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Sentenza della Consulta sull’Italicum: 10 domande & risposte

La sentenza della Corte Costituzionale sulla legge elettorale (Italicum) non è semplice da spiegare. Durante la diretta di YouTrend con cui abbiamo illustrato il contenuto (e le possibili conseguenze) sono emerse molte domande. Cerchiamo di fare chiarezza, rispondendo a 10 di queste.

di Salvatore Borghese 

1) Cosa ha deciso la Corte?

Ha innanzitutto detto che il ricorso sollevato dai 5 Tribunali era ammissibile, respingendo la tesi di inammissibilità dell’Avvocatura dello Stato. Ha però dichiarato inammissibile la questione relativa al procedimento con cui la legge è stata approvata (e cioè con il voto di fiducia).

Nel merito, ha dichiarato costituzionalmente legittimo il premio di maggioranza previsto per la lista che ottenga almeno il 40% dei voti. Ha invece dichiarato illegittime le disposizioni che prevedono il ballottaggio tra le prime due liste (previsto se nessuna lista avesse raggiunto il 40%). Inoltre ha dichiarato illegittime le disposizioni con cui i capilista pluri-candidati ed eletti potevano scegliere a loro discrezione il collegio in cui risultare eletti.

2) Cosa è cambiato rispetto a prima?

La legge contestata (l’Italicum) riguarda solo la Camera dei Deputati. La sentenza “smonta” il pilastro del suo impianto originario, ossia il ballottaggio tra le due liste più votate finalizzato a garantire sempre e comunque che una lista avesse la maggioranza dei seggi (un sistema quindi “majority assuring”). Dopo questa sentenza, se una lista raggiungerà il 40% dei voti vincerà il premio di 340 seggi su 630. Altrimenti, si effettuerà una ripartizione proporzionale tra le liste che supereranno la soglia di sbarramento del 3%, già prevista dalla legge. Al Senato rimane in vigore il sistema risultante dalla sentenza 1/2014 della stessa Consulta (il cosiddetto Consultellum).

3) Che differenze ci sono ora tra i due sistemi di Camera e Senato?

Nel caso (piuttosto probabile) che nessuna lista riesca a raggiungere il 40% dei voti da sola, l’impianto della legge elettorale della Camera sarà quasi puramente proporzionale, così come al Senato. Alla Camera ci sarà una ripartizione nazionale tra le liste che superano il 3%. Le coalizioni non saranno ammesse. Al Senato invece la ripartizione si effettuerà su base regionale; inoltre, sarà possibile formare coalizioni di liste, che incideranno sulle soglie di sbarramento da superare: le liste singole dovranno superare l’8% per poter accedere ai seggi, mentre le liste coalizzate dovranno avere almeno il 3% – se fanno parte di coalizioni che ottengono almeno il 20%. Tutte queste soglie al Senato saranno calcolate su base regionale.

Infine: alla Camera ci saranno 100 collegi plurinominali, le liste presenteranno un capolista bloccato e si potranno esprimere fino a due preferenze (a candidati di sesso diverso); al Senato invece ci saranno 20 circoscrizioni (equivalenti alle regioni) con possibilità di esprimere una preferenza.

4) Si può “estendere” questo nuovo sistema al Senato?

In teoria si potrebbe, ma vi sarebbero dei problemi: la Costituzione infatti prevede che il Senato sia eletto “su base regionale” (art. 57 Cost.), e introdurre per il Senato un premio nazionale alla lista più votata potrebbe risultare a sua volta incostituzionale. Ancor più difficile sarebbe introdurre i premi di maggioranza regionali, già dichiarati “contraddittori” nella sentenza 1/2014 che sancì l’incostituzionalità del Porcellum.

5) Perché il ballottaggio è incostituzionale?

Per rispondere a questa domanda dovremo aspettare le motivazioni della sentenza (fra un mese). Però, anche sulla base di quello che si può leggere nella sentenza 1/2014, si possono fare almeno due ragionevoli ipotesi. La prima è che il ballottaggio non sia incostituzionale di per sé, ma che quello dell’Italicum lo sia perché non prevedeva una soglia minima per accedervi (diversamente, ad esempio, da ciò che accade in Francia per le elezioni legislative, dove in ciascun collegio passano al secondo turno tutti i candidati che abbiano ottenuto almeno il 12,5% dei voti calcolati sul totale degli aventi diritto). Mancherebbe, quindi, una norma che garantisca che la maggioranza parlamentare non venga assegnata ad una minoranza troppo ristretta del corpo elettorale. La seconda ipotesi è che il ballottaggio, in quanto finalizzato a garantire una maggioranza sempre e comunque, risulti “incoerente” con il sistema in vigore per il Senato (proporzionale) in un regime di bicameralismo paritario. Questo peraltro spiegherebbe perché la Corte abbia deciso di rinviare il pronunciamento sull’Italicum all’indomani del referendum sulla riforma costituzionale (che aveva ad oggetto, tra le altre cose, proprio l’abolizione del bicameralismo paritario).

 

 

6) Perché il premio di maggioranza rimane?

Anche qui ci viene in soccorso la lettura della sentenza 1/2014: in quell’occasione i giudici stabilirono che il premio di maggioranza del Porcelllum era incostituzionale non in quanto tale, ma nella misura in cui non prevedeva il raggiungimento di una soglia minima di voti per essere applicato. L’Italicum, fin dalla sua primissima versione, ha sempre previsto questa soglia minima, proprio per venire incontro a questa decisione della Corte.

7) Che fine fanno i capolista bloccati?

I capolista bloccati rimangono: la Corte non ha avuto da eccepire sulla loro legittimità. Inoltre, è fatta salva la possibilità che si possano candidare in più collegi (fino a un massimo di 10). Quindi, sono legittime anche le pluri-candidature. La Corte però ha dichiarato illegittime le disposizioni per cui, una volta eletto, un capolista pluri-candidato poteva optare per il collegio nel quale risultare eletto. Questa discrezionalità di fatto consegnava nelle mani del capolista il potere di scegliere quali candidati (votati con le preferenze) dovessero risultare eletti dopo di lui, e quale fosse invece lo “sfortunato” a non risultare eletto. Secondo la Corte proprio questa discrezionalità è illegittima. Ha quindi deciso di sostituirla con il sorteggio. In sostanza, se un capolista pluri-candidato risulterà eletto in più di un collegio, sarà il sorteggio a stabilire il suo collegio di elezione. La Corte avrebbe potuto stabilire anche un principio diverso, ad esempio che il candidato escluso doveva essere quello con il minor numero di preferenze raccolte, oppure quello candidato nel collegio in cui la lista aveva preso meno voti. Ma ha preferito richiamare un criterio risalente ad una disposizione del 1957, invece di introdurne uno ex novo.

8) Si può votare subito?

Sì: la sentenza doveva produrre una legge immediatamente applicabile, perché le leggi elettorali sono “costituzionalmente necessarie” (cioè non può esistere un vuoto legislativo in materia elettorale: bisogna tutelare sopra ogni cosa il diritto dei cittadini di poter votare in qualunque momento). Così è stato: l’Italicum “consultizzato” è immediatamente applicabile.

9) Chi ha interesse ad andare a votare subito con questa legge?

In teoria ora il Parlamento può: emanare una legge elettorale del tutto nuova (sia per la Camera per il Senato); modificare solo in parte le disposizioni venute fuori dalla sentenza della Corte; oppure lasciarle completamente invariate. Quest’ultima opzione è quella preferita da chi sostiene che la legislatura sia terminata di fatto con il referendum del 4 dicembre scorso e vorrebbe andare subito al voto: in particolare le opposizioni (M5S, Lega Nord e Fratelli d’Italia) sono da tempo su questa posizione. Il PD ha una sua proposta di legge elettorale (il Mattarellum) che tuttavia non sembra avere il consenso necessario in Parlamento per essere approvata. Forza Italia ha in teoria tutto da guadagnare da una legge di impianto proporzionale che potrebbe farne l’ago della bilancia in una legislatura in cui nessuno dei tre poli ha la maggioranza dei seggi.

10) Come fa un partito a prendere da solo il 40%?

Prendendo i voti. In teoria ciò è possibile, e lo ha dimostrato il PD alle Europee del 2014. Ma quella era un’altra era politica, e sono in molti a ritenere che oggi nessun partito sia in grado di raggiungere da solo una cifra simile. Per questo, molti pensano che si potrebbe provare ad arrivare alla fatidica soglia costruendo “listoni” comprendenti più soggetti politici (ad esempio il PD più altre forze sia progressiste che centriste). Le leggi elettorali italiane, dalla Seconda Repubblica in poi, hanno sempre consentito questo espediente: liste uniche composte di più partiti erano l’Ulivo alle Europee 2004 e alle Politiche 2006 (ma solo alla Camera), ma anche il Popolo della Libertà alle Politiche 2008 (Forza Italia e AN si sarebbero fusi ufficialmente nel PDL solo l’anno successivo). Per non parlare delle tante liste unitarie (a sinistra, al centro e a destra) che negli anni si sono formate per superare le varie soglie di sbarramento.

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.30) 28 gennaio 2017 19:23

    QUALE “premio” >

    Il dibattuto “premio” di maggioranza, a seconda del suo impianto, può comportare delle implicazioni molto differenti per la “rappresentatività” della volontà popolare.

    Un confronto.


    Può essere una percentuale aggiuntiva (massimo 20%) di quella effettiva raccolta nelle urne dalla lista (coalizione) che ottiene più consensi.

    Tipo di “premio” che incrementi il numero complessivo di seggi attribuiti alla lista (coalizione), ma solo fino a raggiungere la percentuale del 52% di quelli disponibili.

    NON esclude peraltro l’ipotesi che sia in Parlamento che si debba cercare di costituire una “compiuta” maggioranza di governo frutto della convergenza programmatica di alcune forze politiche ivi rappresentate.


    Caso alternativo

    Alla lista (coalizione) più votata, che raccolga almeno il 40% dei consensi espressi, viene attribuita in “premio” la maggioranza assoluta (54%) dei seggi disponibili.

    In tal modo avrà, da subito, tutti i numeri per comporre e sostenere da sola un proprio governo.

    Da annotare.

    La lista (coalizione) che primeggia e assomma il 40% di consensi nelle urne, potrà governare il paese per 5 anni, anche eludendo bisogni ed aspettative espresse (volontà) dal restante 60% dei votanti. Viceversa.

    SE si ferma solo al 39,9%, non avrà diritto a siffatto “premio” e alla connessa possibilità di governare.


    Postilla.

    Nella Sentenza n. 1/2014 della Consulta che ha cassato il cosiddetto “Porcellum” è scritto che il “premio” di maggioranza può produrre "una oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica".

    Appare difficile negare che una soglia del 40% (così rigidamente fissata) non configuri la linea di demarcazione per una sorta di ballottaggio rispetto ad una “predeterminata” percentuale di consensi. Ovvero.

    In termini di “rappresentatività” della volontà popolare non è affatto facile cogliere una sostanziale differenza tra il 39,9 ed il 40% dei voti validi.

    Tanto più se a fronte di un tasso di astensioni e schede non valide superore al 45% del corpo elettorale.


    Di aspiranti “marionettisti” abbonda la casta di Primi Super Cives attenta a interessi, privilegi …

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