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Scola, Scherer, Ouellet, Erdo? Sai che scelta! Ma questo passa il Conclave

 

Stando alle indiscrezioni della stampa, starebbero prendendo corpo due candidature “pesanti” al Sacro Soglio: quella del cardinale brasiliano Pedro Scherer, sostenuto dal partito “curiale” di Bertone e Sodano (ieri nemici, oggi alleati) e quella contrapposta di Angelo Scola appoggiato da un partito “anticuriale” che assomma buona parte dei nord americani, all’arcivescovo di Vienna Schonborn che assicurerebbe un po’ di voti di tedeschi ed est europei, e diversi italiani. Ma si fanno altri nomi come l’americano O'Malley, l’ungherese Erdo. Il franco-Canadese Ouellet. Cosa rende simili tutti questi candidati? Sono tutti di orientamento conservatore.

Trentacinque anni di papato ostile ad ogni concessione alla modernità hanno dissolto l’ala progressista: ancora nel conclave precedente c’era una sparuta pattuglia progressista che si espresse nei pochi voti raccolti da Martini. Questa volta non c’è neppure questa. Dunque il conclave che si apre, a differenza di tutti gli altri che lo hanno preceduto dall’ottocento in poi, non si dividerà su questo spartiacque, ma, nonostante questa omogeneità dottrinale, non sarà un conclave facile ed indolore, anzi…

La nuova linea di frattura principale sarà quella che oppone i curiali (il “partito romano”) agli anticuriali (i cardinali che risiedono nelle diocesi di appartenenza). La Curia si presenta fortemente delegittimata, perché durante il pontificato ratzingeriano è stata investita da una valanga di melma: si pensi agli scandali Ior, copertura ai preti pedofili, alle fughe di notizie di Vatileaks, che rendevano di pubblico dominio le risse fra cardinali, per non dire dei misfatti minori. A questo si assomma l’ininterrotta serie di insuccessi diplomatici della Santa sede dovuti tanto alle gaffes di Benedetto XVI quanto alla palese inadeguatezza del Segretario di Stato Bertone. Ratzinger è stato un papa debole e poco carismatico e la Curia ha finito per soverchiarlo: non ci vuole una particolare operazione di intelligence per capire che Ratzinger si è dimesso proprio per questa ragione. E a tutto questo ha corrisposto un incalcolabile danno di immagine per tutta la Chiesa che è particolarmente avvertito dagli episcopati nazionali che oggi presentano il conto al “partito romano”.

Fanno relativa eccezione i vescovi italiani, da sempre armata di complemento della Curia ed ancora oggi prevalentemente schierati dietro essa. E si capisce perché storici nemici, come Bertone e Sodano oggi si trovino convergenti: non presentano un candidato italiano o di Curia, ma si nascondono dietro il trasparentissimo velo del papa “latino americano” Scherer, che, in realtà è un tedesco-romano-brasiliano ed è, di fatto, uomo di Curia sia per esservi stato di passaggio, sia perché fa parte della commissione cardinalizia di vigilanza sullo Ior (bella presentazione!).

Soprattutto, loro pensano a mantenere per gli italiani la segreteria di Stato che, insieme al controllo dello Ior, assicurato dall’amico Ernst von Freyberg (nominato in limine litis da Benedetto XVI), dovrebbe permettere al partito romano di continuare a tirare i fili della rappresentazione. Magari con un po’ più di discrezione.

All’opposto, gli anticuriali reclamano una riforma profonda della Curia che, per ora, è una petizione di principio non molto ben articolata, ma che è facile immaginare si muova lungo le linee di una intesa diretta fra il Pontefice e i vescovi, comprimendo l’autonomia della Curia. Sulla stampa rimbalza l’identikit del nuovo papa vagheggiato dai cardinali anticuriali: “Un buon pastore ed un buon amministratore”. Che tradotto dal cardinalesco suona: “Che sappia recuperare sul piano dell’immagine e che sappia mettere il naso in quella fogna che è lo Ior”. E che sappia tenere a bada gli invadenti cardinali di Curia.

Questo è il problema più urgente da affrontare, ma quello storico del rapporto con la modernità resta ancora sullo sfondo ed attende al guado tutta la Chiesa.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.125) 13 marzo 2013 11:26
    Damiano Mazzotti

    Non sta scritto da nessuna parte che il Papa debba essere un cardinale.

    Questo è solo il risultato della Burocrazia Romana di stampo medievale.

    I primi cristiani eleggevano uno qualsiasi della comunità, ma onesto e capace, non importava se era sposato o aveva figli. Oggi ad esempio potrebbe essere eletto un teologo o uno studioso o un dirigente sposato che capisce un po’ meglio i problemi economici e sociali di una vera famiglia.

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