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Scienza, sport, poker, economia, politica e previsione

Nate Silver, statistico, scrittore e newyorkese di 34 anni, nel 2009 è stato considerato tra i cento uomini più influenti del pianeta dalla rivista Time.

Silver gestisce il blog www.fivethirtyeight.com e nel 2012 ha pubblicato un libro denso e molto documentato che ha venduto più di 200.000 copie negli Stati Uniti: “Il segnale e il rumore. Arte e scienza della previsione”. In Italia è stato pubblicato dalla Fandango Libri poche settimane fa.

Il segnale rappresenta la verità e il rumore consiste in ciò che nasconde la verità. Silver ha iniziato la sua attività prevedendo i risultati e le prestazioni dei giocatori di baseball e si è poi dedicato al poker e alla politica. Nel 2008 ha azzeccato l’esito delle elezioni presidenziali in 49 stati su 50. Il libro è quindi molto ambizioso e descrive lo stato dell’arte della previsione in molti campi: nella meteorologia, nella climatologia (quanto sarà grande l’effetto serra?), nell’economia, nella sanità, nella sismologia (viene citato il terremoto abruzzese e il tecnico Giampaolo Giuliani).

Comunque si può azzardare una sintesi estrema affermando che tutto è relativo e tutti i contesti cambiano col tempo (le condizioni ambientali e i comportamenti individuali e sociali). Ad esempio i funzionari e gli scienziati troppo schematici sono portati a sovrastimare la diffusione delle epidemie influenzali o la diffusione della seriopositività (limitata pure dal fatto che la tecnologia aiuta i seriopositivi a scegliersi tra di loro per i rapporti sessuali). Per Silver “l’era dei Big Data sembra solo peggiorare il problema dei falsi positivi nella letteratura di ricerca scientifica” (p. 312).

Ogni fenomeno dovrebbe essere considerato unico, come il patrimonio genetico di una persona o come una singola partita di scacchi (il gioco più variabile e più difficile del mondo). D’altra parte nel gioco del poker e negli scambi finanziari possono essere utili condotte molto simili. In particolare il bravo giocatore di poker deve ragionare tenendo presente la teoria delle probabilità, deve giocare a volte a caso e deve bluffare spesso, altrimenti risulta troppo prevedibile. E deve verificare se esiste almeno una persona così ingenua da lasciarsi spennare.

Nel caso del poker virtuale o della borsa bisogna saper scegliere i tavoli giusti dove giocare per non fare la fine del pollo. Per quasi tutti sarebbe meglio non giocare, per evitare errori e perdite quasi certe nel lungo termine. E invece gli scambi finanziari aumentano in modo esponenziale e “Per quale motivo avvengano tanti scambi è uno dei grandi misteri della finanza” (p. 409). Di certo si lucra sulle commissioni e sulle attività che non vengono tassate.

Nella vita la parola d’ordine potrebbe essere questa: “Sbaglia, sbaglia, e sbaglia ancora, ma meno, meno, e sempre meno” (poesia, Piet Hein, matematico danese, La strada della saggezza). Così facendo i metereologi hanno raggiunto un grado di predizione molto buono e un’affidabilità che può arrivare al 90 per cento nell’arco delle 24 o 48 ore (in caso di pioggia, neve e uragani). Invece i sismologi non possono formulare delle predizioni (le affermazioni definitive e precise su tempi e luoghi), ma si devono limitare alla previsione generica molto povera, “un’affermazione probabilistica generalmente su scala molto lunga: c’è un 60 per cento di possibilità che nei prossimi trent’anni un terremoto colpirà la California del Sud” (p. 186).

Purtroppo gli economisti possono considerarsi inaffidabili quasi quanto i sismologi: “negli anni Novanta gli economisti predissero con un anno di anticipo solo 2 delle 60 recessioni che avvennero nel mondo” (pag. 225, ricerca di Prakash Loungani, 2000). Inoltre nel calcolo del Pil il loro margine di errore è almeno del 3,2 per cento in più o in meno. In un anno la prevista e troppo desiderata crescita del 2 per cento può trasformarsi nella più realistica recessione del meno 1 per cento.

Esistono però alcuni economisti più avveduti che considerano tre ordini di fattori principali: la statistica da sola non serve scoprire le cause e gli effetti; l’economia cambia e i comportamenti economici passati sono più o meno diversi da quelli del mondo degli affari del futuro (col tempo cambiano le regole del gioco); i dati forniti agli economisti non sono molto buoni, per questioni psicologiche, commerciali e politiche (Jan Hatzius, economista capo alla Goldman Sachs che anticipò la crisi occidentale nel novembre 2007). Ogni pregiudizio dovrebbe essere bandito.

Così per quanto riguarda gli indicatori economici e le famigerate correlazioni bisogna considerare due cose: anche se la possibilità di vincere una lotteria settimanale è di una su un milione, ci sarà sempre un vincitore settimanale; “le vendite dei gelati e gli incendi boschivi, per esempio sono correlati perché entrambi accadono più spesso nel caldo estivo ma l’una non è causa degli altri”.

In effetti molti “strumenti statistici sono costruiti sulla nozione che esistano variabili indipendenti e variabili indipendenti, input e output, e che possano essere tenute bene separate le une dalle altre. Quando si tratta di economia, però, vengono tutte raggruppate insieme in un bel casino” (p. 232). La fiducia dei consumatori può essere un indicatore troppo lento e relativo e se la politica prende di mira una variabile, questa può perdere valore come indicatore economico generale (legge di Goodhart). Sarebbe sempre meglio ricordare a tutti che i modelli non sono mai la realtà e che “Tutti i modelli sono sbagliati ma alcuni sono utili” (George E. P. Box, statistico).

Infine segnalo http://freakonomics.com, www.businessinsider.com e www.overcomingbias.com, il blog di Robin Hanson, un economista molto originale e anticonformista citato da Nate Silver. In ogni caso gli imprenditori, i manager, i politici e i cittadini dovrebbero cercare di capire la vera natura sociale dei problemi scientifici: “la nostra società ha una notevole domanda di esperti ma non c’è una grossa domanda di previsioni accurate” (Robin Hanson).

Nota – Il Premio Nobel per l’Economia Robert Schiller scoprì che “Quando il rapporto prezzo-utili è di 10, il che significa che le azioni sono economiche se confrontate con gli utili, hanno prodotto un rendimento reale di circa il 9 per cento all’anno. E quando è molto alto, sopra il 30, come nel 1929 e nel 2000, il rendimento previsto è stato negativo” (la cosa è significativa solo nel lungo periodo).

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