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Sentenza Ruby. Allora: torna il Cavaliere?

La sentenza della Cassazione che conferma l’assoluzione in appello per il caso Ruby e la fine della durissima pena ai lavori sociali (pensate: addirittura una mattinata a settimana), hanno dato il via libera al Cavaliere che torna all’attacco. Lui stesso lo ha annunciato, preso molto sul serio da non pochi osservatori.

Bisogna dire che a suo vantaggio ci sono una serie di altri fattori che lo incoraggiano su questa strada: la toma di pretesi successori (Fitto, Alfano, Tosi, Passera…) si sta eliminando da sola ed anche Salvini non pare in grado di sfondare oltre la soglia del 15-20% (come previsto). Per cui lui resta ancora il possibile federatore di una destra in disfacimento.

I dissidenti, alla fine, non hanno avuto il coraggio di rompere ed hanno votato tutti secondo le sue indicazioni. Poi torna la speranza di una scissione del Pd che potrebbe accorciare le distanze. Alle regionali prossime, il Pd potrebbe avere brutte sorprese in Liguria e Campania. Quanto al Veneto: se la destra vince potrà dire che ha vinto per l’apporto dei suoi voti e quindi essere fra i vincitori, se invece perde, ha perso Salvini. La stessa assoluzione gli permette di fare la vittima, nella speranza di racimolare qualche altro voto. E possiamo dare per scontato che farà una campagna elettorale assatanata. Se riesce a turare le falle è già un segnale di inversione di tendenza.

Allora, dobbiamo predisporci al ritorno del Cavaliere o addirittura alla premessa di una sua nuova vittoria nelle prossime politiche?

Forse il Cavaliere –se davvero ci crede- si sta facendo prendere dai sogni. La situazione, per lui, resta ancora assai grigia.

In primo luogo, l’assoluzione ha molti limiti: dice più di come abbia lavorato male la procura milanese nel determinare l’ipotesi di reato e nel formare le prove, ed è frutto tanto di una legge cambiata ad hoc (da Santa Severino) quanto del garantismo di due magistrati –ironie della sorte- di Magistratura democratica: il Pm ed il giudice relatore.

Il Pm lo conosco personalmente da 45 anni, Edo Scardaccione, che nel 1970 era il braccio destro di Luigi De Marco nella sezione pugliese di Md. So che è un garantista di ferro, e come tale non poteva che applicare le leggi in vigore. Dunque, questa storia fa giustizia del suo tormentone sulla “congiura delle toghe rosse”: sono proprio due “toghe rosse” a confermare la sua assoluzione (e speriamo che d’ora in poi la pianti con questo ritornello). Insomma, non mi pare che nessuno si sia particolarmente commosso per questa assoluzione e non vedo cortei che si stracciano le vesti chiedendo la punizione dei biechi magistrati.

Poi, è anche vero che ci sono troppi pretendenti alla sua eredità e che si stanno distruggendo fra loro, ma è anche vero che ormai c’è poco da spartire.

E’ stato assolto? Si ma, almeno per ora (e salvo il soccorso nazareno di una nuova legge ad hoc), resta un interdetto dai pubblici uffici e ci sono pur sempre altre quattro istruttorie in corso in cui non mi pare che ci sia da sbagliare sui capi di imputazione e dove i testimoni d’accusa sembrano ben più solidi della volatile Ruby.

Il “momento” di Silvio è passato: il 30 settembre entrerà nel suo 80° anno, il mondo è molto cambiato in 21 anni, non è più tempo di “ottimismo obbligatorio”, in cui il sorriso accattivante e due chiacchiere da imbonitore potevano bastare, il campo della destra è occupato soprattutto da Renzi e dal suo Pd che più di destra di così non potrebbe essere e figuriamoci se con un avversario così può funzionare l’appello all’adunata anticomunista. E nemmeno l’abusata canzone della diminuzione delle tasse può funzionare dopo che ha approvato tutti gli strozzinaggi fiscali di Monti, di Letta e di Renzi, salvo intermittenti e tardive resipiscenze.

A parte ogni altra considerazione, il problema del Cavaliere è che l’incanto è rotto e, come sempre, una volta rotto, non risorge. Il suo tempo è passato e non serve dire: “Fermati o Sole e tu o luna non avanzare sul Gabaon”. La luna è già sul Gabaon ed è notte.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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