata recita in chiesa sarebbe il caso di farlo su tutto il resto? Qui abbiamo una scuola priva di spazi idonei per realizzare eventi aggregativi, con una palestra inagibile non si sa da quanto tempo, e per contro abbiamo a due passi una parrocchia dotata di ampi locali riscaldati e con tutti i comfort. È evidente che qualcosa non funziona, che tale situazione è il risultato di politiche volte a favorire economicamente la Chiesa cattolica tramite finanziamenti di varia natura, il tutto a scapito delle istituzioni secolari. Basti pensare, per esempio, ai proventi da oneri di urbanizzazione secondaria, denaro che dovrebbe essere destinato a opere di utilità pubblica, come appunto gli edifici scolastici, e che invece finisce in parte in edilizia di culto. O vuole farci credere che quella parrocchia vive esclusivamente delle offerte dei fedeli?

Massimo Maiurana

Questo articolo è stato pubblicato qui

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