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Roma: bengalese aggredito dopo aver ottenuto l’alloggio popolare. Oltre l’atto razzista

Tor Bella Monaca ci restituisce una realtà che da anni si ignora! L'aggressione di Howlader Dulal non è un evento da potersi associare alla causalità incidentale, nè un semplice effetto domino sulla scia dei recenti razzismi.

 Rientra in una narrativa di cronaca che da anni annienta Tor Bella Monaca, così come di altre aree urbane marginali di Roma. È il volto non visto delle aree metropolitane; non il loro lato in ombra, non la loro parte ancora da qualificare (come sostiene una certa urbanistica nostalgica e inutilmente riformista), ma l'anima vera delle città del XXI secolo. La rappresentazione simbolica di una realtà di disagio e marginalità conclamata da tempo. Una possibile spiegazione è nell'esigenza, soprattutto per i giovani, di un'attenzione da parte dello Stato.

La stigmatizzazione territoriale e il senso di abbandono di contesti urbani come Tor Bella Monaca alimenta da anni sentimenti di appartenenza territoriale che si manifestano con forme di attaccamento sempre più complesse. Il fatto di cronaca riporta visibilità ad un problema ancora persistente e prioritario nelle aree metropolitane di roma: vale a dire la presenza, al loro interno, di zone in cui si determina una forte concentrazione di problemi di natura economica, sociale, edilizia, urbanistica, ambientale. E a peggiorare la situazione si aggiungono anche quell'insieme ambiguo di fattori discriminanti ed escludenti tipici dell'era globale, che non a caso infieriscono di più sulle aree già fragili.

Anche per quanto riguarda gli edifici popolari, altro tema emerso, ricordiamo che esiste un meccanismo di compravendita delle abitazioni, basato su un mercato sommerso e irregolare gestito direttamente dagli assegnatari che rivendono gli appartamenti loro attribuiti a clienti privati e a cittadini stranieri. Una buona parte dell'utenza locativa, soprattutto quella degli acquirenti irregolari degli alloggi popolari, è composta per lo più da nuclei familiari in difficoltà, che, in alcuni casi, sono iscritti alle graduatorie delle case popolari, in attesa di essere chiamati, o fanno parte di quelle forme di povertà metropolitana che ancora non sono riconosciute istituzionalmente.

L'area da anni manifesta una complessità sociale dove il disagio abitativo assume un ruolo cardine nella strutturazione dei processi di degrado del territorio. Tutti questi aspetti (isolamento urbano, immobilità spaziale e condizioni socio-economiche precarie (e tutti i derivati) contribuiscono a rafforzare lo sviluppo di un identità locale prevalentemente basata sull'arrocco a un territorio di appartenenza. Qui, come in altri contesti simili, la dissociazione dicotomica che si esprime nella contrapposizione tra insider/outsider acquisisce forme più estreme, attraverso palesi atteggiamenti di rifiuto nei confronti di persone che non vivono nel territorio o semplicemente "diverse", a causa di un radicamento più profondo del concetto di confine tra un noi e un voi.

E' al concetto di possesso del territorio che può legarsi una possibile violenza, di un'umanità che la ristrutturazione economica e politica degli ultimi decenni ha sostanzialmente privato di ogni risorsa comunitaria e protettiva. Tor Bella Monaca è lo specchio di una realtà di disperazione, abbandono e marginalità che va collocata all'interno di un continuum più vasto di violenza strutturale, simbolica e politica che ha il solo fine di rafforzare, producendo violenza quotidiana sui marginali della società, le relazioni di potere diseguale che alimentano il "sistema RomaCapitale" e di distorcere ogni tentativo di resistenza che non sia conformato. È qui che si produce l'esperienza di essere underclass, marginali, ultimi. L'episodio di Tor Bella Monaca va oltre l'atto razzista. Definisce un orizzonte esistenziale nei confronti di diverse forme di violenza che si richiude e genera ulteriore violenza. Quella dei dominati su altri dominati.

(Foto: em_diesus/Flickr)

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