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Russia, prima condanna per “propaganda omosessuale”

“Qualcuno può darmi una mano a pagare una multa di 5000 rubli?”

Il tweet pubblicato ieri da Nikolai Alexeyev annuncia la prima condanna inflitta da un tribunale della Russia per propaganda omosessuale, il nuovo “reato” inventato dalla municipalità di San Pietroburgo, la seconda più grande del paese, neanche due mesi fa.

La legge di San Pietroburgo era stata già adottata dai municipi di Arkhangelsk, Kostroma e Riazan. Le prossime rischiano di essere Samara e Novosibirsk e persino la Duma, il parlamento russo, si troverà presto a discutere una proposta di legge del genere.

Le nuove leggi puniscono con una multa l’organizzazione di manifestazioni e altri eventi pubblici “che promuovono la sodomia, il lesbismo, la bisessualità e la transessualità tra i minori”. Di fatto, additano le persone Lgbti (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, intersessuali) come soggetti criminali. Persino la diffusione di volantini che informano sui diritti o sui servizi di assistenza e consulenza può essere sottoposta a forti limitazioni.

Infatti, Alexeyev è stato condannato non per aver promosso la sodomia presso un pubblico minorenne bensì per aver manifestato di fronte al municipio di San Pietroburgo, con un cartello su cui era scritto “l’omosessualità non è una perversione”.

Il 1° maggio, sempre nell’ex Leningrado, erano stati arrestati 17 attivisti Lgbti: avevano fatto “propaganda omosessuale” nel corso della manifestazione della Festa dei lavoratori.

Anziché adottare leggi per punire i crimini dell’odio, le autorità cittadine russe limitano la libertà d’espressione e alimentano la discriminazione e la violenza nei confronti delle comunità Lgbti. Atti di intolleranza paiono probabili, se qualcuno darà retta all’ex sindaco di Mosca Yuri Luzhkov, secondo il quale le manifestazioni Lgbti sono “sataniche”, o all’attuale primo cittadino Sergei Sobyanin, che è contrario a tali manifestazioni in quanto offendono la fede religiosa di molti russi. La Chiesa ortodossa ringrazia e appoggia.

Nikolai Alexeyev ha annunciato che ricorrerà in appello contro la condanna. Se l’appello verrà respinto, si rivolgerà alla Corte costituzionale russa e poi alla Corte europea dei diritti umani a Strasburgo.

Altrove nell’ex spazio sovietico, le cose non vanno meglio. Il Pride dei paesi baltici è a rischio, come ha denunciato oggi Amnesty International che ha pubblicato sul proprio sito un appello.

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