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Sesso a pagamento

IO DONNA”, il femminile del Corriere della Sera di sabato 28 marzo, riferisce che, nel nostro Paese, ci sono 38.000 prostitute, delle quali, 23.000 praticanti in strada e 15.000 nelle case.

Non c’è che dire, di questi tempi assolutamente nulla di strano e tanto meno di scandaloso. Solo qualche semplice notazione e/o riflessione.

Intanto, il primo dato che vale la pena di rilevare e ricordare è che si tratta, è arcinoto, del più antico mestiere del mondo; dopo di che, però, si può aggiungere che, all’interno degli italici confini, il “mercato” poggia ormai su una forza equiparabile a quella di un corpo d’armata, ossia il massimo raggruppamento militare esistente nell’ambito di un esercito.

 
Proseguendo sul piano statistico, basandosi su una produttività prudenziale e su tariffe calmierate, è agevolmente dato di configurare una media di cinque contatti ravvicinati giornalieri per esercente e un fatturato pro capite di 150 euro.
 
Il risultato finale è che, moltiplicando tali modeste cifre per le 38.000 professioniste, ci si avvicina a circa 2 miliardi di ricavi all’anno. Ovviamente, in mancanza di normative e controlli sul tema, rigorosamente in nero.
 
La domanda non è affatto originale, ma, a fenomeno non eliminabile, si ritiene preferibile continuare a coabitare con la prostituzione nell’attuale formula “selvaggia” di casa nostra, oppure immaginare un’attività controllata e regolamentata, anche sotto l’aspetto fiscale, come accade in altre civili e vicine nazioni, ad esempio la Svizzera e l’Austria?

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