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Sciopero dei lavoratori comunali a Roma. Escluse le municipalizzate ATAC e AMA

Ieri l'altro a Roma Cgil, Cisl e Uil hanno organizzato e convocato uno sciopero e un corteo contro i continui sacrifici che si abbattono sui dipendenti comunali. Giustissimo, perché la situazione è veramente insostenibile, ma ben lontano da quello che servirebbe e che tante lotte tentano di portare avanti tra mille difficoltà e riuscendo comunque spesso a portare a casa dei risultati. Di questo ci parla questo breve commento che ci ha mandato un operaio dell'AMA.

Parigi oggi sembrava anni luce da Roma. È vero, la questione lì è nazionale mentre oggi c’era solo uno sciopero dei dipendenti comunali ma la determinazione dei sindacati confederali nostrani è stata imbarazzante.
Oggi si è scelto di indire uno sciopero per i soli dipendenti comunali lasciando da parte i lavoratori delle municipalizzate come ATAC e AMA, e già questo in un momento storico in cui è quanto mai evidente che solo l’unione fa la forza, stona parecchio. Per dare sfogo alla rabbia dei lavoratori che si ritrovano con un turn-over bloccato da quindici anni, il contratto fermo da sette anni e continui attacchi alla loro dignità e alla loro professionalità, si è deciso di dar vita ad un corteo che per decisione prefettizia e comunale ha avuto un tragitto da quest’ultimi pre-selezionato. Definito quindi proprio dall’istituzione contro cui si manifestava, e che avrebbe dovuto finire in Campidoglio. Avrebbe dovuto però, perché alla fine non è stato concesso nemmeno quello che era stato promesso; arrivati a Piazza Venezia infatti la testa del corteo si è trovata davanti uno sbarramento di camionette di carabinieri e polizia che non ha permesso di raggiungere il “palazzo del potere”. Anche stavolta l’ordine delle segreterie sindacali è stato quello di chinare la testa al volere dei padroni e di fermarsi; vuoti quindi sono risultati i continui richiami ad una lotta tanto sperata dai lavoratori in corteo che ascoltavano in via dei fori imperiali gli sproloqui del sindacalista di turno. Tanti i richiami al fatto che la guida della vertenza è unitaria e che CGIL, CISL e UIL ormai sono praticamente un corpo unico; forte il colpo d’occhio di bandiere tenute su per la conta da fare dal furgone alla testa del corteo. Al microfono nessun intervento fuori programma è stato concesso.
Paradossale poi è stato il teatrino visto in piazza; ai lati dello sbarramento infatti erano stati lasciati due passaggi per turisti e passanti, ma quando a passare provavano i manifestanti questi sono stati costretti dagli agenti a lasciare le bandiere e addirittura di togliere fazzoletti dal collo o le magliette con il logo del sindacato, come a dire che non è possibile mostrare manifestazioni di dissenso per la città. Tutto funziona, tutto va bene, nessuno si lamenta. Ma a Roma come in Italia non va bene; la democrazia è stata messa da parte insieme alle elezioni a febbraio in base al volere del governo, non è possibile manifestare e vivere gli spazi sociali. Ogni forma di dissenso è contrastata e demonizzata; la cosa più triste però rimane il fatto che coloro che dovrebbero costruire le lotte, guidarle, incrociarle, accetta ogni imposizione delle istituzioni e propone dibattiti vuoti che isolano i lavoratori e sminuiscono le lotte che questi fanno nascere mostrandosi spesso come avanguardia da seguire.

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