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 Home page > Attualità > Politica > Salvini, la sinistra d’antan ed il servizio di leva

Salvini, la sinistra d’antan ed il servizio di leva

Quel genio che risponde al nome di Matteo Salvini ha proposto il ripristino del servizio di leva per insegnare ai giovani il senso dell’onore ed il coraggio: non ci vuole molto a capire che sta cercando consensi al suo partito (che , a breve, dovrebbe chiamarsi “Lega Nazionale”) nell’elettorato di desta ed agèe, magari spera così di entrare nelle regioni meridionali.

Insomma raschiare il fondo del barile della ex An e magari un po’ di voti di militari. Il Pd, tramite qualche suo esponente, ha preso una posizione, per una volta giusta, dicendo che non se ne parla nemmeno.

Dopo di che sui social ed in altri ambienti sono saltati fuori i sostenitori “di sinistra” della leva militare, un po’ per un riflesso condizionato di vecchie fesserie che riemergono, un po’ perché se i renziani dicono bianco, noi dobbiamo dire nero.

Questo amore della sinistra vetero per il servizio di militare si basa su alcune solenni castronerie che credevo scomparse e che, invece, rivengono a galla, a dimostrazione della capacità di questa sinistra di non imparare mai e di vivere di dogmi intangibili, per cui il servizio di leva è il modello di esercito popolare contrapposto all’esercito professionale che determina spunte golpiste e propensioni belliciste ed è stato una istituzione nata dalla rivoluzione francese.

Venticinque anni fa, insieme a Franco Roccella ed altri amici e compagni, fondai la Lega per l’abrogazione del servizio militare (Lasm) e scrissi un libro che uscì dalle Edizioni associate firmato, appunto, dalla Lasm. Mi sembra utile riprendere alcuni dati che elaborai in quella occasione che dimostravano quanto questi luoghi comuni siano infondati, ovviamente andrebbero aggiornati, ma, in sostanza, sono sufficienti ancora oggi.

In primo luogo togliamo di mezzo una fesseria di carattere storico, per la quale il servizio di leva è una eredità della rivoluzione francese. In realtà le cose stanno diversamente: la prima levèe en masse fu adottata dalla Francia nel 1793 di fronte all’attacco della prima coalizione formata da austriaci e prussiani e, dunque, in tempo di guerra e restò anche per tutta l’epoca napoleonica che fu, in gran parte, tempo di guerra. 

La leva in tempo di pace, con la conseguenza del modello dell’esercito stanziale di caserma, fu invece una invenzione prussiana succeduta alle sconfitte di Jena ed Auerstadt (1806). La successiva pace di Parigi (1808) stabiliva che la Prussia non avrebbe potuto avere un esercito con più di 42.000 uomini, pertanto un gruppo di alti ufficiali (Stein, Scharnhorst, Gneisenau, Boyen) iniziarono una riforma dell’esercito nella quale si introduceva la costrizione obbligatoria in tempo di pace, in modo da addestrare all’uso delle armi ben più dei 42.000 del trattato di pace. Per la verità, questo aggiramento delle clausole del trattato di pace ebbe carattere clandestino, attraverso il sistema del krumper (letteralmente: cavallo di ricambio) per il quale i coscritti si avvicendavano tacitamente dopo il periodo di addestramento.

Dopo di che il modello della leva obbligatoria in tempo di pace –e dunque dell’esercito stanziale di caserma- restò anche dopo Watterloo, diventando il modello definitivo della Prussia che gli altri stati europei (si badi: quelli del periodo della Restaurazione) si affrettarono ad imitare e con finalità certamente non democratiche. In particolare, il modello prussiano prevedeva una rigida distinzione fra truppa di leva ed ufficiali che erano sempre di carriera, solo più tardi si ammise la possibilità che i coscritti (in piccola parte) potessero arrivare sino al grado di tenente con la qualifica di “ufficiale di complemento”.

Pertanto, il servizio di leva non sostituisce affatto l’esercito professionale, ma si integra in posizione subalterna ad esso. E, infatti, tutti gli eserciti del mondo, sia di leva che professionali, sono organizzati intorno al “quadro permanente” (cioè i militari professionali) cui sono riservati i ruoli dell’ufficialità. Molti parlano della costrizione obbligatoria che se fosse il modello di una milizia cittadina o popolare, ma evidentemente non sanno di che stanno parlando.

Studiando i casi di turbolenze militari e colpi di Stato, dal 1945 al 1986, si scopre che:

a. fra i paesi a massima propensione ai colpi di stato (oltre i 5) ci sono 6 paesi ad esercito di leva (Argentina, Benin, Bolivia, Honduras, Libano e Siria) ma nessun paese a leva volontaria;

b. fra i paesi a media propensione (da tre a 5 colpi di Stato) ci sono 5 paesi a coscrizione obbligatoria (Paraguay, Perù, El Salvador, Thailandia e Turchia) e 5 fra i paesi a servizio volontario (Burkina Faso, Congo, Ghana, Nigeria e Uganda);

c. fra quelli a bassa propensione (1 o 2 colpi di Stato) gli eserciti a costrizione volontaria sono 39, mentre quello a leva volontaria 21;

d. fra quello che non hanno registrato alcun colpo di Stato sono 33 quelli a coscrizione e 36 ad esercito professionale.

Come si vede è netta la maggiore propensione ai colpi di stato degli eserciti a coscrizione obbligatoria rispetto a quelli solo professionali.

Ed analoghe considerazioni si possono fare tanto per le turbolenze militari (colpi di stato non riusciti e pronunciamenti vari) e per la propensione bellicista dove si scopre che i paesi a costrizione obbligatoria sono coinvolti in ostilità più frequentemente di quelli ad esercito volontario.

I dati, ripeto, andrebbero aggiornati, ma non credo varierebbero di molto. Dunque, non uno dei miti di cui la sinistra vetero si bea, regge ad una verifica storica. Morale: ma prima di aprire bocca, studiare, no?

Aldo Giannuli

Questo articolo è stato pubblicato qui

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