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«S’ode a destra…»: laici e atei “anomali” nell’Italia clericale?

In Italia il termine “ateo” era affibbiato principalmente a comunisti e radicali. Con il declino delle ideologie e la secolarizzazione cambia il panorama politico: crescono anche i non religiosi accostabili ai conservatori. Valentino Salvatore affronta il tema dei non credenti “di destra” sul numero 6/2023 di Nessun Dogma

 

Ognuno ha le sue manie. Come ascoltare La Zanzara, trasmissione su Radio 24 condotta da Giuseppe Cruciani e David Parenzo. La dialettica tra i due – il primo in veste di libertino destrorso, l’altro del perbenista radical chic – e gli interventi senza filtri di ascoltatori e ospiti creano un magma di qualunquismo, turpiloquio, complottismo, fanatismo politico, ma anche libertà di espressione, critica sociale e satira.

Pure ascoltatori colti e seri, indignati e rapiti, si chiedono come la radio di Confindustria possa trasmetterla. Il sociologo Luigi Manconi spiega che «oltre al piacere di “ingaglioffirmi” (Machiavelli)» considera lo show, sulla scorta di Max Weber, un indicatore «febbricitante» della società, «immagine patologica e “mostruosa” di alcuni tratti emotivi e culturali del carattere nazionale». Per alcuni è un’oasi di libertà (o zona franca di devianza), sorta di carnevale dissacrante, circo senza censure dove quasi tutto è concesso.

Aspetto singolare del programma è l’attitudine di Cruciani. Apertamente ateo, tratta con sarcasmo la religione e manifesta posizioni laiche su temi etici, sessualità, persone lgbt+. Ma si distingue anche per l’ostentata antipatia verso rivendicazioni progressiste su ecologia, animalismo, migranti, femminismo, linguaggio inclusivo e questioni di genere. Non con toni reazionari e bigotti, ma nel nome di un esplosivo libertarismo. Da qui alterchi con ascoltatori e confronti serrati con Parenzo (di religione ebraica) che rintuzza pure gli assalti alla fede del suo sodale.

Cruciani è un pittoresco esemplare di un fenomeno che spiazza i tradizionali steccati politici e ideologici: quello degli atei (o quanto meno dei non religiosi) di “destra”. Inizia su Radio Radicale, passa a testate borghesi e arriva su Radio 24 dove dal 2006 lancia La Zanzara, uno dei più controversi programmi del panorama italiano.

Tra le chicche, nel 2019 interviene al congresso mondiale delle famiglie di Verona, sorta di Internazionale integralista colma di politici clericali che pure l’Uaar contesta. Qui, pur mettendo in chiaro posizioni laiche che potrebbero scandalizzare i presenti, esprime solidarietà contro i boicottaggi e rivendica la libertà di pensiero per quella platea. Si oppone per questo al disegno di legge contro l’omotransfobia di Alessandro Zan, ritenuto una limitazione alla libertà.

L’etichetta di “ateo” in Italia è tradizionalmente affibbiata al comunista o al radicale. Con il crollo delle ideologie (e la convergenza su temi sociali di sinistra e chiesa cattolica) il quadro cambia. La secolarizzazione non moltiplica solo i non religiosi progressisti: crescono, in misura minore, quelli accostabili ai conservatori.

Un esempio è Benito Mussolini: ateo, anticlericale e socialista in gioventù, a capo del fascismo regolarizza cattolicamente il suo matrimonio, si converte (almeno formalmente) e nel 1929 stipula quel concordato che dà privilegi alla Chiesa ancora oggi. Specularmente l’agnostico Benedetto Croce, intellettuale liberale e antifascista, contesta il concordato sotto il regime e pure quando lo si vuole blindare nella Costituzione repubblicana.

Però celebra il cristianesimo nel saggio del 1942 Perché non possiamo non dirci “cristiani” (con le virgolette), scaduto a breviario del citazionismo bigotto. Un piccolo fiume carsico di miscredenza scorre pure nella destra che si ammanta di tradizionalismo. In anni recenti Gianfranco Fini, già a capo del postfascista Movimento sociale italiano, apre a riforme su coppie di fatto, procreazione assistita e biotestamento.

Da presidente della camera entra in polemica col Vaticano che spinge per il ddl Calabrò sul fine vita nel 2009 e un paio di anni prima ammette: «non ho il dono della fede». Ambiguo il ruolo di Silvio Berlusconi, cattolico devoto e clericale di ferro, ma pure libertino e spregiudicato (con qualche mal di pancia del clero). Dopo il naufragio della prima repubblica imbarca in Forza Italia e nei suoi media transfughi laici, liberali e socialisti.

Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 una fetta di non credenti avverte la pericolosità dell’integralismo islamico ma non trova sponde a sinistra, approdando su lidi conservatori: non a caso in Italia molti sostengono l’imposizione del crocifisso nelle strutture pubbliche o il contrasto all’immigrazione per paura della “islamizzazione”. Intellettuali miscredenti emuli di Croce esaltano il cristianesimo identitario contro il relativismo.

Tra berlusconismo e 11 settembre si fanno strada gli “atei devoti”, espressione ironica del democristiano Beniamino Andreatta. Come il politico e intellettuale Marcello Pera, alfiere delle “radici cristiane” vicino a Joseph Ratzinger, che dopo trascorsi socialisti e forzisti ora è in Fratelli d’Italia. Il rutilante critico d’arte Vittorio Sgarbi non ammette di credere in dio ma preferisce dirsi culturalmente “cristiano” à la Croce ed è famigerato per lo sguaiato clericalismo.

La scrittrice e giornalista Oriana Fallaci – donna emancipata che tiene testa all’ayatollah Khomeini nel 1979 – diventa simbolo della polemica anti-islamica. Si schiera contro l’allargamento dei diritti per persone lgbt+ e sul fine vita; nel 2006 poco prima di morire va in udienza privata da papa Benedetto XVI. Il fondatore de Il Foglio Giuliano Ferrara si definisce «teista razionalista» che «ama la devozione e la pietà religiosa». Figlio di un senatore comunista si avvicina a socialisti e berlusconismo, poi si schiera con Ratzinger; nel 2008 porta in solitaria alle elezioni la lista “Aborto? No, grazie”.

La destra è da sempre vicina alla Chiesa, ma le posizioni ritenute troppo “progressiste” di papa Bergoglio creano insofferenza non solo tra i nostalgici di Ratzinger ma anche tra certi non credenti. Oggi le critiche più nette al papato bergogliano paradossalmente si vedono più su testate conservatrici.

Diversi giornalisti, al netto di polemiche e controversie, assumono pure posizioni laiche, incredule o anticlericali. Già Indro Montanelli, giornalista di riferimento tra i conservatori, scomparso nel 2001 e con trascorsi coloniali e fascisti, critica la Chiesa ed è per l’autodeterminazione sul fine vita. Vittorio Feltri, sorta di “erede” di Montanelli, sostiene eutanasia e diritti delle coppie gay. Tra i suoi scivoloni, istruttivo è il “caso Boffo”: un falso dossier nel 2009 su Il Giornale attacca il direttore del quotidiano dei vescovi Avvenire, Dino Boffo, all’epoca polemico verso Berlusconi per le “cene eleganti”.

Il giornalista e scrittore Filippo Facci, che ha scritto a lungo per Libero, contesta crocifisso a scuola, privilegi vaticani e intromissioni clericali. E pure l’islam: per un articolo del 2016 in cui afferma di odiare i musulmani e la loro religione è sospeso dall’ordine. Il dissacrante scrittore Massimiliano Parente, collaboratore de Il Giornale, è di tendenza libertaria, fieramente ateo, scientista e omosessuale (sebbene anch’egli possa ritenere limitanti tali definizioni).

Studioso del fascismo e di Gabriele D’Annunzio (altro “eretico”) e non credente liberale è Giordano Bruno Guerri. Uno dei pochi intellettuali che critica negli anni il clericalismo sui media generalisti, oltre che in libri su «italiani sotto la Chiesa», “mito” di santa Maria Goretti e preti in confessionale.

Caso particolare è il pensatore Massimo Fini: critico radicale di modernità e universalismo, assume posizioni controverse (anche) sull’islamismo ed è per certi versi affine alla Nouvelle Droite. Si dichiara agnostico o, rifacendosi a Nietzsche, «un onesto pagano», ma ci tiene a «non essere confuso per laico» per la portata illuminista e materialista dell’espressione.

Dopo tutta questa aneddotica è utile citare dati. Da decenni sono in crescita i non credenti, anche tra gli elettori, e pure quelli che non si schierano a sinistra. Un’indagine Ipsos sulle intenzioni di voto alle politiche del 2013 ne assegna il 30% al Pd, oltre un 10% tra le forze di sinistra, circa il 17% al centrodestra, un altro 30% al Movimento 5 Stelle e circa il 10% a centristi e altri partiti minori.

Secondo un’ulteriore rilevazione Ipsos del 2017 un terzo sceglie il Movimento 5 Stelle, un quarto il Pd, poco di più un partito tra Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, il 9% le sinistre, il 4% centristi e altre formazioni minori. Secondo un sondaggio BiDiMedia sulle intenzioni di voto del 2021 atei e agnostici sono il 25% dell’elettorato.

Di questi oltre un quarto avrebbe scelto un partito di punta dell’attuale maggioranza di centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) e il 29% Pd. C’è da segnalare un 5% ad Azione: il suo leader, il centrista liberale Carlo Calenda, si dichiara non credente ed è lodato da Ferrara per il suo serioso anti-relativismo. Un 3% va a +Europa (erede della tradizione radicale), oltre un voto su dieci al Movimento 5 Stelle, un altro 10% ai partiti della sinistra “radicale” e un 13% a formazioni minori. Scremando tra atei e agnostici, i primi pencolano un po’ più verso sinistra e i secondi verso il centro-destra.

Quindi circa un non credente su quattro in Italia voterebbe centrodestra. D’altronde come rileva il sondaggio Doxa per l’Uaar del 2019 ormai il 61% degli italiani vuole una politica separata dalla religione e per 8 su 10 la laicità è importante. Un’idealità laica quindi non è limitata a sinistra: il problema sono le “affinità-divergenze” sulla sua applicazione. Infatti solo una minoranza vuole cambiare l’insegnamento della religione a scuola o il concordato. La musica cambia se si tocca il portafoglio: il finanziamento pubblico a scuole private e chiese è impopolare.

Se è vero che la lotta contro omofobia, discriminazioni e xenofobia, l’impegno per i diritti civili, l’attenzione alla lingua inclusiva, sono azioni meritorie per un mondo più laico, il rischio è perdere di vista i limiti dell’approccio intersezionale. Anche tra non credenti tutt’altro che reazionari c’è disagio verso quelli che sono ritenuti (a ragione o torto) eccessi di “politicamente corretto”, cancel culture, pensiero woke e prescrizionismo di settori militanti.

La polarizzazione dopata da diatribe social rende difficile allargare le battaglie laiche: oggi cosa può accomunare non credenti di “destra” e di “sinistra”? Intanto i partiti conservatori nostrani non colgono il vento della secolarizzazione che soffia anche in Italia, accartocciandosi in un anacronistico identitarismo confessionale condito di proclami su “Dio, Patria e Famiglia”.

Valentino Salvatore

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